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India: come procedono commercio e industria secondo Intesa San Paolo

Dopo un rallentamento nel 2009 e uno nel 2012, l’export dell’India è tornato a crescere. Il saldo commerciale netto è però in deficit di $153 miliardi date le importazioni di minerali, metalli preziosi, macchinari etc. Linfa vitale della produzione industriale rimane il settore manifatturiero. Gli IDE sono in aumento ma occhio a quelli dai Paesi di transito.

India: come procedono commercio e industria secondo Intesa San Paolo

Lo scorso 17 marzo, il Servizio Studi e Ricerche di Intesa San Paolo ha pubblicato un focus sulla situazione economica attuale dell’India. Lo studio ha riguardato, in particolare, le performance delle esportazioni e delle importazioni e l’andamento dei settori commerciali più rilevanti per l’economia indiana. Autrice del focus (che si allega) è l’economista Wilma Vergi.

Dallo studio di Intesa San Paolo si evince come l’export del Paese asiatico sia tornato a crescere nel terzo trimestre del 2013 a seguito di un rallentamento dello stesso, prima nel 2009 – all’alba della crisi economico-finanziaria internazionale – e di nuovo nel 2012. Secondo quanto riportato nel focus, lo scorso anno, l’interscambio dell’India si sarebbe attestato intorno ai 781 miliardi di dollari con un incremento dello 0,3% rispetto all’anno precedente e con un aumento del 8,3% nell’ambito export e una diminuzione del 4,5% nel contesto delle importazioni.

Nonostante ciò, rimane il fatto che il saldo commerciale è ancora in deficit, con una percentuale di importazioni maggiore di quella delle esportazioni. Rispettivamente, dato quell’interscambio di 781 miliardi di dollari, le importazioni si sono attestate intorno a quota $467 miliardi e le esportazioni hanno raggiunto un valore di $314 miliardi. Il deficit di $153 miliardi è comunque calato del 23% rispetto all’anno precedente pur attestandosi intorno al 7,9% del PIL.

Le voci della bilancia commerciale che giustificano il superamento delle importazioni sulle esportazioni riguardano principalmente l’acquisto di minerali (41%), perle vetro e ceramica (16%), macchinari (15%), prodotti chimici (8%) e metalli (5%). Tuttavia, come si rileva dalle pagine dello stesso studio, i minerali energetici (importati dall’Arabia Saudita e USA), ovvero, la voce principale delle importazioni indiane, risultano essere presenti anche nell’ambito delle esportazioni del Paese.

In definitiva, dunque, l’India importerebbe minerali energetici greggi e ne esporterebbe di raffinati (specialmente nel caso del petrolio). Un approccio simile riguarderebbe anche il commercio delle pietre e dei metalli preziosi (in particolare dei diamanti non montati, dell’oro e dell’argento entrambi grezzi o semi lavorati), ma anche l’ambito dei prodotti chimici e farmaceutici. Rispetto ai metalli preziosi (importati dagli Stati Uniti e dagli Emirati Arabi), la repubblica asiatica detiene ormai da anni una quota importante dell’export mondiale. Nel 2012, la partecipazione indiana alle esportazioni di pietre e metalli preziosi è stata del 7% sul totale delle esportazioni globali.

Tale partecipazione ha contribuito a fare dell’India un punto di riferimento nella lavorazione dei materiali più preziosi impiegati nell’ambito dell’alta gioielleria. Il settore dei metalli preziosi e quello dei prodotti chimici e farmaceutici rappresentano le principali voci dell’industria indiana a cui occorre aggiungere, naturalmente, anche il settore tessile e dell’abbigliamento e, in ambito export, i veicoli e i prodotti dell’industria agro-alimentare, in particolare cereali, carne, pesce ed estratti vegetali.

I Paesi da cui l’India trae le sue importazioni sono per la maggior parte collocati in Asia (61%), in particolare, sono i paesi del Medio Oriente e la Cina a distinguersi per maggiori flussi di esportazione verso l’India (rispettivamente 29% e 11%). A questi Paesi fanno seguito l’Europa (con una quota di esportazioni del 20%), le Americhe (con l’11%) e l’Africa (con il 9%). Per quanto concerne, poi, le esportazioni indiane, esse sono ripartite come segue: verso l’Asia il 51,8%, per i paesi NIES l’11%, gli Asean5 6%, le Americhe 19%, l’Unione europea 17% e infine l’Africa assorbe il 6% dei prodotti esportati Made in India. 

Dal punto di vista della produzione industriale nazionale, la stessa ha vissuto negli ultimi anni una fase di rallentamento nel proprio tasso di crescita tanto da raggiungere un incremento del solo 0,1% lo scorso gennaio. Linfa vitale dell’intera produzione industriale del Paese continua a essere il settore manifatturiero. Tale importanza assume, inoltre, valore positivo grazie all’Indice PMI che, proprio per il settore manifatturiero, lo scorso febbraio è stato pari al 52,5%. Gli altri settori che continuano ad avere una posizione rilevante a livello nazionale sono il comparto minerario estrattivo e l’elettricità.

Gli Investimenti Diretti Esteri attratti dall’India alla fine del 2012 sono stati stimati dall’UNCTAD (The United Nations Conference on Trade and Development) intorno ai 226 miliardi di dollari e, nonostante tra i Paesi BRIC l’India risulti ancora oggi ultima per ricezione di IDE, si tratta comunque di un dato importante poiché in aumento del 9,7% rispetto agli investimenti esteri totalizzati solo quattro anni prima nel 2008.

Tuttavia, occorre far notare come, a partire dal 2010, il flusso di IDE arrivati in India siano provenuti anche da Paesi che la Vergi definisce come “di transito”, che quindi potrebbero quasi falsare il dato a un primo sguardo positivo rispetto all’attrazione di IDE da parte della repubblica indiana. L’analista di Intesa San Paolo, per esempio, cita il caso delle Mauritius che, con un quota di partecipazione del 37% sul totale degli IDE, risultano oggi essere il primo Paese per Investimenti Diretti Esteri in India.  

Lo studio di Intesa San Paolo si conclude con una breve analisi riguardante i rapporti economici dell’India con il nostro Paese, il cui interscambio, nel 2013, è risultato pari a 6,3 miliardi di euro (in calo del 10,9% rispetto all’anno precedente).

Per ulteriori approfondimenti sulla situazione commerciale e industriale dell’India si rimanda al focus originale (in allegato).

Per approfondimenti circa i rapporti economici bilaterali con l’Italia e le possibilità di esportare e investire in India si rimanda all’articolo dello scorso 3 marzo dal titolo “India: export e investimenti da maneggiare con cura”.  

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