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I fattori strutturali che limitano crescita e sviluppo in Russia

Secondo Intesa Sanpaolo, la strategia commerciale centrata sulle risorse energetiche ha prodotto forti limiti alle crescita del paese: elevata inflazione, bassa natalità, accumulazione contenuta di capitale, inadeguatezza delle infrastrutture.

I fattori strutturali che limitano crescita e sviluppo in Russia

Come evidenziato dal focus Intesa Sanpaolo di marzo, nel 2012 l’economia della Russia ha registrato un tasso di crescita in termini reali del 3,4%, in rallentamento rispetto al 4,3% del 2011, a causa della congiuntura esterna meno favorevole e del rallentamento della domanda interna nella seconda metà dell’anno. I consumi hanno mantenuto nel 2012 un tasso di crescita sostenuto (+6,6%), grazie alla diminuzione dei disoccupati (da 6,3% di novembre 2011 a 5,4% di novembre 2012) e agli incrementi di salari e pensioni. Gli investimenti, pur in crescita del 6%, hanno nel complesso rallentato in particolare per la parte costruzioni, mentre nel settore estrazione e nei servizi di pubblica utilità hanno registrato un andamento ancora sostenuto. Il commercio estero ha continuato a registrare una dinamica delle esportazioni (+1,8%) più contenuta rispetto alle importazioni (+8,7%). Dal lato dell’offerta si è avuto un buon andamento dei servizi, in particolare quelli di vendita (+6,5%) e i finanziari (+15%). La produzione manifatturiera e l’attività di estrazione, seppur in crescita, hanno frenato rispetto all’anno precedente, come pure la produzione agricola.

La dinamica del PIL è prevista intorno al 3% nel 2013, inferiore a quella dell’anno precedente, ma in ripresa su quella del secondo semestre 2012, grazie alle buone attese dall’export e a un recupero della domanda interna. La dinamica del PIL è prevista in accelerazione nel 2014 a un tasso del 3,5%, grazie a uno scenario esterno più favorevole e alla spinta interna degli investimenti in infrastrutture e nel settore minerario. Sebbene la produzione e la raffinazione di gas e petrolio rappresentino meno di un quarto del PIL reale della Russia, questa componente influenza fortemente l’andamento dell’economia. In effetti, gas e petrolio forniscono quasi i due terzi dei proventi dell’export, mentre la quota rimanente è costituita da altre materie prime e da prodotti a basso valore aggiunto, come trasformazione dei metalli e lavorazione del legno. Gas e petrolio generano inoltre quasi il 70% delle entrate fiscali totali. Nell’ultimo decennio, il rialzo dei prezzi delle materie prime esportate ha determinato un sostanziale miglioramento della ragione di scambio, garantendo allo Stato russo crescenti risorse per finanziare spesa corrente e investimenti, sostenendo al contempo lo sviluppo di altri settori, come i servizi, con ricadute positive su redditi e occupazione. Ma un processo di sviluppo legato principalmente a materie prime e risorse energetiche evidenzia tuttavia anche alcuni punti di debolezza. La sostenuta domanda interna a fronte di strozzature dal lato dell’offerta ha determinato pressioni al rialzo sui prezzi, favorendo elevati tassi d’inflazione rispetto alle maggiori economie. Mancando un’adeguata offerta da produzioni domestiche, una buona parte della domanda si è così indirizzata verso l’estero, determinando un tasso di crescita delle importazioni superiore all’export. Diversi fattori di tipo strutturale hanno infine condizionato le potenzialità di crescita, tra cui il basso tasso di natalità del paese, il contenuto tasso di accumulazione di capitale, l’inadeguatezza di infrastrutture e tecnologie, un’elevata presenza dello Stato ancora diffusa nell’economia, una posizione relativamente non avanzata nei ranking internazionali della Banca Mondiale sulla facilità di condurre affari in Russia. E, come noto, sono proprio l’accumulazione di capitale e la capacità di progresso tecnico i principali motori dello sviluppo economico, se con questo si intende il processo di miglioramento delle condizioni di vita degli individui.

In questo contesto, il principale partner commerciale è l’Unione Europea, con una quota sul totale dell’interscambio russo del 46%, seguita dal continente asiatico con il 25%. La Cina è la nazione più importante negli scambi con la Russia, con una quota di circa l’11% sull’interscambio totale russo, a cui seguono Olanda (9%), Germania (8%) e Italia (5%). Tra i maggiori importatori vanno annoverati, oltre a Cina, Germania e Italia, anche Ucraina e Giappone, che forniscono macchinari, mezzi di trasporto, metalli e prodotti agro-alimentari. Tra gli esportatori, oltre a Olanda, Cina e Italia, spiccano le aree definite come terminal di gasdotti e oleodotti trans-continentali.

Per quanto riguarda l’interscambio con l’Italia, i dati ancora provvisori relativi al 2012 vedono un aumento ulteriore degli scambi in entrambe le direzioni: le importazioni hanno superato la cifra record di 18 miliardi di euro, mentre l’export è salito a circa 10 mld. Il saldo, storicamente negativo per l’Italia, è stato pari a -8,3 mld nel corso dello stesso periodo. E se le importazioni sono rappresentate in larga misura da minerali energetici e prodotti raffinati (rispettivamente, 67,7% e 18,2% sul totale), oltre che metalli e minerali (6,8%), prodotti chimici (3,7%) e alimentari (1,1%), le esportazioni italiane hanno riguardato soprattutto macchine e apparecchi meccanici (26,3%), prodotti tessili e dell’abbigliamento (22%), seguiti da manufatti vari, da mezzi di trasporto e da lavorati in metallo.

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