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Goolsbee ritorna all’università: il suo addio spiazza Obama

L’ex consigliere economico avrebbe voluto evitare la politica dei due pesi e delle due misure adottata rispetto all’industria dell’auto e alle banche, chiaramente favorite dal Presidente – Ora Obama si trova con un bilancio senza margini e con 2mila miliardi che mancano all’appello, impiegati in gran parte per salvare i giganti del credito di Wall Street

Goolsbee ritorna all’università: il suo addio spiazza Obama

L’uscita di scena del capo dei consiglieri economici di Barack Obama fornisce una lettura “storica” delle varie fasi e politiche economiche e finanziarie del clan Obama, dall’inizio della campagna elettorale nel 2007 a oggi. La lezione che se ne trae è di crescenti difficoltà, con un bilancio che non ha più spazi di spesa e con migliaia di miliardi, di cui circa 2 mila mancano ancora all’appello e probabilmente non rientreranno più, impiegati in parte notevole per il salvataggio dei giganti bancari di Wall Street. I quali siedono, in compagnia delle megafinanziarie immobiliari Fannie e Freddie, su 11 mila miliardi di titoli legati all’immobiliare, metà circa degli asset del sistema finanziario, con un mercato della casa che continua a scendere e con i titoli a valore di libro di tre anni fa. Non si sa quindi quanto valgono, certamente non più 11mila miliardi. C’è poi una disoccupazione al 9 per cento, dice il dato ufficiale. Austan Goolsbee, 42 anni, economista all’Università di Chicago ma più keynesiano che friedmaniano, è il consigliere economico di Obama da sempre, da quando il futuro presidente era senatore statale nell’Illinois, senatore federale per l’Illinois a Washington nel 2004, candidato nel 2007, presidente. Nel settembre 2010 Goolsbee sostituiva alla guida dei consiglieri economici Christina Romer, che tornava a insegnare. Ora anche Goolsbee torna a insegnare. In questo curriculum al fianco di Obama vanno ricordati due passaggi. Primo, il buon rapporto stabilito da Golsbee con Paul Volcker, l’anziano ex presidente della Federal reserve, sceso in campo nel gennaio 2008 a favore del candidato Obama. Li univa, nell’autunno-inverno 2008-2009, il desiderio di riaffermare regole più stringenti per Wall Street e di distribuire diversamente i costi del salvataggio, coinvolgendo anche gli obbligazionisti, e mandando a casa chi fra i banchieri aveva clamorosamente sbagliato. Il secondo passaggio da ricordare è quello avvenuto tra il giugno e il novembre del 2008, che indebolì e poi neutralizzò le speranze di Volcker e Goolsbee di affrontare in modo diverso salvataggio e risanamento di Wall Street, A giugno, con Obama ormai vincitore delle primarie, il posto di responsabile economico del team Obama venne preso da Jason Furman, parte integrante della squadra di Bob Rubin, ex ministro del tesoro di Bill Clinton. Dopo aver battuto Hillary in nome di una politica diversa da quella fatta da suo marito, Obama ne ingaggiava la squadra. E la politica. “Molta gente – scriverà il 19 luglio del 2008 il Nobel Paul Krugman – aveva appoggiato Obama contro Hillary Clinton nelle primarie perché temeva che la Clinton avrebbe riportato in auge la squadra di Bob Rubin. E che cosa ha fatto Obama? Ha riportato in auge la squadra di Bob Rubin”. Tutto si completava il 24 novembre 2008 con la nomina, a ministro del Tesoro e a sommo stratega economico, di Timothy Geithner e di Lawrence Summers, cioè di due “rubinistas” al massimo livello. Il rimprovero che una parte dei democratici facevano a Rubin (e ai Clinton) era ed è di essere stati troppo vicini a Wall Street (Rubin, ex capo di Goldman Sachs, ne era espressione massima). E di avere fatto troppo una politica favorevole agli interessi della grande finanza, identificati con gli interessi del paese. Entrato alla Casa Bianca, Obama ribadiva questa politica, dichiarando che salvando le banche si salvava il paese. Il che in genere è vero. Ma dipende da come si salvano le banche. Goolsbee, diventato uno dei consigieri economici, e Volcker, volevano un approccio simile a quello adottato con la Resolution Trust Corporation, l’ente che dal 1989 al 91 liquidò il disastro delle casse rurali. Dividere il patrimonio in attivo e passivo, ripartire con gli attivi, parcheggiare i passivi in un ente semipubblico, liquidare il management se aveva evidenti responsabilità, addossare agli obbligazionisti una adeguata parte delle perdite. Così, grossomodo, è stato fatto con GM e Chrysler. Ma non con le banche. Sarebbe stato più difficile, ma alla fine avrebbe sgomberato il terreno. Goolsbee ha fatto da allora varie altre battaglie, in genere perse o non vinte. E alla fine, di fronte a una situazione economica difficile, crescita bassa e disoccupazione inattaccabile, ha preferito la cattedra di Chicago. In fondo se vi sono stati errori non sono, spesso, responsabilità sua.

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