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Gli IDE e il falso problema della protezione del lavoro

La causa dei bassi livelli di IDE in ingresso in Italia viene spesso individuato nell’eccessiva protezione legislativa del lavoro. Dall’analisi incrociata dei dati di OCSE e UNCTAD, tuttavia, non sembra essere questo il problema principale.

“In Italia la causa principale dell’assenza di investimenti esteri è l’eccessiva protezione del lavoro”. Questa affermazione riassume il pensiero largamente condiviso dagli attori del mondo politico-economico in materia di lavoro. La rappresentazione di questa eccessiva protezione è data dall’articolo 18, definito a più riprese come “anomalia italiana” o “freno allo sviluppo”.

I provvedimenti allo studio del governo Monti e le dichiarazioni dello stesso Presidente del Consiglio portano avanti, dunque,  questa linea di pensiero, come già aveva fatto il precedente governo e, particolarmente, il Ministro per il Welfare Sacconi.

Tuttavia, si potrebbe avanzare un’obiezione. Dai dati elaborati nei dossier dell’ OCSE emerge un risultato interessante riguardo al reale livello di protezione del lavoro nel nostro Paese in rapporto ai competitors internazionali. Potendo anche incrociare i dati relativi agli investimenti diretti esteri in ingresso forniti dall’UNCTAD, si delinea una situazione reale italiana differente da quella prospettata fino ad ora.

Veniamo ai dati.

L’OCSE ha elaborato un indice che misura il livello di protezione legislativa del lavoro (“Employment protection legislation index”) che varia da 0 a 6 in funzione della restrittività della legislazione nazionale, dove 6 rappresenta il livello più alto.

Ebbene, quest’indice per l’Italia è pari a 2,58 contro il 2,63 della Germania, il 3 della Francia, il 3,11 della Spagna. Ma questo indice ci dice qualcosa di ancora più importante; infatti, è suddiviso in tre componenti diverse, ed una di queste misura il livello di protezione contro il licenziamento individuale dei lavoratori a tempo indeterminato (“Protection of permanent workers against [individual] dismissal”). Vediamo come la situazione italiana viene valutata in rapporto agli altri Paesi: Italia 1,69, Spagna 2,38, Francia 2,60 e dulcis in fundo Germania 2,85.

Secondo questi dati, quindi, la legislazione italiana in materia di protezione del posto di lavoro risultata meno anomala di quanto si pensasse.

Se  la protezione del lavoro è legata alla mancanza di investimenti diretti esteri (IDE) , dovremmo aspettarci che Paesi come Francia,Germania e Spagna, ma non solo, facciano registrare livelli di IDE in rapporto al Pil inferiori all’Italia e, più in generale, a Paesi con una legislazione di protezione del lavoro più permissiva.

Anche in questo caso non esistono evidenze a sostegno di tale affermazione. Infatti, l’Italia fa registrare un livello di IDE in entrata in rapporto al Pil del 16,4%, inferiore al 20,4% della Germania, e nettamente inferiore al 39% della Francia ed al 43,7% della Spagna, nonostante come abbiamo visto questi Paesi abbiano un legislazione più rigida in materia di lavoro.

Probabilmente quindi, il problema della scarsa appetibilità dell’Italia nei confronti degli investimenti esteri va cercato altrove, ad esempio nella lentezza burocratica, nell’assenza di certezza e rapidità di giudizio nelle controversie, nell’assenza di infrastrutture adeguate e nella presenza, sempre più distribuita nel territorio nazionale, di un costo occulto rappresentato dalla criminalità organizzata.

In allegato è presente una tabella di confronto.


Allegati: Employment protection legislation index e FDI inward.pdf

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