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Giustizia, non c’è riforma senza ripensare il ruolo degli avvocati

Per sveltire i tempi dei processi, che è il problema chiave della giustizia civile non basta ridiscutere il ruolo dei magistrati ma bisogna fare i conti con la sovrabbondanza di avvocati (sono più di 250 mila) e riformarne la professione

Giustizia, non c’è riforma senza ripensare il ruolo degli avvocati

In che settore lavorano gli avvocati? Ce ne sono più di 250.000 in Italia, ma nel PNRR la parola “avvocato” non compare mai, neanche nella sezione dedicata alla giustizia. Qui l’assenza sembra strana. Si parla molto di magistrati, ma la loro controparte, gli avvocati, non ci sono. Eppure, il loro ruolo è decisivo nel (non) funzionamento della nostra giustizia ai livelli di efficienza degli altri paesi avanzati.

Per evitare di parlare di avvocati si menziona la “litigiosità” degli italiani. Essendo litigiosi, gli italiani presentano 2 milioni di casi civili all’anno. Da soli si presume, vista l’assenza di avvocati da questo racconto. Negli anni 70 negli Stati Uniti si verificò un’impennata delle procedure mediche, anche le più sofisticate e costose: le ricerche sul fenomeno mostrarono che era dovuto al gran numero di medici sfornati dalle università che consigliavano ai malcapitati pazienti ogni tipo di diagnostica e cure, essendo in concorrenza tra loro per un reddito adeguato. La Banca d’Italia nel 2011 mostrò, in una ricerca a livello delle province italiane, che la creazione di una facoltà di giurisprudenza aumentava sensibilmente il numero di cause nella stessa provincia. Non il contrario. Il cliente d’avvocato soffre della stessa asimmetria informativa del paziente di un medico.

Il PNRR illustra bene l’effetto nefasto sull’economia dell’inefficienza giudiziaria che riduce la capacità delle imprese di ottenere prestiti dalle banche e dei giovani di ottenere mutui; ostacola entrata e uscita delle imprese nel mercato, contribuisce al nanismo delle aziende che a sua volta riduce l’adozione di nuove tecnologie… Il risultato è il reddito pro-capite stagnante negli ultimi 20 anni, l’incapacità a riprendersi dalla crisi del 2009, a differenza del resto della zona euro, e quindi la crescente divergenza dagli altri paesi della zona. Per queste ragioni la Commissione Europea ha sempre messo nelle priorità per l’Italia la riforma della giustizia che ora è parte integrante del piano di rilancio inviato a Bruxelles.

Purtroppo, nel PNRR all’analisi degli effetti non corrisponde l’analisi delle cause e quindi l’individuazione delle misure più efficaci per rimuoverle. La scandalosa durata dei processi da che cosa dipende? Solo dall’offerta di giustizia da parte della magistratura? Ci si attenderebbe da chi si occupa degli effetti sull’economia un’attenzione sia all’offerta che alla domanda, ovvero i 2 milioni di casi civili all’anno iniziati dagli oltre 250.000 avvocati italiani. Alla base di questi 2 milioni di casi ci sono le sentenze contraddittorie della Cassazione che permettono agli avvocati di spingere il cliente al contenzioso sia in un caso che nel suo contrario, cioè sempre. La causa delle contraddizioni nelle sentenze sta nel mancato coordinamento dei giudici che sono + di 400 nella Cassazione in Italia (mentre in Germania sono 39) ma soprattutto nel mancato ruolo della Cassazione di garantire l’uniforme interpretazione della legge.

Infatti, il maggior collo di bottiglia in Italia è la Cassazione dove la durata di un procedimento è di più di 6 volte maggiore che in Europa (mentre il primo livello di giudizio dura più di 4 volte) Questi numeri, che fanno sorridere d’incredulità qualsiasi giurista non italiano, dipendono dalle 80.000 cause presentate ogni anno dai 55.000 avvocati cassazionisti. Oltre ad allungare i tempi, impediscono alla Corte di svolgere il suo ruolo di interprete definitivo della legge, essendo i magistrati di cassazione impegnati a definire anche le multe stradali, alimentando l’incertezza e di conseguenza lo tsunami dei 2 milioni. Negli altri paesi avanzati sono i pochi superselezionati avvocati che possono patrocinare in Cassazione a filtrare i casi da dibattere alla Corte Suprema. Si tratta di 114 avvocati in Francia e 40 nel civile in Germania. Ben lontani dai 55mila italiani.

Ci sono state proposte (Severino) per creare corsi di specializzazione per cassazionisti, leggi per ridurne il numero, le prime neanche discusse, le seconde mai messe in atto benché votate. E’ dunque indispensabile, per riuscire nell’obiettivo del PNRR di ridurre i tempi dei processi nei prossimi 5 anni, varare subito un provvedimento transitorio che obblighi gli avvocati a scegliere tra il patrocinio al 1 e 2 livello di giudizio o alla Cassazione, come negli altri paesi avanzati. Nel frattempo, si potranno mettere in cantiere i corsi di specializzazione e i concorsi come in Francia e Germania. Finora l’attenzione è stata solo per i magistrati, ma dal malfunzionamento della giustizia in Italia non si esce solo con la riforma della magistratura, occorre anche una piccola, ma importante riforma della professione di avvocato.

1 thoughts on “Giustizia, non c’è riforma senza ripensare il ruolo degli avvocati

  1. Degli avvocati non si deve riformare solo il ruolo ma anche il prezzo. Siamo il paese con i costi di giustizia fra i più alti al mondo. Sotto certi importi conviene più prenderselo nel didietro che difendersi. Spese per procedimenti penali non ne parliamo.

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