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Fusione Popolari e riforma Bcc: è l’effetto Renzi

Il via libera alla fusione tra il Banco Popolare e la Bpm e l’approvazione della riforma delle Bcc alla Camera sono due ottime notizie che nascono dalla determinazione del governo Renzi di modernizzare e rafforzare il sistema bancario con riforme coraggiose che non erano mai riuscite a nessuno

Fusione Popolari e riforma Bcc: è l’effetto Renzi

Due ottime notizie per il sistema bancario e per il Paese: la tanto sospirata fusione tra il Banco Popolare di Verona e la Banca popolare di Milano e il primo sì del Parlamento al decreto sulle banche che comprende la complessa riforma delle Bcc.

La fusione tra le due banche del Nord, che darà vita al terzo gruppo bancario italiano, è la prima fusione dopo la riforma delle banche popolari, approvata nei primi mesi dell’anno e realizzata con grande coraggio e determinazione dal governo Renzi che in poco tempo ha sbaragliato lobbies e corporazioni centrando un obiettivo inseguito senza successo dai precedenti governi degli ultimi vent’anni.

Una riforma che è stata e che è molto apprezzata dai mercati finanziari e che ha contribuito a rinfrescare l’immagine dell’Italia sul piano internazionale. La fusione, perseguita con decisione e lucidità dai vertici di Bpm e Banco Popolare, dimostra come la riforma possa ora dispiegare tutti i suoi benefici effetti e disboscare la foresta pietrificata dal voto capitario e dai ras di provincia delle vecchie banche popolari. Aver convinto anche l’occhiuta Vigilanza unica europea, chiamata per la prima volta al test di una fusione, raddoppia i meriti dei vertici del Banco Popolare e della Bpm , e in particolare dei loro amministratori delegati Pier Francesco Saviotti e Giuseppe Castagna, che non si sono mai arresi di fronte a mille difficoltà e che hanno portato al traguardo un’operazione tanto impegnativa quanto lungimirante.

Un’altra buona notizia arriva dall’approvazione alla Camera del decreto sulle banche che comprende l’attesa riforma delle Bcc ma anche nuove norme sull’anatocismo e sullo sveltimento del recupero dei crediti difficili. Se il Senato approverà il testo uscito ieri da Montecitorio, la riforma delle banche di credito cooperativo potrà arricchire il medagliere del governo Renzi ma soprattutto rafforzare e disboscare il mondo delle banche locali di cui un Paese come l’Italia, che è fatto soprattutto da piccole e piccolissime aziende, ha bisogno come il pane.

Alla faccia di opposizioni cieche e di lobbies incallite, la riforma uscita dalla Camera ha corretto in meglio il testo iniziale costruendo un sapiente bilanciamento tra l’aggregazione delle Bcc in capo ad una holding unica e la way out per le Bcc che, per la loro storia e per la loro visione del modo di fare banca, non vogliono finire nella capogruppo egemonizzata dalla Federcasse e hanno i mezzi patrimoniali (almeno 200 milioni) per mantenere la loro indipendenza e l’indivisibilità delle riserve conferendo, a prezzo di un’imposta straordinaria del 20%, la licenza e le attività bancarie a una spa da loro stesse controllate.

Se il Senato approverà il testo che ieri ha ricevuto il sì dei deputati, il sistema bancario italiano potrà compiere con la riforma delle Bcc un altro decisivo passo avanti ma anche in questo caso bisognerà avere l’onestà intellettuale di dare a Cesare quel che è di Cesare e di riconoscere che Matteo Renzi in pochi mesi sta facendo per le banche quello che altri governi hanno a lungo predicato ma mai realizzato, con la sola eccezione del Tub e del Tuf dei lontani anni Novanta.

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