La Francia sta affrontando una crisi politica ed economica senza precedenti e la chiave per la sopravvivenza è nelle mani dei socialisti. François Bayrou, premier francese e leader centrista del Mouvement Démocrate (MoDem), ha deciso di giocare d’anticipo: ha convocato un’Assemblée nationale straordinaria per l’8 settembre, qualche settimana prima della ripresa naturale dei lavori parlamentari, per presentare ai deputati il bilancio 2026 e chiedere subito la fiducia, invocando l’articolo 49.1 della Costituzione. In pratica, Bayrou mette tutto in gioco: o il Parlamento approva il piano di risparmi da 44 miliardi, o il governo sarà costretto a dimettersi. Una mossa ad altissimo rischio, perché Bayrou non ha una maggioranza solida e la Francia potrebbe ritrovarsi ad affrontare un nuovo voto anticipato.
L’opposizione ha già chiarito le proprie posizioni: estromettere il primo ministro. Sarà il Partito socialista a decidere se il premier potrà governare o se il Paese entrerà in una nuova crisi politica, proprio nel mezzo della peggiore emergenza economica degli ultimi decenni. Nel frattempo, Emmanuel Macron, unico in grado di sciogliere il Parlamento e indire elezioni anticipate, non ha ancora commentato la mossa del premier, anche se l’entourage di Bayrou assicura che il presidente aveva approvato il piano.
Francia Il peso del debito e la scommessa dell’austerità
Al centro dello scontro c’è la finanziaria “più importante della storia recente”, come l’ha definita l’inquilino di Palazzo Matignon, in conferenza stampa. L’obiettivo: ridurre il deficit pubblico di 44 miliardi di euro in quattro anni, cercando di domare un debito ormai cronico. Il capo del governo ha sottolineato che negli ultimi vent’anni il debito francese è cresciuto di oltre 2.000 miliardi di euro, ovvero “12 milioni ogni ora di ogni giorno da 20 anni”. I numeri sui costi del debito restano allarmanti: 66 miliardi quest’anno, 75 miliardi nel 2026, “nella migliore delle ipotesi”, evidenzia il premier. “Fino a quando possiamo fingere di non vedere?”, ha chiesto puntando il dito contro il passato: troppo spesso i prestiti sono stati usati per spese correnti invece che per investimenti.
Se il debito è una montagna, il deficit è la pista scivolosa che la Francia non riesce a domare. Per il 2025, il rapporto deficit/Pil è stimato al 5,46%, ben sopra il limite del 3% fissato dal Trattato di Maastricht, considerato dai principali economisti il “confine della prudenza”. La media degli ultimi sei anni si attesta al 6,16%, un campanello d’allarme per qualsiasi governo.
Per invertire la rotta, il governo punta su un pacchetto di austerità netto: meno festività, maggiori spese a carico dei cittadini in sanità, congelamento delle prestazioni sociali e stop agli adeguamenti fiscali all’inflazione. “Le misure sono discutibili, ma il problema non lo è: la Francia vive una situazione grave”, ha insistito Bayrou, chiedendo al Parlamento e al Paese di condividere la responsabilità.
Fiducia al buio per la Francia: l’8 settembre il banco di prova
Sul piano politico, la partita è ancora più incerta. La maggioranza di Bayrou è fragile come un castello di carte e l’opposizione è pronta a soffiarci sopra. La sinistra radicale de La France Insoumise, guidata da Mélenchon, ha già annunciato che voterà contro la fiducia e chiede le dimissioni di Macron: “È responsabile della crisi”, ha scritto su X. Gli ambientalisti di Les Écologistes (Eelv) parlano chiaro: “fiducia uguale dimissioni”. Anche il Partito comunista e i suoi apparentati (Gauche démocrate et républicaine) hanno detto “no”. L’estrema destra di Marine Le Pen (Rassemblement National), invece, chiede lo scioglimento dell’Assemblea e nuove elezioni anticipate.
L’ago della bilancia resta, come spesso accade in Francia, il Partito socialista guidato da Olivier Faure. Dopo iniziali aperture a un dialogo, Faure ha spento le speranze di Bayrou, dichiarando che un sostegno pieno è “inimmaginabile”. Senza almeno qualche voto socialista, Bayrou non ha numeri sufficienti per sopravvivere: su 577 deputati, la maggioranza per far cadere il governo c’è già (sopra i 250), mentre i voti a favore si fermano a poco più di 200, comprendendo Ensemble (166) e alcuni centristi e indipendenti. Per salvare il premier, almeno 20-50 deputati socialisti dovrebbero votare a favore, con astensioni e assenze pronte a spostare ulteriormente gli equilibri.
Il ministro delle Finanze Eric Lombard ha dichiarato che il governo spera ancora di trovare un accordo dell’ultimo minuto con l’opposizione. Il rischio per Bayrou è di fare la stessa fine del suo predecessore Michel Barnier, travolto da un voto di sfiducia in pochi mesi.
La piazza pronta a scioperare: “Blocchiamo tutto”
Il rigore ha un prezzo altissimo: abolizione di due festività (8 maggio e lunedì di Pasqua), riduzione delle indennità di disoccupazione, aumento delle franchigie sanitarie e congelamento delle prestazioni sociali fino al 2026. Un pacchetto che ha già acceso la piazza. Il collettivo “Bloquons tout”, nato sui social, ha chiamato a raccolta per il 10 settembre, due giorni dopo il voto di fiducia, con l’obiettivo di paralizzare il Paese: strade, trasporti, raffinerie e supermercati. Un déjà-vu dei Gilet Gialli che Mélenchon ha già trasformato in parola d’ordine: “sciopero generale”.
I sindacati, più prudenti, discuteranno un piano comune in un incontro intersindacale il 1° settembre. Ma il malcontento c’è, e la rabbia contro l’austerità rischia di travolgere il governo prima ancora del voto parlamentare.