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Femminicidio e uxoricidio, una violenza senza voce: non bastano le denunce, ci vuole un salto di qualità in difesa della donna

L’estate è stata uno stillicidio di crimini contro le donne a cui occorre reagire con grande determinazione e una azione articola su più piani – Le esperienze di Uk, Canada e Spagna ci insegnano qualcosa

Femminicidio e uxoricidio, una violenza senza voce: non bastano le denunce, ci vuole un salto di qualità in difesa della donna

È un silenzio assordante quello che lasciano le molte, troppe donne vittime di una violenza che non si arresta e prolifica su un mix micidiale di stereotipi culturali e stigma nei confronti delle donne e delle ragazze. Sì, perché i femminicidi e la violenza sulle donne ha assunto modalità sempre più efferate e vede un drastico abbassamento dell’età delle vittime.

Girando nelle scuole in lungo e in largo nelle scuole italiane con il docufilm testimonianza “Libere di…VIVERE” la domanda degli studenti è sempre la stessa: Quando son iniziati i femminicidi? Perché la violenza sulle Donne? Perché anche davanti alle testimonianze filmate ormai l’assuefazione ai social rende complicato accettare che quei racconti sono reali e che una delle principali cause di morte per le donne tra i 16 ed i 54 anni ci riporta alla violenza domestica.

Violenza contro le donne: la Convenzione di Istanbul

Sono convinta che spiegare cosa è la violenza, le differenti forme ben definite nella Convenzione di Istanbul quali fisica, sessuale, psicologica ed economica, ascoltare ed affiancare quella metà del Paese che si sente sempre di più presa di mira smuova i cittadini italiani tutti e sempre di più venga percepita come transculturale e intergenerazionale, perché è una battaglia senza confini sociali.

Dalla famiglia estesa tradizionale ottocentesca siamo pian piano passati alla famiglia nucleare dove l’omicidio era ancora chiamato uxoricidio e lo si legava al vincolo matrimoniale. Ma è proprio grazie alla Convenzione di Istanbul del 2011, ratificata dall’Italia nel 2013, e la conseguente legge 119 del 2013 che si allarga il concetto sin a parlare di femminicidio per connotare soprattutto donne uccise non solo perché mogli ma anche conviventi, fidanzate, ex fidanzate, membri della famiglia sino ai bambini. Si perché il ciclo della violenza contro le donne e della violenza domestica ci pone davanti ad un danno sociale diffuso ed a costi altrettanto abnormi per sottovalutarli. Secondo l’EIGE l’80% della violenza di genere si riferisce alle donne con un costo per l’Italia di circa 39 mld di eur tra costi diretti ed indiretti! (servizi giudiziari, cure mediche, servizi sociali, servizi legali, case protette e assistenza alle famiglie ed agli orfani…)

È questo un tema che giuridicamente ha visto un riconoscimento tardivo: d’altronde sappiamo bene che per archiviare definitivamente il Codice Rocco abbiamo dovuto attendere il 1981, per l’abolizione del delitto d’onore, ed il 1996, perché lo stupro fosse definito finalmente un reato contro la persona, dopo quasi vent’anni di dibattiti.

Una risposta coraggiosa

Ora siamo noi che dobbiamo chiederci se vogliamo scoperchiare quel vaso di Pandora e dare una risposta coraggiosa alle nuove generazioni, ed affrontarne il contenuto insieme, senza colorazioni ideologiche o distinguo di genere, perché non siamo di fronte ad un’emergenza ma ad un fenomeno sociale strutturale che dura da ormai troppo tempo, dobbiamo lavorare insieme e questo è sicuramente l’animo che muove l’Osservatorio sul fenomeno della Violenza nei confronti delle Donne e sulla Violenza Domestica e del suo Comitato tecnico Scientifico il cui intento sta proprio nell’alleanza dei soggetti interessati su obiettivi comuni di lungo termine. 

Come dimostrato dal disegno di legge n. 1294 dello scorso Giugno sulle “Disposizioni per il contrasto della violenza sulle Donne e della violenza domestica” di iniziativa del Governo della Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, del Ministro dell’Interno e del Ministro della Giustizia che è stato assegnato alla II Commissione Giustizia lo scorso 4 Agosto con rito “accellerato”. Vedere i tre Ministeri cooperare per un fine comune è un ottimo segnale e speriamo l’inizio di un impianto normativo che si sostanzi in un approccio sistemico sostenuto da tutte le forze politiche del Paese.

Accelerare nella lotta alla violenza sulle donne

Voler rendere più stringenti le norme penali, l’estensione del divieto di avvicinamento e l’uso dei braccialetti elettronici è un primo passo necessario per affrontare in modo sistematico gli altri aspetti quali quello della formazione obbligatorio già evidenziato nella Convenzione di Istanbul e reso operativo, anche se non pienamente attuato, dall’art. 5 della Legge cosiddetta “Codice Rosso”.

Molte altre le priorità saranno da rendere operative anche osservando che in altri Paesi europei, e dalla Gran Bretagna al Canada hanno avuto successo, come:

  • La creazione di Tribunali specializzati.
  • L’intensificazione delle campagne di sensibilizzazione.
  • Il coinvolgimento in una collaborazione fattiva di tutti gli ordini scolastici.
  • Il rafforzamento della rete del terzo settore sulla prevenzione.

Ma soprattutto che sulla violenza contro le donne poi sia necessaria una formazione obbligatoria, dagli operatori di polizia agli operatori sociali e soprattutto verso magistrati per sradicare un retaggio culturale atavico ormai è ben evidente e chiaro a tutti . Così come il fatto che certe sentenze choc, come nei casi di stupro più recenti, non sono casi isolati di malagiustizia ma la PUNTA DI UN ICEBERG sul quale è doveroso far luce una volte per tutte e valutare class action!

Norme chiare: l’esempio della Spagna

Nella stessa maniera l’esempio della Spagna che ha definito con una legge chiaramente come stupro si intenda: “qualsiasi atto sessuale compiuto senza il consenso potrebbe aiutare ad arginare i femminicidi, e supportare l’opera di prevenzione che vede impegnato strenuamente il terzo settore”. Grazie a queste misure lavorando sinergicamente sul linguaggio normativo, sui dati e sulle sanzioni si potrà vincere la battaglia. L’azione mirata non è niente senza norme chiare che non diano spazio a sentenze inaccettabili e invece incidano su una prevenzione fatta di formazione diffusa ed obbligatoria.

Violenza sulle donne: urgenti strumenti di prevenzione

Perché dal silenzio delle Donne che hanno perso la vita emerga la voce di un Paese unito in un nuovo patto tra generazioni dove l’educazione ai sentimenti, alle emozioni ed al rispetto siano centrali per una piena autodeterminazione di ragazzi e ragazze che tornino a vedere un futuro davanti a sé superando la paura. 

Nota (1) “La presente Convenzione si applica in tempo di pace e nelle situazioni di conflitto armato.

Articolo 3 – Definizioni

Ai fini della presente Convenzione:

a) con l’espressione “violenza nei confronti delle donne” si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata;

b) l’espressione “violenza domestica” designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima;

d) l’espressione “violenza contro le donne basata sul genere” designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato…”

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