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Fake news, la Ue mette un freno alle Big Tech. Via libera del Parlamento europeo al Digital Services Act

L’Ue ha raggiunto un accordo storico che mira a costringere le aziende Big Tech ad affrontare i contenuti illegali sulle loro piattaforme – Ma farle rispettare sarà tutta un’altra storia

Fake news, la Ue mette un freno alle Big Tech. Via libera del Parlamento europeo al Digital Services Act

L’Unione europea arriva dove gli Stati Uniti hanno lasciato un vuoto, in cui nessuna legge federale completa affronta il potere delle grandi aziende tecnologiche. Oggi, sabato 23 aprile, il Parlamento europeo e gli stati membri dell’Ue hanno raggiunto finalmente un accordo sul Digital Services Act, un pezzo importante della legislazione che mira ad affrontare i contenuti illegali e dannosi facendo in modo che i giganti della tecnologia controllino i contenuti che circolano sulle loro piattaforme in modo più aggressivo, altrimenti dovranno pagare multe salatissime. L’accordo arriva proprio durante il dibattito a Washington tra i politici di come tenere a freno il potere delle Big Tech e convincerle a ripulire le loro piattaforme dai contenuti dannosi con nuove regole, ma senza riuscirci.

Una materia delicata che dopo gli avvenimenti degli ultimi anni, soprattutto con il Covid e la guerra in Ucraina, ha reso necessario mettere un freno alla pioggia di disinformazione che ha più volte inquinato la scena, dando troppo spazio alle fake news sul web volte a distorcere la realtà dei fatti sulla sanità e gli eventi sul campo al fine di orientare l’opinione pubblica verso false verità.

L’Ue mette le briglie alla giungla dell’informazione online

La legge mira a porre fine ad un’era di autoregolamentazione in cui le Big Tech hanno impostato le proprie politiche su quali contenuti possono rimanere in piedi o essere rimossi. Si distingue da altri tentativi di regolamentazione affrontando di petto il problema dell’online, un’area che è in gran parte off limits negli Stati Uniti a causa delle protezioni del Primo Emendamento. Google, che possiede YouTube, e Meta, il proprietario di Facebook e Instagram, così come TikTok spesso al centro del problema dovranno affrontare controlli annuali per “rischi sistemici” legati alle loro attività, mentre Amazon dovrà affrontare nuove regole per fermare la vendita di prodotti illegali, verificando l’identità dei suoi fornitori prima di offrire i loro prodotti.

La legge, che entrerà in vigore l’anno prossimo, non ordina alle piattaforme internet di rimuovere specifiche forme di discorso, lasciando l’ultima parola ai singoli paesi. Ad esempio, alcune forme di discorso di odio e riferimenti al nazismo sono illegali in Germania ma non in altri paesi europei. La legge costringe, inoltre, le aziende ad aggiungere modi per gli utenti di segnalare contenuti illeciti.

Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha rilasciato una dichiarazione sottolineando l’importanza di questa legge “storica”. “Il DSA aggiornerà le regole di base per tutti i servizi online nell’Ue, assicurando che l’ambiente rimanga uno spazio sicuro, salvaguardando la libertà di espressione e le opportunità per le imprese digitali. Dà effetto pratico al principio che ciò che è illegale offline, dovrebbe essere illegale online. Maggiori sono le dimensioni, maggiori sono le responsabilità delle piattaforme”.

Cosa prevedono le nuove regole per le Big Tech?

La legge ha dunque lo scopo di affrontare i danni sociali dei social media, richiedendo alle aziende di controllare in modo più responsabile le loro piattaforme per i contenuti “tossici”. Da parte loro, le aziende tecnologiche (con “più di 45 milioni di utenti attivi” in Ue) saranno obbligate a istituire nuove politiche e procedure per rimuovere i discorsi d’odio, la propaganda terroristica, gli abusi sessuali su minori e altro materiale definito illegale dai paesi dell’Unione europea. I cosiddetti modelli oscuri – tattiche ingannevoli progettate per spingere le persone verso determinati prodotti e servizi – saranno anch’essi vietati pena multe da miliardi di dollari.

Nel concreto, verrà loro imposta una maggiore trasparenza sui dati e sugli algoritmi di raccomandazione. Ci saranno verifiche una volta all’anno da organismi indipendenti e posti sotto la supervisione della Commissione Europea, che potrà infliggere sanzioni fino al 6% delle loro vendite annuali in caso di infrazioni ripetute. Per una società come Meta, la società madre di Facebook, questo potrebbe significare una sanzione fino a 7 miliardi di dollari sulla base delle cifre di vendita del 2021.

“Nel contesto dell’aggressione russa in Ucraina e delle particolari conseguenze sulla manipolazione delle informazioni online, è stato introdotto un nuovo articolo al fine di istituire un meccanismo di reazione in caso di crisi – ha spiegato il Consiglio europeo -. Questo meccanismo, attivato con decisione della Commissione, consentirà di adottare misure ‘proporzionate ed efficaci’ nei confronti di piattaforme molto grandi che contribuirebbero alla diffusione di fake news”

Si inizia a chiudere il cerchio attorno alle Big Tech

La legge sui servizi digitali fa parte di una doppietta dell’Unione europea per affrontare gli effetti sociali ed economici dei giganti tecnologici. Il mese scorso, il blocco di 27 nazioni ha concordato un’altra legge, il Digital Markets Act, per contrastare quello che i regolatori vedono come un comportamento anticoncorrenziale da parte delle più grandi aziende tecnologiche, compresa la loro presa sugli app store, la pubblicità online e lo shopping su internet.

Nel 2018, l’Ue ha introdotto il regolamento generale sulla protezione dei dati, una vasta serie di norme sulla privacy volte a dare ai consumatori un maggiore controllo sulle loro informazioni.

Insieme, le nuove leggi sottolineano come l’Europa stia stabilendo lo standard per la regolamentazione tecnologica a livello globale. Frustrati dal comportamento anticoncorrenziale, dall’effetto dei social media sulle elezioni e dai modelli di business che invadono la privacy, i funzionari hanno trascorso più di un anno a negoziare politiche che danno loro nuovi ampi poteri per reprimere i giganti della tecnologia che valgono trilioni di dollari e che sono utilizzati da miliardi di persone per la comunicazione, l’intrattenimento, i pagamenti e le notizie.

Cosa ne pensano gli Usa e le Big Tech sulle nuove regole

Giovedì, l’ex presidente Barack Obama ha detto che l’industria tecnologica ha bisogno di una regolamentazione per affrontare la diffusione della disinformazione online.

Arriva sempre da Oltre Oceano l’endorsement, via social, di Hillary Clinton. “Per troppo tempo, le piattaforme tecnologiche hanno amplificato la disinformazione e l’estremismo senza alcuna responsabilità”, ha twittato giovedì l’ex candidata presidenziale democratica Hillary Clinton. “Incoraggio i nostri alleati transatlantici a mandare avanti il Digital Services Act e a rafforzare la democrazia globale prima che sia troppo tardi”, ha concluso.

Per quanto riguarda le Big Tech ancora non si sono molto espresse sulle nuove regole. Google ha sostenuto in una dichiarazione gli obiettivi del Digital Services Act, ma che “i dettagli saranno importanti” e che ha pianificato di lavorare con i responsabili politici per “ottenere i dettagli tecnici rimanenti.” Amazon e Twitter hanno rifiutato di commentare. Così Meta e TikTok.

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