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Energia: idrocarburi e rinnovabili si alleano per il Green Deal

Assomineraria e Elettricità Futura, un tempo rivali, hanno deciso di camminare insieme per la transizione verso un’economia low carbon. In ballo 80 miliardi di investimenti al 2030 ma servono le autorizzazioni o gli obiettivi del Piano nazionale resteranno lettera morta

Energia: idrocarburi e rinnovabili si alleano per il Green Deal

L’unione fa la forza e questo vale anche per affrontare la complessità della transizione energetica. E’ il passaggio chiave – quello del progressivo abbandono delle fonti fossili e della sostituzione con le fonti rinnovabili – di fronte al quale si confrontano e fanno i conti governo, politica, imprese e tutti i portatori di interessi su un tema così strategico per il Paese, per l’Europa e per il mondo intero. Quindi, anziché dividersi ciascuno coltivando il proprio orticello meglio puntare sulla condivisone. E’ questo il senso dell’alleanza tra Assomineraria (l’associazione delle imprese che operano nell’estrazione di minerali solidi e di idrocarburi) e Elettricità Futura (la più importante associazione del mondo elettrico, convenzionale e green) un tempo rivali e oggi intenzionate a marciare insieme verso la stessa meta, come testimonia il workshop promosso  dalle due associazioni a Roma giovedì. Sul tavolo c’è l’attuazione del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec, la nuova versione della vecchia Sen), approvato dal precedente governo Lega-M5S che ha ottenuto l’avallo anche da Bruxelles e fissa obiettivi ambiziosi al 2030. Obiettivi che hanno messo in moto l’attenzione delle imprese di tutto il comparto energetico e sui quali faranno sempre più sentire la propria voce le associazioni ma anche le stesse aziende investite dal tema, come Terna e Snam tra le altre.

UN’ALLEANZA PER IL FARE , GLI OSTACOLI DA SUPERARE

A Roma si è sentita la voce delle associazioni. “Si tratta di un’alleanza rivolta al fare, portare avanti gli investimenti e le infrastrutture necessarie per raggiungere gli obiettivi del Pniec che fissa obiettivi ambiziosi per l’intero settore al 2030. Obiettivi che – su questo siamo tutti d’accordo – porteranno opportunità di investimento e benefici, non solo rischi” spiega Simone Mori, presidente di Elettricità futura. Luigi Ciarrocchi , presidente di Assomineraria, sottolinea a sua volta come sia “necessario passare ad un nuovo modello energetico in cui la ricerca avrà un ruolo fondamentale per superare i limiti attuali delle diverse fonti energetiche che per le rinnovabili sono la bassa densità e la discontinuità e per le fossili l’impronta carbonica. Sono convinto che sia possibile disaccoppiare crescita economica e trend emissivi. Possiamo farcela lavorando insieme con determinazione”.

Ed è qui che entrano in scena i problemi da affrontare e che richiederanno, è fuori di dubbio, molta tenacia. Soprattutto da parte degli imprenditori. Perché, ha osservato Giuseppe Ricci di Confindustria Energia “non possiamo realizzare il phase out dal carbone se non ci sono le infrastrutture per sostituirlo con altre fonti. Il problema delle autorizzazioni – ha proseguito – riguarda ormai non solo i progetti fossili ma anche quelli rinnovabili. E per invertire la “perversione”  anti-infrastrutturale che è penetrata ormai in Italia occorre un lavoro di informazione e soprattutto di filiera”. Superare quindi le divisioni del passato “o si rischia di non centrare gli obiettivi del Pniec o peggio ancora di attuarli male e cioè con costi molto più alti per il Paese”.

IN BALLO 80 MILIARDI DI INVESTIMENTI

Se Eni sta accelerando sulle rinnovabili e la biochimica, l’Enel è diventata il più importante produttore verde del mondo e non mancano storie aziendali – come quella di Erg, trasformatasi da azienda petrolifera a produttore 100% verde – l’Italia può dirsi ben posizionata. Ma come ha spiegato Andrea Zaghi, direttore di Elettricità futura, gli obiettivi al 2030 fissati dal Pniec richiedono una montagna di investimenti. Si tratta di arrivare al 2030 al 30% di quota Fer (Fonti rinnovabili) nei consumi finali lordi di energia (32% la quota Ue), con un target di efficienza energetica del 43% (contro il 32,5% Ue) e una riduzione delle emissioni effetto serra del 33% (anziché 30%). Ma per arrivarci, il Pniec prevede 40 MegaWatt aggiuntivi di capacità rinnovabile ed Elettricità Futura ne stima 47. E serviranno 80 miliardi di investimenti di cui 50 miliardi aggiuntivi a fronte dei 46 circa stimati dal Piano nazionale. “Elettricità Futura – ha concluso Zaghi – è convinta che la decarbonizzazione rappresenti oggi la più importante possibilità di crescita per l’Italia e per l’Europa”.

LA SFIDA DI URSULA

Nella Ue a 28 Paesi, la prima fonte di energia per la produzione di elettricità è il nucleare con il 25% . Seguono carbone e gas con il 21% ciascuno. Le Fer contribuiscono per il 31%. La presidente Ue Ursula von der Leyen vuole ribaltare il mix e lanciare un Green Deal europeo nei primi 100 giorni del suo mandato. Ma l’Italia deve correre se si vogliono chiudere le centrali a carbone. “Occorre superare le barriere amministrative per lo sviluppo delle rinnovabili” rilancia Mori. E senza il capacity payment (il riconoscimento di una remunerazione sugli impianti a gas che servono a bilanciare la rete elettrica) la chiusura del carbone non si fa. Ecco perché creare un “sistema industria di filiera” che si muova insieme è diventato indispensabile.

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