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Draghi, “una crisi sarebbe una follia”: per il Pd il Governo va sostenuto “senza se e senza ma”. Parla Misiani

INTERVISTA AD ANTONIO MISIANI, responsabile Economia e Finanze del Pd – Di fronte alle continue fibrillazioni d M5S e Lega, il Pd conferma il suo pieno appoggio a Draghi di cui apprezza anche la politica economica a favore di imprese e famiglie che sollecita a rafforzare, a partire dal PNRR e dal salario minimo

Draghi, “una crisi sarebbe una follia”: per il Pd il Governo va sostenuto “senza se e senza ma”. Parla Misiani

«Il governo Draghi va sostenuto senza se e senza ma, sarebbe da matti andare incontro ad una crisi di maggioranza con una guerra in corso, l’inflazione alle stelle e la crisi energetica». È categorico Antonio Misiani, responsabile Economia e Finanze del Partito Democratico, sulle conseguenze che potrebbero innescarsi il giorno dopo l’apertura della crisi di governo. Al netto delle rassicurazioni dei singoli leader di partito, i distinguo nella maggioranza si fanno sempre più numerosi e di conseguenza i problemi economici del Paese rischiano di andare in secondo piano.

Senatore Misiani, l’amministratore delegato della prima banca italiana dice che senza gas russo il Paese va in recessione. Qual è la posizione del Governo?

«Si possono avere opinioni diverse sull’embargo del gas russo. Rimane il fatto che l’affrancamento dalla dipendenza delle forniture di Mosca è una questione di sicurezza nazionale. Il 40% del nostro fabbisogno energetico arriva dalla Russia, è una situazione non più sostenibile. Non solo economicamente ma ormai per una questione di ordine geopolitico».

Non si torna indietro da questa impostazione? Il viaggio del presidente Draghi a Washington è servito anche per chiarire la situazione.

«Il cordone energetico che ci lega in modo così pericoloso alla Russia va tagliato. Ci vorrà del tempo, ma va fatto».

La posizione del Pd coincide?

«Coincide perfettamente. Sosteniamo con forza anche l’azione del governo in sede europea dove sta spingendo per un tetto al prezzo del gas e il disaccoppiamento del prezzo dell’energia elettrica in base alla tipologia della fonte utilizzata per la produzione. È necessario anche uno strumento finanziario comune per affrontare la crisi energetica. A livello europeo ci sono 210 miliardi di euro da investire con il RePower Eu, la strada è giusta».

Gli ultimi numeri sulla crescita stimata del Paese nel 2022 si fanno sempre più foschi.

«Siamo molto preoccupati. Pochi mesi fa le previsioni di crescita erano al 4.7%, ora la Commissione Europa ha rivisto le stime abbassandole al 2.4%. L’economia si è fermata, rischiamo la terza recessione in 10 anni. Non vedo a chi convenga aprire una crisi al buio».

I conti pubblici ritornano ad essere oggetto di attenzione anche da parte di Bruxelles. Terrà la linea Draghi di non fare un nuovo scostamento di bilancio?

«In pochi mesi il Governo ha stanziato oltre 30 miliardi di euro per le famiglie e le imprese senza un euro in più di deficit rispetto a quanto programmato ad ottobre. Lo spread nel frattempo è passato da 100 punti base a 200 con la prospettiva di un aumento progressivo dei tassi di interesse. Questi campanelli d’allarme non vanno sottovalutati: è indispensabile fare tutto il possibile per scongiurare la recessione, ma lo dobbiamo fare senza pregiudicare la sostenibilità dei conti pubblici».

Se non saranno i partiti a far traballare il governo, con una inflazione che sta sfuggendo di mano sarà proprio l’economia a mettere in difficoltà l’esecutivo?

«Il Pd sosterrà tutto quello che serve per mitigare gli effetti dell’inflazione per le fasce di reddito più basse e per le imprese più in difficoltà. Molte nostre proposte il governo le ha già accolte: penso al bonus di 200 euro per lavoratori e pensionati, allo sconto per il trasporto pubblico e al potenziamento del fondo sociale per gli affitti. Il problema è che le difficoltà proseguiranno anche nei prossimi mesi e noi dobbiamo prepararci a questo scenario, prorogando una serie di misure e in alcuni casi rafforzandole». 

Per esempio?

«Il Bonus luce e gas andrebbe esteso alle famiglie fino a 20 mila euro di Isee, oggi è a 12 mila. Per benzina e gasolio il taglio delle accise finisce l’8 luglio e costa molto. Per il futuro bisognerebbe prevedere un tetto massimo ai prezzi, come ha deciso la Slovenia».

Sull’inflazione le misure devono continuare ad essere legate all’emergenza energetica?

«Sì, l’inflazione è ancora prevalentemente energetica: ad aprile a fronte di un tasso complessivo del 6% annuo, i prezzi energetici sono aumentati del 39,5% mentre gli altri beni e servizi del 2,9%. La scelta chiave da assumere è il tetto al prezzo del gas. Se non passerà a livello europeo, va fatto a livello nazionale, così come ha fatto la Spagna».

C’è il paradosso di un’economia che rischia la frenata e al tempo stesso mancano lavoratori in molti comparti. Rivedrete il Reddito di Cittadinanza?

«Va rivisto secondo le linee proposte a novembre scorso dalla Commissione Saraceno del Ministero del Lavoro. Bisogna eliminare una serie di distorsioni ed iniquità, a partire da quelle che scoraggiano la ricerca di attività lavorative e potenziare molto i servizi di inserimento dei percettori di Rdc occupabili. Detto questo, la correlazione tra Rdc e mancanza di lavoratori stagionali è controversa. In realtà in Italia pesa molto di più un problema assai grave e diffuso di bassi salari e lavoro povero».

In quali settori per esempio?

«Vaste aree dei servizi ma non solo offrono salari vergognosamente bassi, spesso legittimati da contratti di lavoro pirata. L’unica strada per superare questa condizione è introdurre anche in Italia il salario minimo, legandolo ai trattamenti minimi dei contratti più rappresentativi».

Se aumenta l’instabilità politica c’è il rischio di mandare all’aria il Pnrr?

«I 51 obiettivi del 2021 sono stati raggiunti. Abbiamo 100 obiettivi in calendario quest’anno che valgono per ottenere 46 miliardi di euro. L’attuazione del Piano è a forte rischio a causa del caro materiali, degli effetti di spiazzamento dei bonus edilizi e dei limiti della capacità realizzativa degli enti locali. È necessario correre ai ripari. Il governo lo sta facendo, speriamo bene. L’attuazione del Piano nei tempi previsti è l’unica possibilità che abbiamo per lasciarci alle spalle 20 anni di stagnazione».

Con un’economia globale impazzita, tassi di interesse in aumento, un debito sovrano da gestire con molta cautela, c’è davvero qualcuno che se la sente di prendere il posto di Mario Draghi prima del 2023? 

«Il Pd si candiderà per vincere, per completare l’attuazione del Pnrr e per ridurre le disuguaglianze sociali, territoriali e di genere. Noi sosterremo Draghi con lealtà fino alla fine della legislatura. Detto questo, l’Italia ha bisogno dopo le politiche del prossimo anno di un governo espresso dalla volontà degli elettori».