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Crisi, un’occasione per puntare alla crescita verde

Le politiche di sviluppo “verdi” non devono essere considerate alternative alla crescita sostenibile, ma parte integrante della stessa – L’Italia, come suggeriscono le analisi in corso all’Ocse sull’environmental performance, può ancora migliorare in questo campo e deve puntare alle tecnologie per la produzione di energie rinnovabili.

Crisi, un’occasione per puntare alla crescita verde

Sentir dire che l’Italia è in recessione fa sempre un certo effetto, probabilmente perché ci si è ormai abituati all’idea di continui progresso e crescita. Secondo le statistiche ufficiali, l’Italia è l’ottava economia al mondo ma numerose stime sul tasso di crescita del Pil italiano sono negative per tutto quest’anno ed anche per buona parte del prossimo.

In questo quadro, uno storico problema italiano è la nostra forte dipendenza da combustibili fossili, un elemento che pesa notevolmente sulla nostra bilancia commerciale.

Tuttavia questa situazione non deve farci disperare, anzi dovrebbe riportare alla mente le parole dell’economista americano Paul Rommer: “A crisis is a terrible thing to waste”. I periodi di crisi sono infatti momenti in cui molto viene rimesso in discussione ed è possibile gettare le basi per una nuova partenza. Del resto, come insegnano i bambini, quando si è a quattro zampe si è nella posizione migliore per rialzarsi.

L’Ocse di recente si è fatto portatore di un’idea di sviluppo che è contenuta nell’espressione “crescita verde”. Questa non è concepita come alternativa allo sviluppo sostenibile, ma dovrebbe piuttosto essere considerata come una specie di suo sottoinsieme. Come sottolinea l’Ocse, non esiste una ricetta universale per l’applicazione di strategie di crescita verde ma essa si basa sull’idea che gli aspetti di sviluppo sostenibile non devono essere considerati come complementari (o talvolta in antitesi) alle politiche di sviluppo economico ma come parte integrante di esse. In sostanza quello che viene proposto è una visione integrata delle due politiche.

Esempi di questa visione del mondo sono molteplici, ma forse quelli di più facile comprensione sono legati al mondo dell’energia. Lo sviluppo di tecnologie di efficienza energetica riduce il costo di produzione per le imprese e ne aumenta la competitività internazionale, riducendo allo stesso tempo le emissioni. Un altro esempio eclatante è costituito dalle tecnologie per la produzione di energie rinnovabili, settori su cui alcuni paesi hanno costruito un vero e proprio primato mondiale.

Tuttavia, al fine di sviluppare questi settori sono necessarie politiche di largo respiro e sagge. Proprio alcuni giorni fa (11 ottobre 2012) è stato discusso a Parigi, alla presenza del Ministro dell’Ambiente Corrado Clini, il rapporto Ocse sull’environmental performance dell’Italia. Una discussione che ha sottolineato i diversi meriti dell’Italia ma anche le aree in cui sono possibili ulteriori miglioramenti. In particolare si ricorda come l’imposizione fiscale sui carburanti sia molto elevata senza tuttavia riflettere il diverso contenuto di carbonio dei vari combustibili e producendo un prezzo non omogeneo la Co2. Anche il recente stralcio dal decreto di delega fiscale dell’articolo quattordici sulla fiscalità ambientale sicuramente non va in questa direzione.

E’ importante sottolineare come una fiscalità basata sul contenuto di emissioni nocive non significa nuove tasse ma muoversi verso la possibilità di ricalibrare quelle esistenti mantenendo stabile il gettito fiscale e contemporaneamente introducendo criteri che tengono conto dell’effetto dannoso dei diversi combustibili. Un processo sicuramente difficile in Italia, anche perché, applicando questi criteri, il diesel, fondamentale per il trasporto su gomma in un paese dove circa il 90% delle merci si sposta su strada, non avrebbe ragione di essere meno tassato.

Tuttavia non va sottovalutato come la nuova tassazione di emissioni di Nox e Sox in seguito all’introduzione di un’ECA (Area marittima ad emissioni controllate) nel mar Baltico ha spinto verso importanti innovazioni. Sono stati infatti ideati e prodotti motori per navi a basse emissioni che adesso, con la creazione di ECAs in altre aree (come lungo le coste USA o, in futuro, in alcune zone del Mediterraneo) sembrano trovare nuovi mercati. Non a caso Wärtsilä, un’azienda leader nel settore, ha avviato a Trieste un progetto di ricerca industriale con un gruppo d’imprese, di università e centri di ricerca che ha portato alla realizzazione del primo studio di fattibilità e di convenienza economica di un impianto a gas naturale liquefatto per una nave da carico di medie dimensioni a lungo raggio. E’ dunque possibile che con lo stralcio dell’articolo sull’imposizione di una fiscalità ambientale si sia commesso un errore?

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