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Credito alla rovescia: le banche non si fidano tra loro e si fanno prestare soldi dalle imprese

La stasi dell’interbancario e l’impennata dei Cds dimostrano che sul mercato del credito si riaccendono le tensioni. Con una novità: le grandi imprese, piene di liquidità ma incerte sull’opportunità di investire, prestano soldi alle banche anzichè riceverli

Il male oscuro delle banche continua a serpeggiare sui mercati finanziari e ad alimentare tensioni e incertezze. Non siamo certamente al collasso post-Lehman ma le banche hanno preso a diffidare le une delle altre. Il mercato interbancario è in netto rallentamento, lo spread tra tasso Euribor e tasso overnight si allarga, i depositi delle banche presso la Bce si ingrossano a vista d’occhio e i Cds s’impennano. Non siamo in una situazione d’allarme ma certamente il mercato del credito non è al meglio.
Una spia singolare delle anomalie del momento è l’ampliarsi di un fenomeno curioso e cioè del cosiddetto credito alla rovescia. Anzichè essere le banche a prestare soldi alle imprese per avviare investimenti, sta succendo il contrario. Le grandi ma anche medie imprese sono spesso piene di liquidità ma non si fidano in questo momento ad investire nè in operazioni industriali nè in titoli finanziari o in titoli di Stato e allora prestano soldi alle banche. Sia in Italia che in Europa  fenomeno sta crescendo. Le banche sono ben contente di approvvigionarsi attraverso i canali delle imprese alle quali offrono obbligazioni o depositi bancari a rendimenti competitivi. Una volta sul mercato c’era il cosiddetto tasso Fiat, ossia il tasso assai conveniente a cui le banche prestavano denaro alle imprese migliori. Adesso c’è ancora ma alla rovescia: è il tasso che le banche offrono ai clienti migliori sui loro depositi o sulle loro obbligazioni. Ognuno fa quel che crede e non stupisce che in queto momento le banche si facciano prestare soldi dalle imprese e che le imprese preferiscano investire nei depositi bancari. Non stupiamoci però se l’economia non cresce.

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