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Coronavirus, bar e ristoranti rischiano perdite per 4 miliardi

La crisi sanitaria sta mettendo in ginocchio l’intero settore della ristorazione italiana, che in condizioni normali fattura 86 miliardi e dà lavoro a 1,2 milioni di persone: “Rischiamo chiusure e licenziamenti”.

Ristoratori che dichiarano di far fatica a dormire. Locali che fanno fatica ad incassare 200 euro al giorno, con 25.000 euro di spese al mese da coprire (non differibili, per lo più stipendi dei dipendenti). Perdite per i prossimi tre mesi, secondo Confcommercio, stimate in 4 miliardi di euro. Questo è il quadro drammatico di bar e ristoranti italiani, travolti – soprattutto al Nord ma ora in tutto il Paese – dall’assenza di clienti (se non dalla chiusura forzata) a causa dei provvedimenti per contenere la diffusione del coronavirus, che in Italia al 10 marzo ha già contagiato oltre 10.000 persone e provocato 168 decessi.

Una situazione allarmante per la tenuta dell’intero settore: solitamente, o per meglio dire in condizioni normali, i 330mila ristoranti italiani fatturano 86 miliardi e danno lavoro a 1,2 milioni di persone. Il Governo ha dato l’ok al congelamento di mutui e scadenze fiscali e questa è una boccata di ossigeno, ma non basterà: “Nei primi dieci giorni di crisi, i ristoranti nelle aree esposte hanno perso 212 milioni – calcola Giancarlo Banchieri, numero uno Fiepet, organizzazione di settore di Confesercenti –. Ora serve l’ok alla cassa integrazione in deroga”.

L’allarme riguarda soprattutto i ristoranti, che lavorano di più la sera ma sono obbligati a chiudere alle 18, mentre un bar, seppur a regime ridotto, riesce quanto meno a rispettare l’orario di apertura diurno. Ecco perché sono scesi in campo anche i grandi chef, chiedendo chiarezza e regole uguali per tutti: “Meglio chiudere tutto per un periodo più limitato”, dice la lettera aperta dei Ristoratori responsabili milanesi (un elenco che – da Peck a Pont de Ferr – raccoglie molti nomi storici nomi della tavola lombarda).

Intanto, per fortuna, è arrivato per lo meno l’ok all’uso delle cucine per la consegna a domicilio dopo le 18: una soluzione che ammortizza la crisi e che consente a tutti i locali affiliati con le app del food delivery di cucinare per la consegna a domicilio, peraltro un business in grande espansione proprio in virtù dell’obbligo per i consumatori di restare il più possibile a casa. Ma secondo gli chef potrebbe non bastare nemmeno questo: “Rischiamo chiusure e licenziamenti di molti addetti”.

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