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Conte non ha ancora la maggioranza e Renzi medita l’astensione

In vista del voto di fiducia di lunedì e martedì in Parlamento, Conte cerca transfughi nell’Udc e in Italia Viva per mettere insieme una maggioranza che gli permetta di governare – Ma il problema è politico e non solo numerico – E Renzi, per svelare la fragilità dell’operazione “responsabili”, pensa all’astensione

Conte non ha ancora la maggioranza e Renzi medita l’astensione

Sarà un week end frenetico quello che comincia oggi e da cui dipenderanno le sorti del Governo su cui il Parlamento si pronuncerà tra lunedì e martedì. E’ un passaggio cruciale da dentro o fuori: per Conte e per Renzi.

Se il premier Giuseppe Conte vince in Parlamento, disarciona Renzi, resta in sella, governa e può cominciare ad organizzarsi per presentarsi alle elezioni al momento opportuno. Ma anche lui rischia tutto e per vincere deve trovare i numeri. Conte è alla ricerca di una maggioranza senza Italia Viva: operazione più agevole alla Camera che al Senato, dove – secondo le indiscrezioni di ieri sera – gli mancherebbero ancora 10 senatori rispetto al quorum dei 161 voti per avere la maggioranza assoluta a Palazzo Madama, anche se per ottenere la fiducia ne possono bastare di meno. Tanto più che nelle ultime ore ha preso corpo la controffensiva di Matteo Salvini, che sta cercando di catturare quattro senatori delusi dei Cinque Stelle.

Il premier cerca di sedurre soprattutto i senatori dell’Udc e di offrire una via d’uscita (cioè posti di governo, di sottogoverno e promesse di rielezioni) ai più dubbiosi tra i senatori renziani. Le prossime ore possono essere decisive ma tutto può ancora succedere, non esclusa una ricucitura in extremis tra Pd e Renzi che infatti, per mettere a nudo la debolezza dell’operazione contiana di ricerca dei cosiddetti “responsabili” (che qualcuno chiama però nuovi Scilipoti) e per tenere unito il suo gruppo, medita una mossa spiazzante e cioè l’astensione sul Governo al momento del voto in Parlamento.

Sia come sia, dopo lo strappo di Renzi con l’uscita dal Governo e le durissime accuse di “inaffidabilità” che gli hanno rivolto non solo Conte ma soprattutto il Pd e i Cinque Stelle, l’ora della ragione sembra cominciare a farsi largo. E sembra soprattutto far capire a tutti – perfino a chi nel Pd, come il vicesegretario Andrea Orlando è ossessionato dal livore verso Renzi – che il problema vero non è mettere insieme una maggioranza raccogliticcia ed eterogenea al Senato ma trovare una maggioranza solida che sia realmente in grado di governare per tutta la legislatura. Ecco perchè, dopo la rabbia della prima ora, di Renzi si può dire tutto ma non che i suoi rilievi sul Recovery Fund, sul Mes e sulla necessità di riprendere con forza il cammino delle riforme, come l’Europa ci chiede, non abbiano un fondamento.

L’altro giorno lo ha scritto su Facebook un personaggio politico lontano da Renzi come l’ex leader socialista Claudio Martelli e chissà che le sue parole non siano arrivate anche alle orecchie di un socialista renziano titubante come Riccardo Nencini. E oggi lo dice con ancora maggior chiarezza un finanziere innovativo e lontanissimo dalla politica come Gianni Tamburi, il fondatore e numero uno di Tip, che nell’intervista rilasciata a FIRSTonline, avverte il Governo che bisogna saper spendere con cognizione di causa i miliardi del Recovery Fund e che su questo “Renzi non ha una ma mille ragioni: è un fatto oggettivo che lui ha dato una grossa mano negli ultimi mesi per evitare che tutto finisca in spesa corrente o reddito di cittadinanza per malavitosi”.

Vedremo nel week end ma soprattutto tra lunedì e martedì alle Camere se il tempo avrà portato consiglio o se lo scontro Conte-Renzi sarà senza ritorno.

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