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Consulentia, Mifid 2: tutti i dubbi di Foti, Molesini e Doris

La nuova direttiva europea al centro dell’appuntamento romano di Consulentia: per Foti (Finecobank), Doris (Banca Mediolanum) e Molesini (Fideuram) l’approccio della Mifid 2 è sbagliato ma va raccolta la sfida della trasparenza nella consulenza finanziaria a vantaggio del risparmiatore

Più trasparenza per i risparmiatori, ma anche commissioni più difficili da giustificare senza adeguate performance. La direttiva Mifid 2 (Markets in Financial Instruments Directive), che entrerà in vigore con l’inizio del 2018, promette di modificare in maniera radicale il settore della consulenza finanziaria. “L’approccio della direttiva europea è sbagliato, ma dobbiamo abbracciarlo con un approccio lungimirante”, sostiene tra gli altri Alessandro Foti, amministratore delegato di FinecoBank, in occasione dell’evento Consulentia 2017, in corso all’Auditorium di Roma e che vede la partecipazione di 2.600 protagonisti del risparmio gestito.

“Un’industria che è arrivata a valere 450 miliardi di euro – ricorda ancora Foti –, approfittando delle risposte non adeguate del sistema bancario, soprattutto in tema di trasparenza e di consulenza”. La trasparenza è al centro della riforma della consulenza finanziaria voluta dall’Europa: sono previsti più vasti e penetranti obblighi informativi in capo all’intermediario; ci sarà una netta distinzione tra servizi di investimento a valore aggiunto (consulenza e gestione individuale del portafoglio) e servizi esecutivi (collocamento, ricezione e trasmissione di ordini) svolti dagli intermediari; viene introdotta la possibilità per gli intermediari di nominare agenti collegati.

Ma soprattutto, ed è questo che non convince la platea di relatori all’Auditorium di Roma, da Foti all’ad di Banca Mediolanum Massimo Doris, all’ad di Fideuram Paolo Molesini, la consulenza verrà a partire dal 2018 nettamente distinta tra indipendente e non indipendente. “Continueremo a puntare sulla consulenza non indipendente, quella indipendente introdotta dal legislatore europeo è un’etichetta”, dichiarano all’unisono gli ospiti di Consulentia.

I maggiori cambiamenti riguarderanno dunque l’ambito remunerativo a seguito dell’introduzione della consulenza su base indipendente pagata esclusivamente a parcella dal cliente (fee-only), sul modello anglosassone, a fianco di quella non indipendente, pagata tramite commissioni caricate sul prodotto, come avviene attualmente nella stragrande maggioranza dei casi. Anche per quest’ultima, comunque, il livello qualitativo del servizio dovrà necessariamente alzarsi corredandolo di servizi finanziari e di servizi che abbiano valenza su tutto il patrimonio del cliente, oltre che di maggiori indicazioni sui costi.

“La trasparenza va bene – spiega ancora Foti di FinecoBank -, può essere un valore aggiunto per allargare il numero di clienti, ma è ovvio che la prima reazione a un intervento del genere è negativa, poiché l’inquadramento di attività sotto forma di consulenza indipendente può ridurre i margini di guadagno”. La ratio della riforma è di andare verso una consulenza priva di conflitti di interesse, con costi già stabiliti, evitando che vengano proposti prodotti caratterizzati da una struttura di costi espliciti e impliciti che viene solo parzialmente spiegata al cliente (ma talvolta occultata) per ovvi motivi di vendita. Come attrezzarsi dunque?

Con una maggiore trasparenza sui costi, secondo Raimondo Marcialis di MC Advisory, ”il rischio è che il cliente possa rifiutarsi di pagare non trovando il servizio adeguato e gli operatori potrebbero perdere quote di mercato rispetto ai competitor. Questo implica la necessità di formare ulteriormente il personale e di adeguare la qualità del servizio, con ulteriori spese”. “La nuova normativa ribadisce alcuni principi in cui ci riconosciamo completamente, come il valore dell’assistenza continuativa nel tempo (ben diversa dalla pratica di movimentare il portafoglio del cliente per generare commissioni) e la condanna di forme di pricing opache”, commenta invece Antonello Piancastelli, condirettore generale di Fideuram, la rete del gruppo Intesa Sanpaolo. Un’evoluzione dell’approccio che inevitabilmente inciderà sugli equilibri tra case prodotto, distribuzione e clienti, secondo traiettorie difficili da stimare oggi.

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