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Chimica: export +9%, Italia terza in Europa

Il comparto si conferma il terzo settore di esportazione dopo meccanica e mezzi di trasporto – Le prospettive per il biennio 2018-19 restano positive, ma attenzione alle insolvenze: la pressione fiscale ammonta al 64% del totale prezzo di vendita

Chimica: export +9%, Italia terza in Europa

L’industria chimica è tra i settori dell’economia italiana che meglio hanno saputo resistere e reinventarsi dopo la crisi del 2008, uscendo in molti casi persino rafforzata dalla competizione internazionale. SACE, infatti, sottolinea come il nostro Paese sia il terzo produttore chimico europeo dopo Germania e Francia, mentre il comparto si conferma il terzo settore di esportazione dopo meccanica e mezzi di trasporto e il quarto per incremento della quota settoriale sul valore aggiunto dell’industria italiana (+0,6 punti percentuali tra il 2007 e il 2015).

L’industria nazionale si regge ormai da diversi anni sulle PMI, dove il numero medio di addetti per impresa è 2.415. L’approccio di reti d’impresa, a dispetto delle piccole dimensioni, risulta competitivo di fronte alle sfide internazionali: il settore italiano dei grandi contrattisti fa leva su posizioni di avanguardia tecnologica e qualità di produzioni ad alta specializzazione. Ecco allora che il biennio 2018-19 viene visto con ottimismo, in particolare sui mercati esteri: Medio Oriente, Asia e Africa Subsahariana sono le aree in cui la fiducia sulla crescita è più sentita.

Atradius aggiunge che nel corso del 2017 la produzione del comparto chimico italiano è aumentata del 3,5%, raggiungendo i 55 miliardi di euro. Le esportazioni, che rappresentano il 55% delle entrate totali, sono cresciute del 9%, mentre la domanda interna è aumentata e si è espansa in tutti i segmenti di clientela, ad eccezione dei beni di consumo, in particolare quelli durevoli.

Nel complesso, le prospettive per il 2018 da poco trascorso rimangono per il momento positive, nonostante un rallentamento registrato all’inizio dello scorso anno, quando nel primo trimestre la produzione chimica italiana è cresciuta solo dell’1,5% al di sotto della media europea (+1,9%). Gli analisti riconducono questo rallentamento all’aumento dell’incertezza politica interna e internazionale: nonostante ciò, il livello dei ritardi nei pagamenti e le insolvenze sono bassi e questo dovrebbe rimanere generalmente invariato nella seconda metà del 2018.

Le previsioni offerte dagli analisti parlano di interessanti opportunità per nuovi investimenti in USA e Canada, grazie al basso costo del feedstock (shale gas e derivati), in molti Paesi del Medio Oriente, Russia e mercati CSI, Nord Africa (Egitto e Algeria) e Asia (India, Thailandia, Malaysia, Indonesia e Vietnam), grazie al traino dello sviluppo demografico. Senza dimenticare partner europei come Belgio, Francia e Polonia. Tra le imprese del settore sta si diffondendo sempre più la consapevolezza che l’approccio delle reti d’impresa risulti vincente di fronte alla competizione internazionale, in particolare dall’Estremo Oriente. In questo scenario diventa allora essenziale investire in innovazione per mantenere alta la competitività e fare attenzione alle tematiche ambientali.

Allo stesso tempo si prevede un aumento delle insolvenze nel segmento dei grossisti di petrolio e carburante, a causa di bassa redditività e pesante tassazione: l’IVA è pari al 22% e, insieme ad altre accise sui carburanti, la pressione fiscale ammonta al 64% del totale prezzo di vendita. I reati fiscali dovuti all’importazione di carburante da mercati illegali per evitare la tassazione sono in aumento. Ecco allora che, rispetto ai produttori, i grossisti di prodotti chimici e farmaceutici presentano generalmente una minore solvibilità e rischi di indebitamento più elevati per finanziare le proprie esigenze di capitale circolante: inoltre, dato il forte legame con la spesa sanitaria pubblica, rischiano di soffrire sia la lunga attesa per il pagamento da parte degli enti pubblici sia i margini ridotti di profitto.

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