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Casta e lobby: il populismo non paga

Sono due facce della stessa medaglia: la casta e la lobby anti liberalizzazioni – E il medaglione è costituito dall’eccessiva (e spesso sgangherata) invadenza dello Stato i tutti i settori dell’economia – Puntare il dito contro i tassisti o i farmacisti? E’ solo una parte marginale del poroblema e del buo funzionamento della concorrenza

Casta e lobby: il populismo non paga

Ieri sera La7 ha dedicato almeno quattro ore di trasmissione per parlare dei privilegi della “casta” e questa mattina i giornali sono pieni di articoli che evidenziano la sconfitta del Governo Monti sulle liberalizzazioni di taxi e farmacie. L’impressione è che troppo spesso si scada nel populismo, che si ecciti la rabbia della gente su obiettivi tutto sommato secondari (e peraltro non ben esaminati nella loro sostanza tecnica), distraendo l’attenzione dalle vere questioni di fondo che frenano l’economia e che ci hanno condotto sull’orlo del baratro.

Casta e lobby anti liberalizzazioni sono due facce della stessa medaglia. E il medaglione è costituito dall’eccessiva, e spesso sgangherata, invadenza dello Stato in tutti i settori della vita economica, nell’enorme ed inefficiente intermediazione di denaro pubblico operata dalla politica, nella gestione clientelare delle lobby e degli affari. Ridurre le polemiche sulla casta agli stipendi o ai rimborsi spese dei parlamentari o dei consiglieri regionali è fuorviante oltre che penoso. L’eccitazione plebea verso tutti coloro che hanno redditi alti, ritenuti evasori fiscali se nel settore privato o spregevoli profittatori se nel settore pubblico, porta a fare processi sommari in piazza, ma non ci fa fare un passo avanti sul risanamento del nostro sistema economico.

Puntare il dito contro gli odiati tassisti o gli antipatici farmacisti (a proposito, come mai questa volta ci siamo dimenticati dei notai?) è solo una parte marginale del problema delle liberalizzazioni e del buon funzionamento della concorrenza. Infatti il problema principale sta ancora una volta nel settore pubblico e nelle migliaia di imprese da esso controllate che operano con regimi di favore e che scaricano i loro maggiori costi sui cittadini direttamente o tramite la tassazione. Si prenda ad esempio il settore dei trasporti regionali divisi in oltre 150 aziende piccole e per lo più occupate da politici trombati o da famigli dei politici in carica. Il Governo ha aumentato la benzina per finanziare queste aziende ed il rinnovo dei mezzi che sono i più vecchi d’Europa. Perchè non ha condizionato l’elargizione di questi fondi ad una riorganizzazione del settore con drastica riduzione del numero delle aziende al fine di conseguire risparmi dei costi e maggiore razionalità nella gestione delle reti? Ed invece la corporazione sindacale che fa? Un bello sciopero generale per reclamare il contratto infischiandosene dell’efficienza. Anche Catricalà, che pure dovrebbe essere un esperto, ha sbagliato ad imbarcare il Governo in misure su taxi, farmacie ed edicole, che, ammesso che possano portare davvero benefici ai cittadini, sono poco più che simboliche rispetto alla necessità di eliminare i troppi Ghino di Tacco che taglieggianno i consumatori italiani.

Il primo problema che abbiamo infatti, è il costo del settore pubblico e delle aziende che controlla. Il caso Finmeccanica è ancora lì fresco fresco a dimostrare che tipi di intrecci esistono tra aziende pubbliche e loro protettori politici. E così i recenti arresti del vice presidente dell’Assemblea regionale lombarda e di vari consiglieri in Calabria, Sicilia e tante altre amministrazioni. Per chi fa politica, insomma, non è tanto lo stipendio che conta, ma gli affari che riesce a promuovere o i benefici che può ricavare dalla protezione di questa o quella lobby. Si mantenga allora uno stipendio più che dignitoso ai parlamentari ma se ne riduca il numero, si aboliscano le Province, si accorpino i Comuni e soprattutto si obblighi tutte le amministrazioni a vendere le società che controllano, rafforzando ovviamente i poteri di indirizzo e controllo che devono rimanere in capo all’autorità politica. Solo così si potrà aprire il mercato ad una più ampia concorrenza, fare gli investimenti necessari in tante infrastrutture a cominciare dagli acquedotti, con effettive riduzioni del costo di tali servizi.

Eliminare alcuni assurdi privilegi dei parlamentari come il cosiddetto vitalizio, è sacrosanto. Ma non è con misure di questo tipo che risolveremo i problemi della mancata crescita. Oggi Lega e gran parte del Pdl si lamentano della manovra del Governo Monti perchè è sbilanciata dal lato delle tasse. Dimenticano che questo è il prezzo che gli italiani devono pagare perchè il loro Governo non è riuscito negli ultimi tre anni a tagliare l’eccesso di spesa pubblica. Propongano ora tagli, privatizzazioni e liberalizzazioni che possano consentire rapidamente una riduzione del carico fiscale su cittadini ed imprese favorendo così una vera ripresa dell’economia.

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