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Camere di commercio, è spending review

Le Camere di commercio sono pronte ad un percorso di riforma che prevede l’accorpamento di Camere e aziende speciali, il taglio dei consiglieri, la razionalizzazione e i tagli di spese: il comunicato di Unioncamere.

Camere di commercio, è spending review

Una profonda razionalizzazione del Sistema camerale italiano che preveda, fra l’altro, accorpamenti di Camere di commercio ed aziende speciali, l’introduzione di costi standard (in grado da soli di portare risparmi a regime pari a 300 milioni di euro), la riduzione del numero dei consiglieri. Questa in sintesi la proposta avanzata dal Presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, in occasione dell’audizione di Unioncamere svoltasi ieri davanti alla I Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati sul cosiddetto “Decreto P.A.”.

“Lo Stato” ha ricordato Dardanello “assegna alle Camere di commercio una serie crescente di compiti che vanno dalla tenuta del Registro delle imprese a quelli dei protesti e dei gestori ambientali, al rilascio di firma digitale e delle carte tachigrafiche, alla gestione di oltre 3200 Suap (Sportello unico per le attività produttive) su delega dei comuni, alla gestione delle Borse merci, alla metrologia, alla sicurezza dei prodotti, alla ricezione delle domande per marchi e brevetti, allo sviluppo delle infrastrutture locali, al supporto per l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese ed altro ancora. Senza contare che la legge di stabilità per il 2014 impegna le Camere di commercio a finanziare i Confidi per almeno 70 milioni l’anno per il prossimo triennio. A ciò va aggiunto che le Camere versano al bilancio dello Stato circa 80 milioni annui fra risparmi di spesa ed imposte e che sostengono direttamente le spese delle attività sanzionatorie delegate dallo Stato (circa 15 milioni di euro annui)”.

Nel corso dell’audizione, il Presidente di Unioncamere ha segnalato ai parlamentari, fra l’altro, gli effetti negativi sul Pil e sull’occupazione della proposta di taglio del 50% del diritto versato dalle aziende per l’iscrizione al Registro delle imprese. Se la norma introdotta con il decreto non verrà modificata in Parlamento, infatti, a fronte di un risparmio pari a circa 5 euro al mese per impresa, al netto delle tasse, l’effetto recessivo conseguente alla riduzione dei finanziamenti diretti delle Camere di commercio alle aziende e al territorio nel 2015 potrebbe valere 2,5 miliardi in meno di Pil.

Sul fronte occupazionale, Unioncamere ha poi sottolineato che “tra personale pubblico a tempo indeterminato delle Camere di commercio e personale con contratto privatistico di aziende speciali, Unioni regionali e società di sistema si determinerebbe un potenziale esubero di personale pari a circa 2.600 unità”, almeno metà delle quali dovrebbe essere riallocata con oneri a carico dello Stato, come fatto in altre occasioni per realtà simili.

In considerazione di tali effetti, Unioncamere ha proposto di rendere graduale, e quindi sostenibile per le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura d’Italia la riduzione delle entrate dal diritto annuale. La gradualità, ha spiegato Ferruccio Dardanello, consentirebbe di realizzare “l’imminente riorganizzazione dell’intero sistema camerale che potrà così giungere, nell’arco di tre anni, al risultato atteso del dimezzamento del diritto annuale dovuto dalle imprese” (corrispondente a circa 63 euro per impresa in media all’anno).

Nel corso dell’audizione, il Presidente Dardanello ha inoltre ricordato le numerose testimonianze a sostegno dell’azione delle Camere di commercio inviate da diverse centinaia di imprese all’attenzione del Governo nel corso del sondaggio avviato dall’esecutivo in vista della riforma della Pubblica Amministrazione.

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