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BORSE CHIUSURA 10 GENNAIO – Powell non svela le prossime scelte Fed e i mercati restano in stand-by

Parlando a Stoccolma il presidente della Federal Reserve non entra nel merito delle prossime mosse sui tassi e i mercati respirano – Euro ai massimi da 7 mesi sul dollaro

BORSE CHIUSURA 10 GENNAIO – Powell non svela le prossime scelte Fed e i mercati restano in stand-by

Il presidente della Fed Jerome Powell si tiene lontano dai guai, delude falchi e colombe parlando a Stoccolma, e lascia i mercati in stallo, in attesa dei dati sull’inflazione Usa di giovedì.

I listini europei chiudono così una seduta poco mossa, in cui prevalgono le prese di beneficio dopo la corsa di inizio anno. La foto finale vede Piazza Affari praticamente piatta (-0,08%) a 25.364 punti base, preceduta da Madrid +0,24%. Sono più arretrate Parigi -0,55%, Amsterdam -0,43%, Londra -0,4%, Francoforte -0,15%.

L’andamento non è molto diverso a Wall Street, che si viaggia al momento intorno alla parità.

Il dollaro è in parziale ripresa contro le altre valute, ma l’euro regge il confronto e tratta sui livelli di ieri intorno a 1,073.

La linea è quasi piatta per il petrolio, mentre le vendite colpiscono i T-Bond, che mostrano prezzi in calo e rendimenti in rialzo (3,62% il decennale). A pesare sui titoli di Stato statunitensi non sono tanto le parole di Powell di oggi, quanto le opinioni espresse ieri da alcuni funzionari della Fed, secondo cui i tassi, che al momento sono al 4,25%-4,5% saliranno gradualmente al 5%-5,25% quest’anno e a quel livello rimarranno “per un po’ di tempo”.

Powell: la stabilità dei prezzi è fondamentale

“La stabilità dei prezzi è il fondamento di un’economia in salute e garantisce benefici incommensurabili nel tempo”, ha detto oggi il presidente della Federal Reserve Jerome Powell intervenendo a un evento della Banca centrale svedese. La Fed è “fortemente concentrata” sull’obiettivo di riportare l’inflazione sotto controllo, anche se le misure adottate, vale a dire i rialzi dei tassi, “potrebbero essere impopolari” e potrebbero “alimentare l’opposizione politica”. Proprio per questo la banca centrale non è soggetta al controllo della politica. La sua indipendenza è sacra, così come la sua missione; perciò, la banca centrale Usa non diventerà nemmeno un decisore politico sul clima.

Temi interessanti e che segnano una differenza con l’atteggiamento della Bce sulla questione climatica, ma che ben poco dicono sul ritmo e i tempi di un rialzo dei tassi quest’anno e sulla mossa attesa nella prossima riunione del 31 gennaio-primo di febbraio.   

Secondo Reuters al momento i mercati stimano un picco dei tassi al di sotto del 5% entro metà anno, poi una discesa di mezzo punto entro dicembre. Uno scenario diverso da quello ipotizzato ieri Raphael Bostic e Mary Daly, rispettivamente a capo della Fed di Atlanta e della Fed di San Francisco (entrambi quest’anno non votano nel Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed), che ipotizzano tassi oltre il 5% e a lungo. Per Bostic però la Fed potrà allentare il ritmo dei rialzi, se il dato di giovedì sui prezzi al consumo mostrerà un rallentamento.

La sindrome di Stoccolma avrebbe potuto colpire invece i mercati europei e i titoli di Stato della zona euro, dopo le parole di Isabel Schnabel, del Comitato esecutivo della Bce, che ha partecipato in Svezia al medesimo evento di Powell. Per Schnabel i tassi d’interesse nell’area euro devono ancora salire “significativamente” portando le condizioni finanziarie verso livelli restrittivi, perché “l’inflazione non scenderà da sola”. Un atteggiamento aggressivo, in un contesto in cui la banca mondiale rivede in forte ribasso le previsioni sulla crescita globale 2023, tagliandole a +1,7% da +3% di giugno scorso, a causa della persistente inflazione, dell’aumento dei tassi di interesse e degli effetti della guerra in Ucraina. Il rallentamento economico sarà significativo negli Usa e in Europa la crescita risulterà addirittura nulla.

A livello di blocco invece il commissario europeo per gli Affari economici, Paolo Gentiloni, ha detto che la contrazione prevista nel quarto trimestre del 2022 e nel primo trimestre di quest’anno sarà inferiore alle precedenti proiezioni.

Spread in calo

I titoli di Stato dell’area euro hanno affrontato l’insieme delle dichiarazioni odierne e le previsioni dell’organismo internazionale con grande aplomb. 

La carta italiana chiude in verde, con lo spread che arretra a 190 punti base (-3,92%). Salgono leggermente i rendimenti: quello del Btp 10 anni in chiusura è indicato a +4,19% (da 4,18% di ieri) e quello del Bund di pari durata a 2,3% (da 2,21%).

Piazza Affari: bene Fineco, Poste e Stellantis

Sul Ftse Mib i maggiori rialzi oggi sono per il risparmio gestito, con Finecobank +1,17% e Poste +1,17%.

Nell’automotive si mette in luce Stellantis +0,77%, che è stata inserita da Equita nella lista delle azioni preferite 2023. Il broker ha confermato la raccomandazione “Buy”. Si conferma in denaro Iveco +0,87%, scende invece Ferrari -1,16%.

Tra le banche sono in evidenza Intesa +0,97% e Bper +0,81%, mentre Mps (-3,56%) paga pegno ai realizzi dopo il balzo a due cifre di ieri.

Rialza la testa Generali +0,87% e c’è stato qualche spunto sulle utility con A2a +0,72% e Snam +0,65%, ma Enel perde l’1,12%.

La lista dei “cattivi” parte da Moncler -1,48%, Arretrano Campari -1,28% e Prysmian -1,26%.

Fuori dal paniere principale non si ferma la corsa di Saes Getters, dopo l’annuncio di un accordo vincolante per la cessione del business del Nitinol alla società Usa Resonetics per un prezzo di 900 milioni di dollari, pari a circa due volte la capitalizzazione di mercato. Le azioni ordinarie segnano +9,71% e le risparmio +12,73%.

Infine, si apprezza Saras +3,24%. La società ieri sera ha annunciato che la raffineria Isab a Priolo di proprietà Lukoil sarà ceduta a Goi Energy e la vendita, secondo fonti stampa, vale 1,5 miliardi di euro.

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