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Bonus anziani 850 euro: a chi spetta, requisiti e come funziona

Il bonus anziani da 850 euro arriverà nel 2025 ma non sarà per tutti. Ecco tutto ciò che c’è da sapere sulla misura, non mancano le critiche

Bonus anziani 850 euro: a chi spetta, requisiti e come funziona

Via libera al Bonus anziani da 850 euro. L’ok è arrivato ieri dal Consiglio dei ministri con il via libera al decreto attuativo che contiene importanti novità nel campo dell’assistenza agli anziani bisognosi. Di seguito, a chi spetta il bonus, come funziona, da dove arrivano i fondi e cos’è il rischio revoca.

Bonus anziani 850 euro, a chi spetta? Ecco i requisiti

Ci sono condizioni e requisiti per poter beneficiare del bonus, condizioni che potranno anche essere ulteriormente ristrette poiché la misura sarà graduata in base al bisogno e inizialmente rivolta agli anziani con gravi condizioni di salute e difficoltà economiche.

La prestazione universale sarà destinata agli anziani non autosufficienti, con specifici requisiti di accesso. Come spiega il Sole 24 Ore, potranno ricevere il bonus anziani di 850 euro al momento solo circa 25.000 persone, già titolari dell’indennità di accompagnamento, di almeno 70 anni età e con un bisogno assistenziale “gravissimo”. A queste condizioni si aggiunge anche quella di avere un Isee inferiore a 6.000 euro. L’erogazione sarà gestita dall’Inps, previa verifica dei requisiti. L’assegno sarà mensile ed esente da tassazione.

La richiesta del nuovo assegno universale dovrà essere effettuata online, tramite il sito dell’Inps o attraverso i patronati. La misura mira a potenziare progressivamente le prestazioni assistenziali per sostenere anziani non autosufficienti nel mantenimento della loro domiciliarità e nell’ottenimento di un maggiore livello di autonomia personale.

Bonus anziani 850 euro, come funziona e quando arriva

La principale novità del decreto attuativo approvato ieri dal cdm è proprio il “bonus anziani” di 850 euro che andrà a sommarsi all’indennità di accompagnamento (531,76 euro) ed è destinato a circa 25.000 persone non autosufficienti, almeno ottantenni e con un bisogno assistenziale “grave”. Questa misura, prevista dalla legge-quadro 33/2023 del Pnrr, risponde alle gravi carenze nell’assistenza agli anziani in Italia. La “prestazione universale” garantirà un sostegno economico significativo, portando il totale mensile a circa 1.380 euro.

Ma il bonus anziani non arriverà subito. La sperimentazione della misura inizierà nel gennaio 2025 e terminerà nel dicembre 2026. Questo periodo di due anni vedrà l’utilizzo di un budget di 500 milioni di euro, con 250 milioni allocati annualmente per la sperimentazione, recuperato dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali dopo uno scontro con il Mef.

Bonus anziani 850 euro: rischio revoca

Come stabilito dal decreto attuativo, l’assegno mensile di 850 euro può essere revocato se non viene utilizzato per pagare il lavoro di cura e assistenza fornito da “badanti” o per acquistare assistenza da imprese di servizi. Anche in caso di revoca, l’indennità di accompagnamento rimarrà comunque garantita.

Bonus anziani: da dove arrivano i fondi

Il governo ha stanziato oltre un miliardo di euro per avviare la riforma dell’assistenza agli anziani, riconoscendo che queste risorse rappresentano solo un primo passo. I finanziamenti provengono principalmente dal Pnrr, con fondi provenienti dalle Missioni 5 e 6. Inoltre, sono previsti stanziamenti dalla legge di bilancio per il reclutamento di personale aggiuntivo e per potenziare l’assistenza territoriale, con 250 milioni nel 2025 e 350 milioni a partire dal 2026.

Il finanziamento della misura avviene attraverso la riallocazione di risorse provenienti da fondi e programmi già attivi. In particolare, vengono destinati 150 milioni dal Fondo non autosufficienze, 250 milioni dal Programma nazionale “Inclusione e lotta alla povertà 2021-2027” e ulteriori 100 milioni dalla Missione 5 del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Bonus anziani 850 euro: le critiche e il nodo dei 70 anni

Il ridisegno della prestazione universale, proposto dal decreto, ha suscitato critiche da parte delle Regioni, delle associazioni e delle commissioni parlamentari. Questo perché il provvedimento sembra interpretare in modo restrittivo le disposizioni della legge 33, che non stabiliva una platea definita in termini di età o di Isee e prevedeva una “prestazione graduata in base al bisogno assistenziale, erogabile a scelta del beneficiario sotto forma di trasferimento monetario o di servizi alla persona”.

Inoltre, la soglia minima dei 70 anni per accedere a tutte le prestazioni sanitarie e sociosanitarie nei Punti unici di accesso (Pua), come stabilito dal decreto, ha sollevato preoccupazioni. Questa decisione, presa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, rischia di escludere una categoria di persone tra i 65 e i 69 anni, che potrebbero rimanere prive dei livelli essenziali di assistenza e delle prestazioni sociali (Lea e Lips).

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