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Bitcoin e criptovalute, ecco che cosa pensa il Nobel Paul Krugman

Sul New York Times Paul Krugman non nasconde tutto il suo scetticismo sulle criptovalute che gli ricordano in qualche modo lo schema Ponzi attraverso cui Madoff truffò per anni gli investitori

Bitcoin e criptovalute, ecco che cosa pensa il Nobel Paul Krugman

A proposito di Krugman

Sul fatto che Paul Krugman sia uno dei maggiori esperti di cose economiche del nostro tempo, c’è poco da discutere. Su uno scaffale della sua abitazione a Princeton c’è la targa che attesta il premio Nobel per l’economia. Il “New York Times” ogni settimana gli riserva uno spazio generoso. I suoi articoli vengono offerti anche in mandarino e in spagnolo. Ma c’è qualcosa…

Come diceva il mio amico Gerald Goodman, matematico del caos, “C’è qualcosa che non mi convince nel Jazz inglese”. E sicuramente c’è anche in Krugman.

Mi sembra che le sue posizioni politiche offuschino talvolta il suo pensiero scientifico. Un atteggiamento quasi quasi sovietico. Ad esempio, trovo veramente esagerata la sua quasi maniacale ossessione per Trump e per la deriva populista del Partito repubblicano, fatti che possono preoccupare ma che succedono in una democrazia bipolare che soffre una crisi di legittimità.

Un certo accecamento

Alla fine succede che a forza di combattere all’arma bianca i componenti di un sistema o gli inquilini una istituzione, si finisce per fare a brandelli anche l’istituzione e il sistema stessi.

Krugman, e anche altri editorialisti del “New York Times” (soprattutto la componente femminile), sono accecati dal trumpismo e, come Polifemo, scagliano massi a casaccio. Qualcuno colpisce, come il fuoco amico, l’obiettivo sbagliato.

È un accecamento che mi ricorda quello di certi editorialisti e intellettuali italiani nei confronti di Silvio Berlusconi. Già Luigi Zingales, proprio sul “New York Times”, aveva avvertito i liberal e i democratici d’America a non cadere nei confronti di Trump nello stesso errore dei loro colleghi italiani di fronte a Berlusconi. Parole al vento.

Adesso Krugman stravede per Joe Biden, che sta facendo senz’altro bene, anche se Larry Summers sembra avere qualche dubbio in proposito. Speriamo che sia Summers a sbagliarsi specialmente sull’inflazione, della quale nessuno sente il bisogno.

La narrativa delle criptovalute

Sul tema scottante delle criptovalute, Krugman ha scritto una delle cose più chiare — anche se parzialmente condivisibili — che abbia letto ultimamente.

Per la sua estensione e per le sue ramificazioni, il fenomeno delle criptovalute e della blockchain, che ciclicamente torna in auge, è qualcosa di davvero difficile da comprendere: troppe le sue implicazioni e applicazioni. È come se, in un romanzo di Dostoevsky, si perdesse il filo (magari perché lo perde l’autore stesso…).

Questo può essere il bello nella lettura di Dostoevsky, ma non credo che lo sia nella narrativa della criptovalute. Le critpovalute, che potrebbero rivoluzionare il mondo del danaro, si fanno comprendere fino a un certo punto, poi entrano in una sorta di brughiera dei Baskerville, lì “affondano” e vengono perdute di vista.

Lo stesso Krugman sostiene che esista molta ottusità intorno a questo argomento tanto da intitolare il suo intervento sul “New York Times” che ora vi proponiamo: Technobabble, Libertarian Derp and Bitcoin. Per leggerlo dovrete investire appena cinque minuti.

Un’ultima cosa: spesso Krugman si sbaglia, anche se non lo ammetterà mai.

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Tecno supercazzole, sciocchezze libertarie e Bitcoin

di Paul Krugman

La storia finora…

Alcuni lettori mi hanno chiesto di intervenire su Bitcoin e altre criptovalute, le cui fluttuazioni hanno dominato recentemente le notizie dai mercati finanziari. “Ti dispiace dirci di che si tratta e che cosa stia succedendo?”

Beh, posso dirvi di cosa si tratti. Cosa stia accadendo è, invece, più difficile da spiegare.

La storia finora: Bitcoin, la prima e più nota criptovaluta, è stata introdotta nel 2009.

Utilizza una chiave crittografica, simile a quelle usate in codici difficili da decifrare – da qui quel “cripto” iniziale – per stabilire le catene di proprietà in token (pacchetti di informazioni) che danno diritto ai loro attuali possessori di essere… beh, proprietari di quei token. E oggi usiamo Bitcoin per comprare case e auto, pagare le bollette, fare investimenti commerciali e altro ancora.

Se 12 anni vi sembran pochi

Alt! Alt! In realtà non facciamo nessuna di queste cose. A distanza di dodici anni, le criptovalute non giocano quasi alcun ruolo nella normale attività economica. Abbiamo sentito parlare del loro utilizzo come mezzo di pagamento – in aggiunta al trading speculativo – quasi unicamente in associazione a determinate attività illegali, come il riciclaggio di denaro o, anche, il riscatto in Bitcoin pagato agli hacker per sbloccare il Colonial Pipeline.

Dodici anni sono un eone nel campo dell’informatica. Anche Venmo, che posso usare per pagare il conto del ristorante, comprare frutta fresca al chiosco sotto casa e molto altro, è stato introdotto nel 2009.

Apple ha presentato la sua prima generazione di iPad nel 2010. Zoom è entrato in uso nel 2012. Quando una tecnologia diventa âgée come quella delle criptovalute, ci aspettiamo che sia diventata parte del tessuto della vita quotidiana o che sia tramontata.

Che senso ha questa tecnologia?

Se le persone normali e rispettose della legge non usano le criptovalute, non è per mancanza di sforzi in questo senso da parte dei loro inventori e sostenitori. Sono state spese, e ben pagate, molte ore di lavoro per cercare di sviluppare una “killer app”, che riuscisse finalmente a introdurre nel nostro uso quotidiano Bitcoin, Ethereum o qualche altra valuta o piattaforma.

Ho partecipato a numerosi incontri con appassionati di criptovalute e/o di blockchain, per comprendere il concetto che ne è alla base. In questi incontri io, ma anche altri, abbiamo chiesto sempre, nel modo più educato possibile: “Quale problema risolve questa tecnologia? Cosa fa che altre tecnologie, molto più economiche e facili da usare, non possono fare altrettanto bene o meglio?”

Non ho ancora avuto una risposta chiara e soddisfacente.

Forse un senso ce l’ha

Eppure gli investitori continuano a pagare somme enormi per i token digitali. I valori delle principali criptovalute fluttuano selvaggiamente – Bitcoin scende il 30% al mattino per po recuperare la maggior parte delle perdite nel pomeriggio. Singolare, no?

Il valore complessivo ha, tuttavia, a volte superato i 2 trilioni di dollari, più della metà del valore di tutta la proprietà intellettuale posseduta dalle imprese americane.

Perché esistono persone disposte a pagare somme ingenti per beni che non sembrano generare ricchezza? La risposta, ovviamente, è che i prezzi di questi beni continuano a salire, così che i primi investitori hanno fatto un sacco di soldi e il loro successo continua ad attirare nuovi investitori.

Uno schema Ponzi?

Tutto questo potrebbe ricordarvi una bolla speculativa, o forse uno schema Ponzi – le bolle speculative sono, in effetti, schemi Ponzi naturali. Ma uno schema Ponzi potrebbe davvero andare avanti così a lungo?

Effettivamente, sì: Bernie Madoff ha portato avanti la sua truffa per quasi due decenni, e avrebbe potuto continuare ancora più a lungo se la crisi finanziaria non fosse intervenuta.

Ora, uno schema Ponzi di lunga durata richiede una narrazione – e la narrazione è il genere nel quale le criptovalute eccellono davvero.

In primo luogo, i sostenitori delle criptovalute sono molto bravi nelle tecno-supercazzole: usano una terminologia arcana per convincere se stessi e gli altri che stanno offrendo una nuova tecnologia rivoluzionaria, anche se la blockchain è ormai piuttosto vecchia per gli standard informatici e non si è ancora espressa in un qualche uso convincente.

Una ciarla libertaria

In secondo luogo, c’è un forte elemento di ciarla libertaria. Si tratta di affermazioni del tipo che la moneta fiat, cioè il denaro emesso dal governo non coperto da riserve, crollerà da un giorno all’altro. È vero: la Gran Bretagna, la cui moneta era ancora in corso l’ultima volta che ho controllato, è uscita dal gold standard 90 anni fa.

Ma chi ne tiene il conto?

Dato tutto quanto precede, le criptovalute sono prima o poi destinate a un crollo? Non necessariamente. Un fatto che fa riflettere anche gli scettici delle criptovalute come me è la costanza con cui l’oro continua a essere un bene molto apprezzato.

L’analogia con l’oro

L’oro, dopo tutto, soffre praticamente degli stessi problemi del Bitcoin. Si può pensare che sia denaro, ma gli manca qualsiasi attributo per essere una valuta utile: non lo si può usare per fare transazioni (provate a comprare un’auto nuova con lingotti d’oro) e il suo potere d’acquisto è estremamente instabile.

Così, quando John Maynard Keynes definì il gold standard una barbarous relic (barbara reliquia) nel lontano 1924, non aveva torto. Ma la mistica del metallo, e la sua valutazione, continuano a vivere. È concepibile che una o due criptovalute raggiungano in qualche modo una simile longevità?

…fino a un certo punto

Forse no. Per prima cosa, i governi sono ben consapevoli del fatto che le criptovalute sono utilizzate da pessimi attori. I governi potrebbero allora prendere, sulle criptovalute, dei  provvedimenti che, per ampiezza e profondità, non hanno mai preso prima sul commercio dell’oro.

Inoltre, la proliferazione delle criptovalute può impedire che una qualsiasi di esse raggiunga lo status semi-sacro che l’oro detiene nella mente di numerosissimi operatori finanziari.

La buona notizia è, infine, che nulla di tutto ciò ha molta importanza. Poiché i Bitcoin e i suoi parenti non sono riusciti a raggiungere alcun ruolo economico significativo, ciò che accade al loro valore è fondamentalmente irrilevante per quelli di noi che non partecipano al gioco delle criptovalute.

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Da: Paul Krugman, Technobabble, Libertarian Derp and Bitcoin, The New York Times, 20 maggio 2021

Paul Krugman, opinionista del “New York Times” dal 2000, è Distinguished Professor alla City University of New York Graduate Center. Ha vinto il Premio Nobel 2008 in Scienze Economiche per il suo lavoro sul commercio internazionale e la geografia economica. @PaulKrugman

One thought on “Bitcoin e criptovalute, ecco che cosa pensa il Nobel Paul Krugman

  1. paul krugman….non è lo stesso che nel 1998 isse che: “entro il 2005 sarebbe stato chiaro che l’effetto del web sull’economia mondiale non avrebbe superato quello avuto dal fax.” ?

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