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Bankitalia, il Pil rallenta in tutte le Regioni, ma non cresce il divario Nord-Sud. Giù anche investimenti e credito

Tiene il mercato del lavoro con l’occupazione che sale soprattutto al Centro Nord, ma al Mezzogiorno permane forza di lavoro inutilizzata. Il rapporto sull’economia nelle Regioni italiane di Bankitalia

Bankitalia, il Pil rallenta in tutte le Regioni, ma non cresce il divario Nord-Sud. Giù anche investimenti e credito

Nella prima metà del 2022 la crescita economica è rallentata in tutte le Regioni italiane, investimenti delle imprese in calo, contrazione dei crediti bancari, frenano i consumi ma tiene il mercato del lavoro, con l’occupazione che ha continuato ad aumentare anche se nel Mezzogiorno permane forza di lavoro inutilizzata. È la più reente fotografia scattata dalla Banca d’Italia nell’ultimo rapporto annuale “Economie regionali”.

Crescita economica

“Nel 2022 l’economia è cresciuta in misura significativa in tutte le macroaree, dopo l’eccezionale recupero del 2022”, segnala Bankitalia nel rapporto aggiungendo che “l’espansione è stata più forte nel Nord Est e al Centro. L’incremento del Pil è stato trainato dalle costruzioni, sostenute dagli incentivi all’edilizia residenziale, e dal terziario. Invece quello dell’industria, su cui hanno pesato maggiormente i rincari dei beni energetici, è stato positivo solo al Centro”.

Secondo l’indicatore trimestrale dell’economia regionale (ITER), nella prima metà del 2023 l’attività si è affievolita in tutte le aree, risentendo del rallentamento della domanda interna ed estera. Gli investimenti si sono indeboliti, anche se sostenuti dagli incentivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

L’occupazione

Nella prima metà dell’anno in corso l’occupazione, tornata già nel 2022 al di sopra dei livelli pre-Covid, è ulteriormente cresciuta, soprattutto al Centro Nord. “Nonostante il diffuso calo del tasso di disoccupazione, permangono ampi margini di forza lavoro inutilizzata, specialmente nelle regioni meridionali”, spiega Via Nazionale.

Per quanto riguarda la retribuzione, “debolmente positiva lo scorso anno, si è rafforzata durante il 2023, per effetto dei rinnovi contrattuali in alcuni comparti manifatturieri, maggiormente concentrati nelle regioni centro-settentrionali”, dice ancora lo studio.

L’inflazione, seppure in calo dall’inizio dell’anno, ha eroso il reddito disponibile delle famiglie, frenandone i consumi. La perdita di potere d’acquisto è stata più elevata per i nuclei con minore capacità di spesa, in particolare nel Nord Est e nelle Isole. I rincari hanno inoltre accresciuto il rischio di povertà energetica, una condizione più diffusa nel Sud e nelle Isole.

I prezzi delle case

Lo scorso anno la crescita dei prezzi delle abitazioni, soprattutto nelle aree settentrionali del Paese, ha sostenuto la ricchezza reale delle famiglie, mantenendosi però al di sotto dell’inflazione al consumo.

Nel primo semestre del 2023 i prezzi delle case hanno continuato ad aumentare nelle sole regioni settentrionali. Allo stesso tempo, il numero di transazioni immobiliari è sceso ovunque. Il flusso di nuovi mutui si è decisamente ridotto a seguito del rapido rialzo dei tassi di interesse e, in generale, dell’irrigidimento delle condizioni di offerta.

Le politiche pubbliche

Nel 2022 il conto economico delle Amministrazioni locali (Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni) ha registrato un incremento delle spese, trainate dalla componente sanitaria, di poco inferiore a quello delle entrate. Il saldo di bilancio è di conseguenza lievemente migliorato. Il debito degli enti in rapporto al Pil è leggermente diminuito, riflettendo la crescita del prodotto.

Alla spesa pubblica ordinaria si aggiungono le risorse delle politiche di coesione italiane ed europee, stanziate con l’obiettivo di ridurre i divari tra le aree del Paese. Sono stati previsti circa 140 miliardi di euro sia nel ciclo di programmazione 2014-2020 sia in quello 2021-27. Nell’ambito dei Fondi strutturali europei, le risorse a disposizione ammontavano a 65 miliardi nel primo ciclo (da spendere entro la fine dell’anno in corso) e a 73 nel secondo.

Le banche

Dalla fine del 2022 i prestiti bancari al settore privato non finanziario hanno rallentato, per poi contrarsi nella prima metà dell’anno in corso in tutte le aree ad eccezione del Mezzogiorno. I finanziamenti alle imprese si sono ridotti ovunque, soprattutto al Centro.

Il credito bancario alle imprese è calato e quello alle famiglie ha rallentato, in particolare al Centro Nord. 

Le banche sono diventate più selettive nella concessione dei prestiti: pesano l’indebolimento del quadro economico e il più alto costo della provvista. Il tasso di deterioramento del credito rimane ovunque su livelli ancora contenuti. Infine, per Via Nazionale gli investimenti pubblici sono cresciuti e sono destinati a irrobustirsi con la progressiva attuazione del Pnrr.

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