Condividi

Autonomia differenziata, Calderoli nei guai: Amato, Bassanini, Gallo e Pajno si dimettono dal comitato tecnico

I quattro esperti costituzionalisti e amministrativisi hanno deciso di lasciare il Comitato in dissenso sulla sostanza della riforma Calderoli: senza modifiche è anticostituzionale e aumenterà le disuguaglianze. Scontro sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Led)

Autonomia differenziata, Calderoli nei guai: Amato, Bassanini, Gallo e Pajno si dimettono dal comitato tecnico

Terremoto nel comitato tecnico per l’Autonomia differenziata. Con una lettera risalente allo scorso 26 giugno, Giuliano Amato, Franco Bassanini, Franco Gallo e Alessandro Pajno hanno annunciato le loro dimissioni dalla cosiddetta Commissione Cassese in dissenso sui meccanismi di determinazione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni.

Il comitato tecnico per l’Autonomia differenziata

Il Comitato per l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Clep) è stato istituito tre mesi fa per volontà del ministro Roberto Calderoli. Viene chiamato anche commissione Cassese proprio perché presieduto dall’ex ministro della Funzione pubblica e giudice della Corte Costituzionale Sabino Cassese. Si tratta di un organo tecnico formato da 61 esperti – figure istituzionali, docenti di diritto costituzionale ed economisti – che hanno il compito di supportare e accompagnare la riforma dell’Autonomia Differenziata.

“Il gruppo di esperti opererà in sinergia per individuare finalmente quei diritti civili e sociali che il cittadino italiano può pretendere dai vari soggetti costituenti la Repubblica italiana”, aveva spiegato a marzo Calderoli.

Le dimissioni di Amato, Bassanini, Gallo e Pajno: così la riforma è incostituzionale

In una lettera risalente al 26 giugno indirizzata al ministro Calderoli e a Sabino Cassese, i quattro esperti annunciano le loro dimissioni. I due ex presidenti della Corte costituzionale Giuliano Amato e Franco Gallo, l’ex ministro per la Funzione pubblica e gli affari regionali, Franco Bassanini, e l’ex presidente del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno, affermano di essere “costretti a prendere atto che non ci sono più le condizioni” per una loro partecipazione ai lavori del Comitato. In sostanza, affermano che la procedura seguita, che il ministro Calderoli si rifiuta di emendare – proponendo al Parlamento delle modifiche: comporterà l’aggravamento delle disuguaglianze territoriali nell’esercizio dei diritti costituzionali e seri problemi per la finanza pubblica, violando gli articoli 81, 117 e 119 della Costituzione. Un

Il motivo? Al centro di tutto ci sono proprio i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni considerati uno dei capisaldi della riforma sull’Autonomia differenziata che stabilisce che il trasferimento delle competenze alle Regioni avverrà soltanto dopo la determinazione di relativi fabbisogni e costi. 

Secondo i quattro costituzionalisti dimissionari, la loro definizione necessita di una “una valutazione complessiva dei Lep che il Paese è effettivamente in grado di finanziare, valutazione che non può essere fatta materia per materia, perché ci si troverebbe alla fine nella condizione di non potere finanziare i Lep necessari ad assicurare l’esercizio dei diritti civili e sociali nelle materie lasciate per ultime”. Tale valutazione, “spetta al Parlamento”, sottolineano, e “il ricorso al criterio della spesa storica peraltro non risolve il problema, perché la spesa storica riflette le disuguaglianze territoriali nel godimento dei diritti fondamentali”. Tutti problemi la cui risoluzione dovrebbe passare attraverso modifiche al disegno di legge firmato dal ministro Calderoli e approvato dal Consiglio dei Ministri.

Il testo integrale della lettera

Caro Ministro, caro Roberto,
Caro Presidente, caro Sabino,

Abbiamo apprezzato l’attenzione che avete dedicato ai nostri rilievi sui problemi di procedura e di merito che solleva l’attuazione dell’art. 116 della Costituzione in materia di autonomia differenziata così come disciplinato dalla legge di bilancio per il 2023. Abbiamo anche apprezzato, caro Ministro, alcune tue importanti affermazioni sull’oggetto dell’autonomia differenziata, in particolare allorchè hai condiviso durante il seminario di Astrid l’interpretazione per la quale le “forme e condizioni particolari di autonomia” da attribuire alle Regioni ex art. 116 riguardano specifici compiti e funzioni e non intere materie, e hai escluso trasferimenti di competenze in materia di norme generali sull’istruzione.

Abbiamo anche apprezzato il fatto che Sabino Cassese abbia proceduto nell’ambito del CLEP alla istituzione di un nuovo sottogruppo dedicato alla individuazione dei LEP nelle materie non ricomprese nel perimetro indicato dall’art. 116 terzo comma.

Restano però irrisolti alcuni problemi di fondo. Innanzitutto quelli che derivano dalla evidente contraddizione tra il primo periodo dell’art. 1 comma 791 della legge di bilancio per il 2023 e alcune disposizioni successive. Il primo periodo del comma 791, come ben sai, recita:

Ai fini della completa  attuazione  dell’articolo  116,  terzo comma,  della  Costituzione  e  del  pieno  superamento  dei   divari territoriali nel godimento delle prestazioni, il presente comma  e  i commi da  792  a  798  disciplinano  la  determinazione  dei  livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali che devono essere garantiti in  tutto  il  territorio  nazionale,  ai sensi  dell’articolo  117,   secondo   comma,   lettera   m),   della Costituzione, quale soglia di spesa costituzionalmente necessaria che costituisce nucleo invalicabile per erogare le prestazioni sociali di natura  fondamentale,  per  assicurare  uno   svolgimento   leale   e trasparente dei rapporti finanziari  tra  lo  Stato  e  le  autonomie territoriali […..] e  il  pieno superamento dei divari territoriali nel godimento  delle  prestazioni inerenti  ai  diritti  civili  e  sociali  e  quale  condizione   per l’attribuzione di ulteriori  funzioni.”  (evidenziazioni nostre)

Nel paper di Astrid, che tu ben conosci, abbiano esposto le ragioni per le quali riteniamo che questa disposizione della legge di bilancio interpreti correttamente il dettato costituzionale, quale si ricava degli artt. 116.3, 117.2, lett. m, e 119 della Costituzione. E che questo comporti inevitabilmente, prima della attribuzione di nuove specifici compiti e funzioni ad alcune Regioni con le corrispondenti risorse finanziarie, la determinazione di tutti i LEP attinenti all’esercizio di diritti civili e sociali e la definizione del loro finanziamento, secondo i principi e le procedure dell’art. 119 della Costituzione. Essendo le risorse disponibili determinate dai vincoli di bilancio (imposti dall’art. 81 della Costituzione), è evidente che la determinazione dei LEP richiederà una valutazione complessiva dei LEP che il Paese è effettivamente in grado di finanziare, valutazione che non può essere fatta materia per materia, perché ci si troverebbe alla fine nella condizione di non potere finanziare i LEP necessari ad assicurare l’esercizio dei diritti civili e sociali nelle materie lasciate per ultime. Tale valutazione spetta al Parlamento come risulta evidente non solo per il dettato dell’art. 117.2 (competenza legislativa esclusiva), ma anche perché spettano al Parlamento le scelte fondamentali sulla allocazione delle risorse pubbliche. Il ricorso al criterio della spesa storica peraltro non risolve il problema, perché la spesa storica riflette le disuguaglianze territoriali nel godimento dei diritti fondamentali che l’art. 117, lett m, mira a superare. In sostanza, la spesa storica rischia di cristallizzare le disuguaglianze, che è l’opposto di quanto la Costituzione e il comma 791 vogliono fare.

L’istituzione del nuovo sottogruppo inteso alla individuazione dei LEP nelle materie non ricomprese nel perimetro dell’art. 116 è un passo avanti, ma non risolve il problema. Da una parte infatti, nell’impostazione che è stata data ai lavori del CLEP (con il nostro dissenso), si tratta soltanto, per questo sottogruppo come per gli altri, di fare una mera opera di ricognizione dei LEP già rinvenibili nella legislazione esistente, non di proporre alla cabina di regia (ma tramite essa inevitabilmente alla valutazione del Parlamento: riserva di legge), i nuovi LEP necessari per assicurare effettivamente il superamento delle disuguaglianze territoriali nell’esercizio dei diritti civili e sociali. Vi sono infatti materie nelle quali il legislatore non ha mai proceduto a determinare LEP e molte altre nelle quali questa determinazione è stata parziale. E non è mai stato fatto il lavoro di comparazione complessiva dei LEP con le risorse finanziarie, volta a definire quali livelli essenziali effettivamente sono assicurabili a tutti, senza discriminare nessuno o creare insostenibili oneri per la finanza pubblica.

D’altra parte, è del tutto evidente che quest’ultimo sottogruppo non sarà in grado di ricevere da tutte le P.A. interessate gli elementi necessari per presentare le sue proposte entro i termini molto brevi stabiliti dalla legge di bilancio per il 2023; termini ancor più inadeguati se si considera che la determinazione dei nuovi LEP spetta inevitabilmente al Parlamento, e che questa determinazione dovrebbe comportare quel complesso lavoro di comparazione dei LEP tra di loro e dei LEP con le risorse finanziarie disponibili di cui si è detto.

Come avevamo proposto, la contraddizione fra il dettato costituzionale (116, 117 e 119) e il primo periodo del comma 791, da un lato, e le altre disposizioni della legge di bilancio, dall’altro, si potrebbe risolvere modificando queste ultime mediante appositi emendamenti al disegno di legge Calderoli, facendo così correttamente prevalere le norme costituzionali. Ma abbiamo inteso che questa proposta non è condivisa né da te, né da Sabino Cassese. Non è stata parimenti condivisa la nostra proposta di consentire al Parlamento, nel corso dell’esame del disegno di legge Calderoli, di definire preventivamente alcuni limiti alla negoziazione delle intese, da intendersi come contenuti non negoziabili, quali per esempio le norme generali sull’istruzione o le grandi infrastrutture nazionali di trasporto (autostrade, ferrovie, grandi porti e aeroporti), le reti di telecomunicazione e le infrastrutture nazionali di trasporto e distribuzione dell’energia elettrica e del gas.

Analoga pregiudizialità, come abbiamo dimostrato nel paper, riguarda la attuazione dell’art. 119 della Costituzione. E’ vero che l’art. 116 condiziona l’autonomia differenziata al solo rispetto dei principi dell’art. 119. Ma finchè non sono stati determinati tutti i LEP, e non sono stati ridefiniti, in relazione ai loro costi standard, gli strumenti e i modi per assicurare a tutte le Regioni una effettiva autonomia tributaria che consenta loro di finanziare integralmente i LEP medesimi, la effettiva portata di quei principi resta indeterminata e indeterminabile.

Per tutte queste ragioni, che qui abbiamo solo sinteticamente riassunto (intelligenti pauca), siamo costretti a prendere atto che non ci sono le condizioni per una nostra partecipazione ai lavori del CLEP.

Vogliamo però assicurarvi che restiamo pienamente consapevoli dell’importanza che avrebbe per il Paese una completa e corretta attuazione delle disposizioni costituzionali ricordate, a partire dalla completa determinazione dei LEP necessari per assicurare in tutto il territorio nazionale l’esercizio dei diritti civili e sociali superando disuguaglianze consolidate nel tempo ma non per ciò meno inaccettabili e meno incostituzionali. Non faremo mancare dunque il nostro apporto – personale e tramite le ricerche e proposte di Astrid – perché questo obiettivo sia raggiunto. Già abbiamo avviato un lavoro di analisi e predisposizione di proposte per la piena e corretta attuazione delle disposizioni dell’art. 119 della Costituzione, in modo da coniugare il finanziamento integrale delle funzioni attribuite alle Regioni e agli enti locali (a partire dal finanziamento dei LEP), l’autonomia tributaria delle Regioni (con la riattivazione del circuito della responsabilità tra prelievo e spesa), l’equilibrio della finanza pubblica (art. 81 Cost.) e il superamento dei divari e delle disuguaglianze tra i territori. Non faremo neppure mancare, più in generale, il nostro contributo al dibattito pubblico su tutti questi problemi, decisivi per il futuro del nostro Paese. E continueremo a sperare che nel corso dei prossimi mesi maturi un ripensamento tale da riportare il percorso di attuazione dell’autonomia regionale differenziata nei binari definiti dalla Costituzione.

Con i saluti più cordiali

Lettera di dimissioni inviata al ministro Calderoli e al presidente Cassese il 26 giugno 2023

Commenta