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Autonomia differenziata: Bankitalia affossa il progetto Calderoli. Troppe incognite, esiti incerti

In una memoria depositata in Parlamento, la Banca d’Italia punta il dito su tre temi: servono esame costi/benefici per materia, valutazione periodica compartecipazione Regioni e procedure obbligatorie di verifica. Altrimenti, avverte, gli esiti sarebbero incerti

Autonomia differenziata: Bankitalia affossa il progetto Calderoli. Troppe incognite, esiti incerti

La riforma dell’autonomia differenziata pur contribuendo a fornire una cornice più ordinata e coerente al processo, trascura alcuni “aspetti rilevanti”. Lo dice la Banca d’Italia, in una sua memoria depositata in Parlamento, nella quale indica tre punti chiave del provvedimento che avrebbero necessità di una diversa impostazione, altrimenti “vi sarebbe il rischio di innescare processi difficilmente reversibili e dagli esiti incerti”. Innanzitutto, dice via Nazionale, serve un esame puntuale, per singola materia, dei costi e dei benefici del trasferimento di funzioni, poi serve una valutazione periodica delle aliquote di compartecipazione delle Regioni e infine servono procedure obbligatorie di verifica della spesa sostenuta e delle prestazioni erogate da tutte le Regioni. La riforma firmata dal ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli, all’esame della commissione Affari costituzionali del Senato, è per un percorso di decentramento di diverse competenze (salute, lavoro, ambiente e istruzione) oggi attribuite alla potestà concorrente tra Stato e territorio.

Una cornice ci vuole, ma si rischiano processi irreversibili ed esiti incerti

Da una parte, dice Banca d’Italia, è vero che in mancanza della cornice che il Ddl potrebbe costruire, il processo di autonomia differenziata “rimarrebbe affidato alla contrattazione bilaterale tra lo Stato e ciascuna Regione richiedente, senza alcuna garanzia che l’esito sia efficiente ed equo”.
Tuttavia, considerate tutte le variabili macro in essere (mutamenti di ampia portata nell’economia globale, condizioni finanziarie diventate meno favorevoli ai paesi ad alto debito pubblico e – all’interno del Paese – da ampi ritardi accumulati da alcune regioni) occorre muoversi con molta attenzione e “la necessaria gradualità”. Altrimenti, “vi sarebbe il rischio di innescare processi difficilmente reversibili e dagli esiti incerti”.

Per il trasferimento di funzioni bisogna conoscere costi e benefici

In primo luogo, osserva via Nazionale, l’attuazione dell’autonomia differenziata non deve mettere a repentaglio l’efficienza del sistema produttivo e la sua capacità competitiva. E’ vero che ci potrebbero essere vantaggi derivanti dallo stimolo a una maggiore concorrenza tra le varie aree del Paese. Tuttavia questi “devono essere superiori ai costi impliciti di una marcata differenziazione normativa”. E via Nazionale offre un suggerimento: mettere a punto un’istruttoria per singola materia (ed eventualmente per specifiche funzioni all’interno della materia considerata), che “documenti i benefici e i costi dell’eventuale trasferimento di funzioni”.

Regole per la revisione periodica della compartecipazione

Posto che bisogna preservare gli equilibri di finanza pubblica e assicurare che l’intero Paese contribuisca al consolidamento dei conti, dice via Nazionale, bisogna “garantire nel medio periodo l’allineamento fra le risorse erariali assegnate alle Regioni ad autonomia differenziata (RAD) e l’evoluzione dei fabbisogni di spesa nelle funzioni trasferite. In che modo? Stabilendo delle regole per la revisione periodica delle aliquote di compartecipazione.

L’esempio delle Regioni a Statuto Speciale

Banca d’Italia suggerisce per esempio di valutare di introdurre dei meccanismi di corresponsabilizzazione finanziaria simili a quelli attualmente applicati alle Regioni a Statuto Speciale (RSS). Anche queste ultime infatti beneficiano di un sistema di compartecipazioni ad aliquote fisse ai tributi erariali, ma i singoli statuti (approvati con legge costituzionale) prevedono espressamente che le disposizioni finanziarie possano essere modificate con legge ordinaria. Le RAD avrebbero comunque la possibilità di trattenere le risorse derivanti da una spesa effettiva inferiore ai fabbisogni standard riconosciuti per le funzioni LEP (i livelli essenziali delle prestazioni), e tali risorse potrebbero essere utilizzate per incrementare il livello delle prestazioni o per ridurre il prelievo locale. Analogamente, una spesa eventualmente superiore ai fabbisogni LEP dovrebbe essere finanziata autonomamente, attraverso un inasprimento dei tributi locali o facendo ricorso alle risorse destinate al funzionamento delle funzioni non assistite.

Le procedure obbligatorie di verifica

Per garantire trasparenza e rendicontazione, rileva ancora Bankitalia, “andrebbero stabilite delle procedure obbligatorie di verifica della spesa sostenuta e delle prestazioni erogate da tutte le Regioni – in modo simile a quanto avviene per la sanità – con il coinvolgimento di organismi tecnici. Invece il Ddl prevede che il monitoraggio sia facoltativo, basato su intese intercorrenti tra rappresentanti del governo centrale e della Regione interessata, che ne definiscono anche le modalità operative. Inoltre andrebbe anche valutato in modo rigoroso, a scadenze regolari, l’impatto sul Paese nel suo complesso”.

La riorganizzazione fiscale: trovare un raccordo tra gli enti

L’autonomia differenziata, rileva infatti Via Nazionale, “non dovrebbe ostacolare la coerenza dell’ordinamento tributario e dovrebbe preservare gli incentivi alla responsabilità finanziaria degli enti”.
Ciò richiederebbe di procedere in modo sistematico e ordinato, dando dapprima attuazione al federalismo simmetrico. Successivamente si può raccordare il sistema di finanziamento delle RAD tramite compartecipazioni ad aliquota fissa con i canali ordinari di finanziamento delle funzioni già di competenza delle Regioni. Questi ultimi dovrebbero fare leva su tributi regionali con adeguati margini di manovra da parte degli enti.
Invece l’attuazione della delega fiscale non sembra andare in questa direzione, poiché prevede la graduale abolizione dell’Irap e la sostituzione dell’addizionale regionale all’Irpef con una sovraimposta erariale. L’attuazione del federalismo simmetrico implicherebbe peraltro l’attivazione del fondo perequativo, necessario per contenere i rischi di ampliamento dei divari territoriali nella tutela dei diritti civili e sociali.

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