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Assolombarda: nelle PMI solo 3 su 5 hanno competenze manageriali adeguate. Ecco le figure professionali introvabili

Solo 3 PMI su 5 hanno competenze manageriali adeguate e appena il 9% un buon livello di abilità digitali. La lista delle figure professionali introvabili. Poggio: “Occorrono programmi di formazione costruiti sulle esigenze e sui fabbisogni delle aziende, per sostenere i loro business e innescare valore”. Gerardini: “La managerializzazione rappresenta una sfida necessaria e non più rinviabile”

Assolombarda: nelle PMI solo 3 su 5 hanno competenze manageriali adeguate. Ecco le figure professionali introvabili

Sostenere la crescita della cultura manageriale nelle piccole e medie imprese di Milano, Monza e Brianza, Pavia e Lodi al fine di favorire la loro competitività a livello globale. È l’obiettivo della ricercaCompetenze manageriali per la resilienza delle PMI”: uno studio promosso da Assolombarda, ALDAI-Federmanager e Fondirigenti e realizzato da École (Enti confindustriali lombardi per l’education). La ricerca si è concentrata sull’individuazione dei fabbisogni formativi delle PMI, con particolare attenzione alle competenze considerate essenziali per lo sviluppo del proprio business. Inoltre, è stato posto un focus sulle figure professionali di più difficile reperimento nel mercato del lavoro. Per ottenere una panoramica completa della situazione attuale, è stata condotta un’indagine sul campo che ha coinvolto interviste con imprenditori e responsabili delle risorse umane e della formazione.

Delineare le esigenze formative e lo sviluppo delle risorse umane all’interno delle PMI

I risultati della ricerca hanno confermato che il digitale e la sostenibilità sono i due principali asset strategici che le imprese devono sviluppare per migliorare la propria competitività a cui va aggiunta una terza transizione, la managerialità. Le competenze manageriali sono fondamentali e necessarie per gestire e accompagnare queste trasformazioni. Le abilità manageriali, in quest’ottica, sono considerate una leva strategica per accompagnare la “twin transition”: gestione del cambiamento, leadership, lavoro di squadra e coinvolgimento dei collaboratori costituiscono gli strumenti per radicare nell’organizzazione le novità legate all’introduzione delle variabili “blue & green”.

Investire nello sviluppo delle competenze manageriali è, sempre di più, un fattore strategico per la competitività, in uno scenario economico caratterizzato da crescente complessità – ha dichiarato la vicepresidente di Assolombarda con delega a Università, Ricerca e Capitale Umano, Monica Poggio -. E lo è a maggior ragione per le PMI, realtà in cui si riscontrano, ancora oggi, livelli di managerialità non adeguati: la loro capacità di essere resilienti ai cambiamenti transita anche attraverso la crescita delle competenze degli imprenditori e delle figure direttive. Occorrono, dunque, programmi di formazione e di sviluppo manageriale, costruiti sulle esigenze e sui fabbisogni specifici delle PMI, in grado di sostenere il business e di innescare processi che apportino valore a tutta l’organizzazione aziendale. La formazione più ‘tradizionale’, in tal senso, deve essere affiancata da modelli innovativi in una logica di supporto consulenziale al management dell’impresa”.

Competenze manageriali importanti per affrontare le prossime sfide

Quello che emerge dalla ricerca è che le competenze manageriali sono considerate l’aspetto più rilevante tra gli intervistati, ma le PMI ritengono che quelle attualmente possedute siano solo parzialmente adeguate per affrontare le sfide competitive. La visione strategica, la gestione e lo sviluppo dei collaboratori, l’analisi dei big data e la cybersecurity sono alcune delle competenze ritenute cruciali. Pertanto, la formazione svolge un ruolo fondamentale come abilitatore delle grandi trasformazioni del tessuto produttivo.

“Le imprese, soprattutto le PMI, sono oggi chiamate ad accogliere l’improcrastinabile sfida delle competenze. La ricerca dimostra, d’altra parte, che le organizzazioni, per funzionare e competere meglio, devono diventare sempre meno ‘centralizzate’. Hanno, inoltre, più bisogno di persone preparate e in grado di utilizzare strumenti innovativi e di far propri nuovi metodi capaci di supportare le proprie decisioni. In quest’ottica, la managerializzazione rappresenta un orizzonte necessario: essa deve partire dall’imprenditore con azioni finalizzate a rafforzare le competenze in termini di strategia e di direzione per promuovere un approccio resiliente nel contesto della difficile congiuntura economica che stiamo vivendo. Si tratta di un percorso che, come Associazione, abbiamo intrapreso grazie all’impegno del nostro gruppo di lavoro dedicato. L’obiettivo è quello di sensibilizzare le PMI sulla necessità di irrobustire la governance, anche per porre le basi per il passaggio generazionale, favorendo la continuità aziendale” ha dichiarato il presidente della Piccola Industria di Assolombarda, Paolo Gerardini.

Le criticità per le PMI

Tuttavia, le PMI affrontano diverse criticità legate alle loro caratteristiche strutturali, come la limitata managerializzazione, la ridotta disponibilità di risorse finanziarie e le difficoltà nell’attrarre talenti. Questi elementi rendono complessa l’implementazione del cambiamento, anche se necessario. Ad esempio, solo il 9% delle PMI possiede un livello adeguato di competenze digitali, e gli ostacoli percepiti includono i costi dell’acquisizione di nuove tecnologie, la difficoltà di programmare la formazione dei dipendenti e una minore propensione all’innovazione.

Le note positive

Dallo studio emergono alcune buone pratiche ricorrenti. Tra queste, vi è l’inserimento dei nuovi assunti per blocchi, ovvero la costituzione di gruppi generazionali per semplificare il monitoraggio della loro crescita nel tempo, la pianificazione di attività di onboarding e training on the job per valutare l’efficacia dell’accompagnamento e le sessioni formative promosse da colleghi esperti. In alcune PMI si sta adottando un modello virtuoso di analisi dei fabbisogni di formazione, che parte da una raccolta di informazioni dal basso e viene poi integrato nell’area delle risorse umane e nelle strategie aziendali complessive. Tuttavia, la ricerca evidenzia la necessità di consolidare tale modello, considerando che la funzione delle risorse umane nelle PMI spesso è presente in modo minimale.

Le figure professionali più ricercate

La ricerca ha focalizzato l’attenzione sulle figure professionali più difficili da trovare sul mercato del lavoro. Nell’area tecnico-produttiva, sono emerse difficoltà nell’individuazione di profili tradizionali e specializzati (tecnici di produzione, operai specializzati, manutentori, installatori, tornitori, saldatori, operatori di macchine CNC) ma anche di professionisti specializzati (ingegneri, progettisti e disegnatori meccanici, ingegneri e progettisti elettrici) e manager (responsabili logistica, acquisti e supply-chain, manager di produzione e capi stabilimento, responsabili di R&S e di programmazione della produzione). Nell’area commerciale, si riscontra una maggiore difficoltà nella ricerca di professionisti in grado di integrare aspetti tecnici e commerciali (‘venditori tecnici’, esperti di assistenza tecnico-commerciale) oltre che area manager, product e marketing manager, business development manager mentre nell’area informatico-digitale mancano esperti di software, sistemisti, programmatori, web designer ma anche esperti di automazione, additive manufacturing, IoT, digital twin, cyber security, data science & analysis, machine learning.

Per far fronte alle proprie esigenze, le PMI hanno intrapreso un percorso volto a radicarsi sul territorio e a costruire relazioni durature con istituzioni educative. In questo modo, si cerca di ridurre il divario tra domanda e offerta di lavoro e competenze. La maggior parte delle aziende intervistate ha consolidato contatti solidi con scuole professionali, istituti tecnici e università per individuare i profili professionali necessari al proprio settore di attività.

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