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Ania, il dg Garonna: 200 mld investiti in titoli di Stato, il 75% italiani. Ma il Fisco ci penalizza

In Italia le assicurazioni sono tra i principali investitori istituzionali. “Il settore ha un ampio potenziale di sviluppo – spiega il dg Paolo Garonna alla commissione Finanze del Senato – ma è penalizzato da alcune decisioni di politica fiscale: le assicurazioni italiane sono svantaggiate rispetto alle concorrenti estere perchè le imposte sono più alte”

In un momento di crisi come l’attuale, con le Borse che infilano segni negativi uno dietro l’altro e con i nostri titoli di Stato che non reggono il confronto con i Bund tedeschi, dal settore delle assicurazioni arrivano messaggi incoraggianti: in Italia le assicurazioni sono tra i principali investitori istituzionali, raccolgono flussi che vengono indirizzati su impieghi a lungo termini e dunque governo e aziende possono accedere a risorse per investimenti e crescita. E’ il quadro delineato dal direttore generale dell’Ania, Paolo Garonna, sentito in commissione Finanze del Senato sulla delega al governo per la riforma fiscale. Il settore – ha aggiunto – ha un ampio potenziale di sviluppo, ma e’ penalizzato – si e’ lamentato – da alcune decisioni di politica fiscale.

“Il totale dell’attivo delle assicurazioni è pari a oltre 500 miliardi, la gran parte dei quali investiti a sostegno delle nostre imprese. Circa 200 miliardi sono investiti in titoli di Stato, di cui il 75% sono italiani”, ha puntualizzato Garonna. “Le imprese di assicurazione raccoglievano alla fine del 2010 il 12% del totale del risparmio finanziario delle famiglie italiane” e convogliano una parte importante dei flussi di risparmio “verso impieghi tipicamente a lungo termine. I governi e le aziende possono accedere a risorse indispensabili per finanziare investimenti per la crescita e per l’innovazione”.

Garonna ha poi sottolineato che rispetto ai vicini Paesi europei, le assicurazioni italiane dispongono ancora di un notevole potenziale di sviluppo. Ma – ha lamentato – “ci sono forti vincoli alla loro crescita”, caratterizzati dalle sfavorevoli politiche fiscali che penalizzano il settore rispetto ai competitor esteri. “Anzichè incoraggiare l’investimento in sicurezza e prevenzione, le assicurazioni italiane sono svantaggiate rispetto alle concorrenti estere perchè da noi le imposte sul reddito delle imprese e quelle sui premi pagate dagli assicurati sono strutturalmente più elevate. Questo scoraggia gli investimenti”. Nel dettaglio: “Le riserve vita e danni sono state assoggettate a un prestito forzoso, che non ha eguale negli altri paesi” e inoltre con l’entrata in vigore del federalismo, “è aumentata in moltissime provincie l’imposta sui premi rc-auto. L’aliquota Irap è stata aumentata di due punti percentuali rispetto a quella delle altre imprese”. E dunque “porre in condizioni di parità dal punto di vista del fisco gli assicuratori italiani con quelli degli altri Paesi può contribuire in maniera significativa al riequilibrio strutturale del sistema fiscale e, per tale via, al rilancio della crescita dell’economia italiana”.

Garonna ha quindi auspicato una rapida approvazione della delega, ben prima del termine fissato per  settembre dell’anno prossimo, e che con essa siano sottoposte a revisione anche le norme che disciplinano sotto il profilo fiscale la contribuzione alle forme pensionistiche complementari e ai fondi sanitari integrativi. Perche’- ha spiegato il direttore generale dell’Ania – la delega interviene su fisco e assistenza: “sono proprio questi i fronti che potrebbero consentire di recuperare in tempi rapidi la credibilità e la fiducia dei mercati finanziari sulla nostra capacità di onorare gli impegni presi con l’Europa e gli investitori”. Secondo l’Ania, in particolare, la contribuzione alle forme pensionistiche complementari e ai fondi sanitari integrativi “andrebbero ulteriormente agevolati a vantaggio dei cittadini e dei lavoratori: ogni disincentivo al ricorso a queste forme di previdenza e assistenza integrativa – ha detto Garonna – finirebbe inevitabilmente per esercitare forti pressioni sulla spesa pubblica”.

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