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Allarme Financial Times: possibile nuova austerity per l’Italia

Il quotidiano britannico pubblica un documento riservato della Commissione Europea in cui si legge che “il Governo italiano dovrebbe essere pronto a evitare ogni ritardo nell’esecuzione delle misure e intraprendere ulteriori azioni se necessario” – Passera: “Basta austerity, ora serve la crescita”.

Allarme Financial Times: possibile nuova austerity per l’Italia

Il fantasma di nuove misure d’austerità si affaccia, ancora una volta, sul panorama italiano, proprio nel momento in cui le manovre di risanamento adottate con il decreto Salva-Italia iniziano a pungere la carne viva di contribuenti, consumatori, produttori.

Un documento riservato della Commissione Europea, pubblicato dal Financial Times, riporta in auge la saga di incoraggiamenti e tiratine d’orecchie che il nostro Paese ha già subìto a partire dalla scorsa estate, periodo in cui la deflagrazione della crisi del debito generava quei processi di spinte esterne al risanamento dei conti culminate nella lettera della Bce, recapitata all’allora Premier Silvio Berlusconi.

Per ora, fortunatamente, non si tratta di nulla di simile: il documento trapelato dagli uffici di Bruxelles ufficializza quanto già era noto, ovvero che nonostante le riforme strutturali adottate da Mario Monti, permane una situazione di tensione finanziaria che ha finora oscurato l’efficacia delle azioni intraprese.

Secondo la Commissione, le riforme del governo tecnico (per 100 miliardi di euro, il 7% del Pil) hanno permesso al paese “di riguadagnarsi la fiducia dei mercati ed ora (l’Italia) è in rotta verso l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013, dopo aver segnato un deficit pari al 3,9% del Pil nel 2011”.

Agli elogi, nel documento intitolato “La situazione di bilancio in Italia”, segue subito un aspro monito che contrasta in modo preoccupante con le fiduciose dichiarazioni di Monti dall’estremo Oriente: “Gli sforzi dell’Italia per raggiungere gli obiettivi di bilancio potrebbero essere messi a rischio da prospettive deprimenti per quanto riguarda la crescita e da tassi d’interesse relativamente alti”.

Nel rapporto si legge che “il Governo dovrebbe essere pronto a evitare ogni ritardo nell’esecuzione delle misure e intraprendere ulteriori azioni se necessario“.

Un’ipotesi subito smentita da Corrado Passera: “Con l’austerità non si cresce – ha replicato stamattina il ministro dello Sviluppo economico -. Al contrario, dobbiamo mettere in moto tutte quelle operazioni sia di tipo orizzontale (innovazione, internazionalizzazione, credito ed energia) sia settore per settore per fare in modo che oltre ad aver messo in ordine i conti ci sia anche crescita di un’economia, ma soprattutto dell’occupazione”.

Ma se l’Esecutivo dei professori ha in parte appianato le asperità della vita politica facendo leva su quello che in molti hanno definito il “linguaggio della verità”, oggi sembra che siano i mercati finanziari e le istituzioni sovranazionali a costringere il Governo a una maggiore prudenza.

Tali condizioni sono, ormai, conoscenza acquisita: il rallentamento dell’economia cinese, il lumeggiare di una nuova, imminente crisi finanziaria in Spagna e le dichiarazioni rilasciate dal premier greco Papademos al Sole 24 Ore (che aprono all’ipotesi di un terzo pacchetto di salvataggio in futuro), oltre al quadro macroeconomico continentale in peggioramento costante, sono tutti fattori che spiegano i dubbi di Bruxelles sull’efficacia delle manovre montiane: al di là dell’importanza strutturale e dell’impatto che le stesse hanno sul regime delle finanze pubbliche, lo spread non è ancora calato a sufficienza, la liquidità messa a disposizione dai rifinanziamenti della Bce non fluisce con facilità nei mercati interbancari, le imprese continuano a boccheggiare in assenza di un flusso di finanziamenti costante.

Il Premier, certamente, non gradirà affatto le valutazioni espresse dalla Commissione. E’ appena tornato da una lunga “tourné promozionale” in Asia, durante la quale ha replicato con successo l’esperienza statunitense di un mese e mezzo fa. Ha, apparentemente con successo, persuaso gli investitori esteri a invertire il flusso degli investimenti tornando a scommettere sul titolo Italia, proprio nei giorni in cui la Bank of China ammoniva di aver venduto le obbligazioni del nostro Paese.

Ve n’è conferma proprio ora che il differenziale di rendimento tra Btp e Bund è risalito a 332 punti base, provocando anche un’altra tiratina di orecchie, quella proveniente dal colosso del rating Standard & Poor’s, che ha ricordato come la redditività delle banche italiane sia crollata anche alla luce della pubblicazione dei bilanci di alcuni istituti, reduci da svalutazioni record degli avviamenti che si tramuteranno in una politica dei dividendi molto prudenziale.

Avendo il Governo più volte rimarcato che le misure di risanamento sono state calibrate su stime molto pessimistiche di contrazione del ciclo, per assicurare il pareggio di bilancio, il quesito che tutti si porranno è, naturalmente: le misure “lacrime e sangue” fin qui approvate saranno davvero le ultime?

Una cosa è certa: tutti i paesi dell’europeriferia hanno, fin qui, messo mano ai loro sistemi di welfare per adottare i provvedimenti “suggeriti” dal duo Merkel-Sarkozy. Se i sacrifici dei contribuenti non saranno sufficienti, il giudizio dell’opinione pubblica decreterà la definitiva colpevolezza di una politica comunitaria dello sviluppo sempre più inadeguata.

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