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Visco: “Debito, crescita, banche, mini Bot: tutti i rischi dell’Italia”

Intervenendo al Festival dell’Economia di Trento il Governatore della Banca d’Italia ha parlato di tutti i temi di maggior attualità, andando oltre le Considerazioni finali di venerdì scorso

Visco: “Debito, crescita, banche, mini Bot: tutti i rischi dell’Italia”

“Il fallimento di una banca non è come quello di un’impresa qualsiasi. Se domani chiude un esercizio, al suo posto ne può aprire un altro. Se invece una banca fallisce, il rischio è che ne fallisca subito dopo un’altra. Il rischio è il contagio”. Così il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha risposto alla domanda dell’ex Direttore del Corriere della Sera e del Sole 24 Ore, Ferruccio De Bortoli, sulla spinosa questione dei salvataggi bancari e dei rimborsi ai risparmiatori. “In realtà, comunque – ha proseguito Visco, ospite d’onore della giornata conclusiva del Festival dell’Economia di Trento – capita anche che le banche falliscano. Negli Usa, negli ultimi 10 anni sono fallite 500 banche, molte piccole ma alcune anche di dimensioni che per noi sarebbero significative. Le ha prese in gestione un fondo con capitale pubblico e ne ha agevolato le fusioni”.

L’intervento di Visco ha poi ricalcato quello delle Considerazioni finali presentate il 31 maggio in Banca d’Italia, spaziando su argomenti di carattere più generale ma senza dimenticare l’attualità. Alla domanda sui mini Bot, lo strumento ipotizzato dal Tesoro per finanziare il debito pubblico ma su cui i sovranisti hanno fatto in Parlam,ento non pochi pasticci ipotizzandone emissioni in valute diverse dall’euro, il Governatore è stato tranchant: “I mini Bot, per quanto piccoli, sono comunque dei Bot, e non sono una soluzione per il debito pubblico italiano. Il problema è che il costo del debito supera il tasso di crescita economica” perchè L’Italia è l’unico Paese occidentale ad essere caduta in quello che Visco, a Trento, ha definito un “circolo vizioso”. “Qualche mese fa l’economista francese Olivier Blanchard aveva espresso ottimismo, dicendo che finché i tassi di interesse sono così bassi da essere inferiori a quelli di crescita del Pil, non ci sono problemi. Il punto è che per l’Italia non è questo il caso”.

Il debito pubblico, ha ricordato Visco, era intorno al 120% ai tempi dei negoziati per la moneta unica, poi scese intorno al 100% nei primi anni Duemila, “grazie anche alla vendita di patrimonio immobiliare”, per poi risalire oggi sopra il 130%. “La bassa crescita crea due grossi problemi: rende difficile restituire il debito e provoca sfiducia nei confronti dell’Italia. E quando c’è volatilità, questa si riflette sui bilanci di tutti: dello Stato, delle banche, ma anche delle famiglie e delle imprese”. Se le ricette di questo Governo saranno utili, non è dato saperlo e Visco non si è sbilanciato, ribadendo comunque la bocciatura alla flat tax, in virtù soprattutto del noto criterio di progressività fiscale sancito dalla Costituzione, ammettendo però che “il sistema fiscale italiano, vecchio di 50 anni e molto complesso, andrebbe ripensato alla luce di un mondo che è completamente cambiato: penso soprattutto alla tecnologia e alle tendenze demografiche. Le priorità devono essere premiare il lavoro e favorire l’impresa”.

Di sicuro, però, come è emerso in numerosi interventi nel corso del Festival di Trento, la colpa non è dell’Europa. “L’Europa ha garantito pace e benessere dopo la seconda guerra mondiale. Poi si è sviluppata prima con accordi commerciali, poi di servizi, infine con la moneta unica. Poi il processo di integrazione si è improvvisamente fermato, e questo è stato l’errore. Oggi servono una completa unione bancaria, che ancora non si è del tutto realizzata, e un’unione di bilancio. E poi un’unione di intenti sulle grandi sfide demografiche, tecnologiche e della globalizzazione. Oggi l’Europa genera sfiducia ma il problema non è l’Europa, ma la nostra lentezza, intendo dell’Italia, nell’adeguarci a un mondo che è cambiato molto”. Del resto la Germania, che invecchia come noi, ha reagito molto meglio alla crisi del 2008: “In assenza di domanda interna, ha intercettato più di noi la domanda estera. E poi ha capito che il mondo è cambiato e bisogna non solo essere più istruiti, ma esserlo in modo diverso”.

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