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Vino: l’export cresce, ma bisogna diversificare

Secondo Federvini, al momento nell’industria italiana del vino c’è un pesante sbilanciamento su alcuni mercati: “Serve più diversificazione non solo dal punto di vista geografico, ma anche da quello dei prodotti”

Vino: l’export cresce, ma bisogna diversificare

L’export del vino italiano cresce, al punto che i grandi produttori realizzano oltre confine oltre il 55% delle proprie vendite, con picchi che arrivano a toccare il 90%. Allo stesso tempo, però, c’è un pesante sbilanciamento su alcuni mercati: secondo uno studio di Mediobanca, l’Italia ha un indice di concentrazione nei primi paesi di destinazione di 1.108 in confronto a 730 della Francia, 711 del Cile e 632 della Spagna. Lo sottolinea Federvini in una nota, facendo notare che “tale aspetto, da un lato, non tiene conto che una diversificazione più spinta potrebbe evitare problemi in caso di potenziali eventi avversi (dazi, Brexit, …); dall’altro, nei mercati in cui l’Italia è più presente, il prezzo del prodotto è mediamente più basso rispetto ai mercati secondari”.

Per Federvini, “il rischio è di perdere una visione d’insieme tralasciando di esplorare aree geografiche più eccentriche, più rischiose ma anche a tasso di sviluppo potenziale maggiore (Sud America, Africa Australe, Sud Est Asiatico e Oceania)”.

Il tema della diversificazione “non riguarda solo l’ambito geografico ma anche i prodotti” dice Sandro Boscaini, Presidente di Federvini. “Oggi assistiamo al trionfo delle bollicine su scala mondiale. È proprio in questa fase che dobbiamo essere particolarmente bravi e utilizzare il Prosecco come punta di diamante sui mercati più lontani o più ostici, facendo da apripista e senza indurci nella tentazione del mono-prodotto”.

Sempre Mediobanca rivela che l’industria del vino italiano, oggi, ha una redditività superiore a quella del settore alimentare (8,7 contro 8,2). Questo valore è originato, in gran parte, dal rapporto tra Margine Operativo Netto (MON) e Valore Aggiunto che oggi ha raggiunto il 44% contro il 30,6% del food nel suo complesso. Questo significa che il settore ricava valore aggiunto dalle vendite grazie alla capacità di fare leva sul valore iconico dei prodotti vitivinicoli italiani.

In termini dimensionali, il mondo del vino non fa eccezione rispetto al resto dell’industria italiana: il mercato italiano, secondo per valore dopo quello della Francia, conta solo su due top player (pari al 6,3% del valore della produzione complessiva contro il 10,2% della Francia e il 31% della Spagna).

Quanto alle prospettive del mercato, entro il 2025 la Cina diventerà il secondo mercato mondiale dietro gli Stati Uniti con 13 miliardi di dollari superando Francia e Germania; in termini di valore sarà sempre la Francia a primeggiare, ma la Cina raggiungerà il quarto posto assoluto dietro a USA, Italia e Spagna. Nell’export Francia e Italia sempre sugli scudi con 16 miliardi di dollari e 11 miliardi.

“Bisogna diversificare, puntare a strutture più snelle e ragionare in chiave di sistema con modelli imprenditoriali che siano al contempo saldi e flessibili”, conclude Boscaini. “Solo così saremo pronti alle sfide del futuro prossimo con prodotti di valore e con una precisa identità”.

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