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Viacom Cbs e la stangata da 20 miliardi: Wall Street trema

Il collasso dell’hedge fund Archegos fa paura ai mercati – Come in un film di Hollywood e forse anche di più, ecco la storia della speculazione al ribasso fallita su Viacom Cbs e altri colossi dell’intrattenimento. E di come il “buco” del margin call abbia colpito un finanziere d’assalto ma anche Crédit Suisse, Nomura e altri Big

Viacom Cbs e la stangata da 20 miliardi: Wall Street trema

Come un film, anzi più di un film. Lunedì 24 marzo i titoli di Viacom Cbs hanno superato la soglia dei 100 dollari a Wall Street, battendo per la tredicesima volta nel mese di marzo il proprio record. Nel giro di tre mesi il valore della società media, che controlla marchi come Paramount è più che raddoppiato. Un’euforia giustificata dal lancio di un servizio streaming, sul modello di Netflix, che ha preso il via il 4 marzo scorso. Forte di questa performance, però, la stessa Viacom ha festeggiato l’ultimo record lanciando sul mercato la richiesta di un prestito di 3 miliardi di dollari necessario per finanziare il tentativo di far concorrenza a Netflix o a Walt Disney, i giganti dello streaming. E mal gliene incolse. 

I “cecchini” di Wall Street non si sono fatti sfuggire l’occasione per colpire al ribasso la preda: -27% il primo giorno, -23% il secondo, venerdì mattina Wells Fargo ha emesso un report che aveva il sapore di una condanna. Ma ad esser colpita a morte non è stata la major di Hollywood, bensì un family office, Archegos Capital, grande e sconosciuto “fuochista” che ha alimentato gli acquisti su ViacomCbs, ma anche un’altra società media, Discovery, e su un pugno di Big cinesi, tra scui spiccano Baidu, e Tencent Music, il colosso di Shanghai che sta acquistando Universal da Vincent Bolloré.

Dimentichiamoci Hollywood. Anzi no, perché “Margin call” è anche il titolo di un film con Kevin Spacey girato in occasione della crisi del 2008/09. Ma da ieri è anche il titolo del più clamoroso tonfo della storia finanziaria Usa: una margin call da 20 miliardi di dollari andati in fumo nella serata di venerdì a danno di colossi come il Crédit Suisse e la giapponese Nomura, colpevoli per aver finanziato la pericolosa scommessa di un certo Bill Hwang, ex pupillo di  Julian Robertson, il mitico gestore del Tiger Fund. Hwang, che ha diretto con grande fortuna il Tiger Asia, ha dato ad Archegos Capital, interamente posseduto dalla sua famiglia con un patrimonio di dieci miliardi di dollari. Una bella cifra, ma non sufficiente per soddisfare le sue ambizioni. E così, forte dei suoi contatti (chi non fa credito ad un signore con quei capitali…) Hwang ha lanciato la speculazione che doveva proiettarlo nell’Olimpo dei grandi, attraverso il meccanismo del margin call. 

Di che si tratta? Quando un operatore, oltre ad investire propri capitali, prende soldi a prestito dal broker per comprare azioni od altri titoli per amplificare l’effetto speculativo, si dà luogo ad un margin trading. Quando la perdita di un investimento supera una certa soglia, il broker ha il diritto di chiedere il reintegro della garanzia, oltre un certo margine. E in assenza di un  versamento, scatta il diritto /dovere di vendere tutto quanto, senza badare al prezzo. 

 E’ quanto le controparti di mister Hwang, ovvero Goldman Sachs e Morgan Stanley, hanno fatto venerdì pomeriggio, esigendo il reintegro della posizione che aveva superato i 30 miliardi di dollari. Ne è seguita la vendita a pioggia dei titoli coinvolti. E a pagare non sarà solo il povero Hwang, tycoon mancato dei media, che probabilmente puntava a fare buoni affari con il mondo dello spettacolo in Cina, ma anche i malcapitati istituti di credito che hanno affiancato lo speculatore in varie operazioni. Tra queste c’è la giapponese Nomura, che ha perduto 2 miliardi di dollari, ed i Crédit Suisse che potrebbe aver perduto il doppio. Ma le vittime sono molte di più, compresa probabilmente Deutsche Bank. Insomma, nessuno avrà voglia di sorridere oggi all’apertura di Wall Street. 

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