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Usa: ripresa ancora moderata tra le Pmi

Lievi segnali di disgelo tra le Pmi americane. Aprile si chiude in positivo per molte aziende che chiudono la mensilità in attivo. La tendenza a creare nuovi posti di lavoro appare in leggera crescita, ma l’alta instabilità del quadro macroeconomico interno ed estero gioca ancora un ruolo fondamentale.

L’ultima edizione dell’indice NFIB, che misura le aspettative economiche delle piccole e medie imprese, mostra un clima di moderatissimo ottimismo sul ciclo economico americano.

L’indice, infatti, è salito a quota 94,5 dal precedente 92,5, sopravanzando le attese degli analisti, che pronosticavano una misurazione pari a 92,9.

Nonostante il miglioramento, non si delinea un vero e proprio balzo in avanti, dal momento che nel settore delle Pmi gli incrementi registrati sono gli stessi di un anno fa. In sintesi: crescita sì, ma a ritmi molto moderati.

Sul fronte occupazionale, i sondaggi hanno rivelato una discreta tendenza alla creazione di nuovi posti di lavoro: il 47% degli imprenditori ha assunto o tentato di assumere nuovo personale negli scorsi tre mesi, mentre il 34% vi ha rinunciato poichè non è stato possibile reperire, sul mercato, la forza lavoro qualificata a coprire le posizioni scoperte.

Un dato, questo, che sintetizza uno dei problemi più significativi della disoccupazione di lungo periodo: i lavoratori che rimangono fuori dal mercato per molti mesi, o addirittura anni, risultano meno competitivi e poco aggiornati professionalmente, generando difficoltà nel cosiddetto “matching” tra domanda e offerta di lavoro.

Ciononostante, il dato indica prospettive rassicuranti sull’occupazione nei prossimi mesi, come registrato anche la scorsa settimana, allorchè il tasso di disoccupazione è calato dall’8,2% all’8.1%.

In aprile, la percentuale – aggiustata per le discrepanze stagionali – di imprenditori intenzionati ad assumere è aumentata del 5%, un dato che conferma la – timida – tendenza a creare nuovo lavoro.

Sul lato della spesa in conto capitale, la frequenza di nuovi esborsi, in percentuale, cresce in aprile al 54%, dieci punti al di sopra del minimo (raggiunto nel 2010), ma ancora al di sotto della media pre crisi (60%). Sostanzialmente, le imprese tendono a spendere di più, ma all’insegna della “manutenzione ordinaria” piuttosto che della creazione di ampio stock aggiuntivo di capitale fisso.

Le vendite rimangono il cruccio principale delle Pmi americane: il 19% delle imprese ha citato la debole domanda interna quale problema primario, un dato storicamente alto anche se quasi dimezzato rispetto al 38% raggiunto nei giorni più difficili della crisi finanziaria.

Sul versante dei profitti e delle vendite, le Pmi statunitensi hanno festeggiato ottimi risultati in aprile: sono aumentati dell’11% i casi di aziende che hanno chiuso la mensilità in attivo. Ciò permette alle imprese di finanziare nuove assunzioni e spese in conto capitale per finanziare l’espansione aziendale.

Il credit crunch, infine, sembra non mordere più l’economia delle aziende con meno di 500 dipendenti: solo il 3% degli imprenditori ha citato il financing quale difficoltà primaria nella gestione dell’impresa.

Nel quadro di un modesto ottimismo settoriale, non mancano le ombre: come confermato dagli indici pubblicati in giornata (Redbook in calo dell’1,3% su base mensile, indice IBD sulla fiducia dei consumatori in aumento dello 0,5%), le aspettative degli operatori rimangono solo lievemente rialziste, e l’incertezza sul fronte politico-fiscale-energetico – ma soprattutto della situazione europea – è ancora significativa: il 2012 non sarà un anno di forte ripresa, ma di graduale disgelo.

 

 

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