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Usa, duello tv presidenziali: meglio Obama, ma Romney non cade

Il presidente in carica vince anche l’ultimo duello televisivo prima delle elezioni presidenziali di novembre: Romney però gioca in difesa e non accusa il colpo del ko.

Usa, duello tv presidenziali: meglio Obama, ma Romney non cade

Alla fine Obama la spunta: i sondaggi “a caldo” sono a suo favore (48 per cento contro 40 quello della CNN, addirittura 58 a 23 quello della CBS, che ha un pubblico un po’ più spostato a sinistra). Ma è una vittoria ai punti: nessun colpo del ko, nessuna “gaffe” pericolosa. Già la settimana scorsa Obama aveva vinto, e in modo anche più netto, ma non gli era bastato ad arrestare l’onda del recupero di Romney. Potrebbe non esserci riuscito nemmeno ieri sera. Il candidato repubblicano ha puntato soprattutto a non commettere errori, a non compromettere l’immagine “presidenziale” che si è costruito nei precedenti due confronti.

Le scaramucce non sono mancate, come quella sull’Iraq, con Romney che ha respinto, definendola una falsità, l’accusa di Obama (“volevi lasciare 30 mila soldati americani a Baghdad, sarebbe stato un errore madornale”). Ma il candidato repubblicano, efficace nel contestare a Obama una gestione incerta della crisi siriana, è stato, come detto, molto attento a non passare il segno. Così ha evitato di alzare il tono della polemica sugli errori commessi dall’Amministrazione Usa in Libia. E su parecchie altre questioni, pur criticando il modo in cui Obama ha esercitato la sua “leadership”, ha mostrato di condividere le scelte di fondo fatte dalla Casa Bianca: vale per l‘Afghanistan (ritiro entro il 2014), per l’ok all’uso massiccio dei “droni” e per la necessità di restare a fianco del Pakistan nonostante i suoi comportamenti ambigui, visto che non si può abbandonare a sé stesso un alleato che dispone di cento bombe atomiche. Ma anche per il sostegno ai gruppi che hanno alimentato la “primavera araba” e, in fondo, anche per i contestatissimi temi di Ira e Siria: alla fine anche Romney vuole le sanzioni per il nucleare di Teheran evitando l’attacco militare, mentre in Siria vuole aiutare i ribelli, ma senza inviare soldati Usa né armi (non direttamente, almeno).

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