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Uber, altro schiaffo: dovrà riconoscere agli autisti i diritti da dipendenti

L’agenzia pubblica per l’impiego della California ha dato ragione a un ex driver di Uber, che voleva vedersi riconoscere i diritti da impiegato e non – come sostiene la società – da lavoratore autonomo – In California è in corso una class action: ecco quali sarebbero le conseguenze.

Uber, altro schiaffo: dovrà riconoscere agli autisti i diritti da dipendenti

Altro smacco per Uber: l’app californiana di ride sharing, contrastata dai tribunali di mezzo mondo, perde un’altra battaglia e proprio nel suo Stato natale. Questa volta i tassisti non c’entrano nulla: è uno stesso ex autista ad essersi ribellato all’azienda, che non gli riconosceva lo status di dipendente, insistendo sul concetto di lavoratore autonomo.

L’agenzia pubblica per l’impiego della California ha dato ragione all’ex driver, e questo è solo l’ultimo caso. Come è noto infatti, Uber non riconoscendo lo status di impiegati ai suoi autisti, nega loro anche diverse tutele: dai contributi previdenziali alla malattia, etc.

Proprio qualche giorno fa un giudice ha autorizzato tre autisti a promuovere una class action per farsi riconoscere i propri diritti: qualora dovesse andare in porto, questa procedura gioverà a tutti coloro che hanno lavorato per Uber sin dal 2009, anno della sua fondazione a San Francisco. Si parla di 160mila persone, alle quali l’app ideata da Travis Kalanick dovrebbe riconoscere tutti gli arretrati.

Uber vuole opporsi a questa azione ma i precedenti non volgono a suo favore: già a marzo una sentenza di un Tribunale della California aveva stabilito che l’azienda doveva trattare i propri autisti come normali salariati. Uber si difese sostenendo che gli autisti non hanno orari di lavoro. “E’ vero – replicarono i giudici – ma allora perché la società disattiva l’app ai driver se non lavorano per 180 giorni”.

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