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Transizione energetica: l’idrogeno prende quota

Ecco gli ambiti nei quali l’idrogeno può giocare un ruolo molto importante nella transizione energetica ed ecco chi sono i protagonisti della rivoluzione che ci aspetta – Centrale il ruolo dell’Enel

Transizione energetica: l’idrogeno prende quota

Può davvero l’idrogeno essere protagonista della transizione energetica? Ad oggi estrarre questo gas, presentissimo in natura (ad esempio nell’acqua) ma che va maneggiato con cura perché infiammabile, è ancora costoso anche se è già considerato efficace per diverse applicazioni, soprattutto per decarbonizzare l’industria ma anche la mobilità. A dargli un assist è stato di recente il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani, affermando che la tecnologia delle batterie potrebbe essere “di passaggio”, e anche l’Ue, tracciando i piani climatici, ha inserito l’idrogeno tra le soluzioni necessarie per raggiungere azzerare le emissioni di CO2 entro il 2050. Nello scenario stimato da “Hydrogen Roadmap Europe: Un percorso sostenibile per la transizione energetica europea”, l’idrogeno “verde” potrebbe coprire entro il 2050 fino al 24% della domanda finale di energia e creare 5,4 milioni di posti di lavoro, oltre a contribuire alla riduzione di 560 milioni di tonnellate di CO2. Il Pnrr inviato a Bruxelles ne tiene conto, visto che destina ben 3,19 miliardi alla “Promozione della produzione, distribuzione e degli usi finali dell’idrogeno, in linea con le strategie comunitarie e nazionali”.

IDROGENO: BISOGNA DISTINGUERE

E’ bene chiarire che l’unico idrogeno pulito è appunto quello “verde”, cioè ricavato dall’elettrolisi dell’acqua, liberando in atmosfera solo ossigeno puro senza generare CO2. E’ vero che il procedimento di elettrolisi richiede a sua volta tantissima energia, ma si può utilizzare energia pulita, ad esempio da fonti rinnovabili per alimentare le celle elettrochimiche. Diverso è l’idrogeno cosiddetto “grigio”, che oggi è l’unico che si possa produrre a costi accettabili: è ottenuto dal metano, che è un combustibile fossile e nel processo di stream reforming viene liberata tantissima CO2. Un po’ meglio l’idrogeno “blu”, che deriva sempre dal metano ma con contestuale sequestro e stoccaggio del carbonio: è però costoso, non del tutto pulito e complicato dal problema di reperire un sito sicuro per lo stoccaggio nel sottosuolo. Ma in quali ambiti è più utile e più efficace utilizzare l’idrogeno nella transizione energetica? Eccoli punto per punto, anche alla luce dei progetti che le aziende stanno portando avanti.

IDROGENO: A CHE PUNTO SIAMO CON L’INDUSTRIA

I settori dove nel breve periodo l’idrogeno verde vedrà le sue prime applicazioni industriali sono quelli che già utilizzano l’idrogeno derivato da combustibili fossili come materia prima (quindi grigio), come la raffinazione del petrolio e l’industria chimica. Ad esempio servirà nella produzione sostenibile dell’ammoniaca, un prodotto base nei fertilizzanti e in tantissimi altri processi chimici.Ma è soprattutto sull’idrogeno verde che si punta, successivamente, per sostituire il carbone e il metano in attività particolarmente energivore come la siderurgia, il cemento e anche la ceramica, il vetro, la carta. Settori che lo stesso Pnrr definisce “hard-to-abate”, caratterizzati cioè da un’alta intensità energetica e privi di opzioni di elettrificazione scalabili.

Molte di queste industrie, per non dire tutte, sono strategiche per l’Italia ed è per questo che il Pnrr investe 2 miliardi (dei 3,19 nel capitolo idrogeno) all’utilizzo nei settori “hard-to-abate”, soffermandosi in particolare sull’acciaio, del quale l’Italia è il secondo produttore in Europa dietro alla Germania: “Un ciclo dell’acciaio basato sulla fusione (…) in un forno elettrico genera circa il 30% in meno di emissioni di CO2 rispetto al ciclo integrale, e il successivo sviluppo con idrogeno verde aumenta l’abbattimento delle emissioni al circa 90%”, stima il documento inviato dal nostro esecutivo a Bruxelles.

Sul fronte industriale è protagonista Enel, che sta sviluppando una serie di progetti per fornire idrogeno verde ai clienti industriali, mediante l’installazione di elettrolizzatori alimentati da energie rinnovabili e ubicati direttamente in prossimità dei siti di consumo. In Italia un esempio è la collaborazione tra Enel Green Power e Saras, per fornire idrogeno verde alla raffineria di Sarroch, in Sardegna, mediante un elettrolizzatore da circa 20 MW alimentato esclusivamente da energia rinnovabile. Ma non solo: in Cile c’è l’accordo con la società elettrica AME per l’installazione di un impianto pilota alimentato da energia eolica a Cabo Negro, a nord di Punta Arenas (Patagonia); in Spagna Enel partecipa ad un progetto per ridurre le elevate emissioni di gas serra dell’industria della ceramica nella Comunità Valenciana; negli Usa nel 2023 una bioraffineria di NextChem (gruppo Maire Tecnimont) sarà alimentata a idrogeno verde. Enel prevede complessivamente di aumentare la propria capacità di idrogeno verde a oltre 2 GW entro il 2030.

Naturalmente anche Snam, che ha nella rete gas e nel trasporto di metano il suo core business, sta spingendo molto sull’idrogeno. Ad aprile e dicembre 2019 la società ha immesso un mix di idrogeno e gas (prima il 5% poi il 10%) nella propria rete. Ad oggi il gruppo stima che oltre il 70% dei tubi dei propri metanodotti siano pronti a trasportare idrogeno. Infine, la società ha in corso diverse partnership con operatori di vari settori (Fs e Ferrovie Nord, Alstom, A2A e Hera oltre ad Eni) per spingere sulla mobilità ferroviaria a idrogeno. Importante anche l’accordo con Iris Ceramiche per sviluppare la prima fabbrica ceramica al mondo alimentata ad idrogeno verde.

IDROGENO E TRASPORTI: STRADA

L’idrogeno potrà tornare utile soprattutto per i mezzi pesanti, responsabili per circa il 5-10 per cento delle emissioni di CO2 complessive. Come per le auto elettriche il tema è quello delle stazioni di rifornimento, soprattutto sui grandi corridoi commerciali attraversati da camion a lungo raggio, come ad esempio l’Autostrada del Brennero. L’obiettivo del Pnrr è di sviluppare circa 40 aree di rifornimento da qui al 2026, con la priorità proprio dell’autostrada che ci collega con l’Austria, dove ogni anno transitano 3 milioni di veicoli e che vale in termini economici quasi il 6% del Pil. In Alto Adige dovrebbero essere costruite le prime stazioni di rifornimento, ogni 100 km, entro 2 o 3 anni. 

Proprio in una provincia che sta diventando la Silicon Valley dell’idrogeno: il Tech Park di Bolzano, insieme ad alcune aziende, ha inaugurato a Brunico un centro tutto dedicato all’idrogeno, dove viene sperimentato un nuovo metodo di stoccaggio dell’idrogeno, trasformandolo in un idruro metallico solido. Una possibile rivoluzione che a quel punto riguarderebbe la mobilità a 360 gradi, anche le auto sportive di alta gamma ad esempio. Al momento la batteria di una Tesla è ancora meno costosa di un sistema ad idrogeno, ma la Motor Valley emiliana è già alla finestra. Ad incominciare ad esempio da Lamborghini, che ha già annunciato che ben prima del 2030 lancerà la prima auto 100% elettrica e che tutti i modelli di gamma avranno la versione ibrida.

IDROGENO E TRASPORTI: IL MARE

Anche le navi si prestano benissimo ad usare propulsori ad idrogeno e anche in questo caso l’Italia si sta ponendo all’avanguardia della sperimentazione. La compagnia navale Msc, il leader della cantieristica navale Fincantieri e la società che gestisce la rete italiana del gas Snam hanno infatti stretto un’alleanza per progettare e costruire la prima nave da crociera al mondo alimentata a idrogeno: il progetto è ancora in fase sperimentale, ma è significativo perché il trasporto marittimo, dal quale dipendono non solo (in questo caso) il turismo ma soprattutto colossali scambi commerciali, oggi rappresenta circa il 3% delle emissioni di CO2 a livello globale.

Nel lusso va segnalata la partnership, pure in questo caso unica a livello mondiale, tra il produttore di yacht Sanlorenzo e Siemens: un accordo esclusivo che consentirà di costruire yacht da 24-80 metri, un segmento importante del mercato nautico, con tecnologia a celle combustibili. 

IDROGENO E TRASPORTI: IL TRENO

Al trasporto ferroviario il Pnrr dedica un capitolo, con riferimento soprattutto al trasporto passeggeri: “In Italia circa un decimo delle reti ferroviarie è servito dai treni diesel, e in alcune regioni italiane i treni diesel hanno un’età media elevata e dovrebbero essere sostituiti nei prossimi anni, rendendo questo il momento giusto per passare all’idrogeno, in particolare dove l’elettrificazione dei treni non è tecnicamente fattibile o non competitiva”. L’intervento prevede quindi la conversione verso l’idrogeno delle linee ferroviarie non elettrificate in regioni caratterizzate da elevato traffico in termini di passeggeri con un forte utilizzo di treni a diesel come Lombardia, Puglia, Sicilia, Abruzzo (dove sta nascendo una hydrogen valley con fondi europei e dove si sta sperimentando il primo treno a idrogeno), Calabria, Umbria e Basilicata.

Ad oggi non esistono stazioni di rifornimento a idrogeno per i treni in Italia, ma con i soldi in arrivo dall’Europa sarà possibile convertire circa 9 stazioni di rifornimento su 6 linee ferroviarie, con particolare efficacia sulle piccole tratte. Il primo treno a idrogeno al mondo già esiste: si chiama Coradia iLint, produce zero emissioni di CO2 ed è stato sperimentato in Francia dalla società transalpina Alstom. In Italia arriverà nel 2023: FNM, principale gruppo di trasporto lombardo, ne ha richiesti 6, con l’opzione per altri 8, per servire la tratta Brescia-Iseo-Edolo.

IDROGENO E TRASPORTI: L’ AEREO

Probabilmente anche il primo aereo a zero emissioni arriverà dalla Francia. Il presidente Macron ha recentemente annunciato un piano da 30 miliardi praticamente tutto dedicato alla transizione energetica e soprattutto alla mobilità, in cui l’idrogeno assume un ruolo centrale, e il primo produttore di aerei Airbus ha detto che il primo volo a idrogenopotrebbe concretizzarsi al massimo nel 2035. Per accelerare su questo progetto, il gruppo transalpino ha stretto una alleanza con la società statunitense Plug Power, che collabora anche con l’azienda aerospaziale Airflow. Quest’ultima sta per lanciare un primissimo modello sperimentale: un aereo con capienza da 9 posti, che avrà una autonomia di volo di circa 800 km.

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