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Transizione ecologica e nuovo patto sociale

Il PNRR del governo Draghi non avrà gli stessi effetti sulle imprese e sui consumi. La sostenibilità va declinata in tutti i suoi aspetti, dice il presidente della Confindustria, Carlo Bonomi. Ma per evitare illusioni il PNRR richiede un grande patto sociale dove ognuno rinuncia a un pezzo di potere in cambio di un sistema più equilibrato

Transizione ecologica e nuovo patto sociale

Il modo in cui l’Italia di Draghi sta interpretando il Green deal europeo è il più realistico possibile. Nessuna concessione alla retorica, nessuna bacchetta magica o preventive intese con l’Ue per accedere ai fondi del Recovery Fund. Un realismo che ha guidato il premier nella definizione degli obiettivi del PNRR  https://www.governo.it/it/articolo/pnrr/16718  sconosciuto ai tempi del precedente governo. Le interlocuzioni molto divulgate che Conte aveva tenuto con la Commissione europea, sono state superate da un Piano che ha i piedi per terra, in special modo per cio’ che riguarda  la transizione ecologica. La declamazione grillina di un Paese ad economia circolare, affidato alle future cure di 300 (?) esperti similcasta , è stata sostituita da una concertazione tra istituzioni e da una sapiente direzione. La mano di persone competenti finalmente si vede, al di là di cio’ che pensa il Vicesegretario Pd Giuseppe Provenzano. Centro e periferia dovranno collaborare per tenere il passo verso traguardi alti. Stare da una stessa parte, sotterrando qualsiasi tentazione di autonomia decisionale. In pratica  dovranno tutti comportarsi in modo radicalmente diverso da quanto si è visto con la pandemia. 

Tra le tante ragioni che spiegano una simile condotta unitaria – molto più efficace delle idee del Conte 2 – c’è quella che ha ricordato il Presidente di Confindustria Carlo Bonomi al recente Foro Italia-Spagna. Quando la Commissione Europea affronta la sostenibilità bisogna farle  “superare un certo atteggiamento ideologico nel modo in cui si affronta il tema. La sostenibilità va declinata in tutti gli aspetti, ambientali ma anche economici e sociali” ha detto Bonomi. Il tema della competitività deve essere considerato centrale. Sono parole che obiettivamente aiutano il lavoro di Draghi e del governo https://www.governo.it/it/articolo/il-presidente-draghi-spagna/17194. Ma segnano anche un’altra evidente discontinuità con i governi Conte di cui si avvertiva il bisogno. Il vero banco di prova per l’Europa e l’Italia , insomma, non è solo la neutralità climatica al 2050, ma sono le tappe intermedie che segneranno un passaggio epocale. Ci sono le riforme da fare che l’Europa mette al primo posto . C’è da costruire una rete solida di alleanze e di partecipazione che non sarà priva di delusioni, opposizioni, contrasti, mediazioni. C’è da conciliare interessi e visioni assai spesso divergenti. Scenari che il Conte 2 non ha mai preso in seria considerazione.

“Le rivoluzioni industriali hanno dei costi economici e sociali e occorre essere chiari su questi, temi ” ha aggiunto il Presidente degli industriali. Cambiare modo di produrre e consumare richiede molti più anni dei 6-7 previsti dal Recovery Fund. Di mezzo ci sono abitudini e stili di vita che non si cambiano a tavolino o con appelli da palchi e balconi. Le imprese italiane stanno uscendo dai mesi bui della pandemia e il realismo ,anche  qui, induce a ritenere che l’approccio alla transizione green non sarà  – non potrà essere – univoco .Troppe variabili – la dimensione dell’impresa, il fatturato, le  quote di mercato, i contratti di lavoro, l’export – sono in evidenza per pensare che un nuovo  sistema economico, sostenibile, si affermerà per la somma di volontà. 

I Paesi europei dovrebbero avere anche target e parametri  differenziati per misurare successi o status quo. In campo energetico, ambientale e strutturale le differenze tra i 27 Paesi sono enormi e non facili da appianare. Per quel che riguarda l’Italia, allora, per non trovarsi prigionieri di un’illusione, l’impianto del PNRR richiede anche un grande patto sociale dove ciascuno rinuncia ad un pezzo di potere a vantaggio di un sistema meno squilibrato. Si pagheranno dei prezzi, questo è chiaro, ma avere  alla guida del Paese un leader che sa dove andare è l’occasione per farlo il più in fretta possibile.

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