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Terzo valico si fa: altro dietrofront di Toninelli e Cinque Stelle

Con la solita scusa che gli oneri in caso di mancata realizzazione dell’opera sarebbero elevatissimi, il ministro grillino delle Infrastrutture è costretto a prendere atto della realtà e a dare vil via libera al Terzo valico

Terzo valico si fa: altro dietrofront di Toninelli e Cinque Stelle

Dopo il Tap – e aspettando il Tav – il Movimento 5 Stelle fa marcia indietro su un’altra delle grandi opere. Il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, ha annunciato in un lunghissimo post su Facebook che “il Terzo valico non può che andare avanti”, perché i costi “di uscita”, tra spese già sostenute, penali da pagare alle imprese e ripristino dei luoghi, ammontano a 2,7 miliardi di euro (1,2 di spese pregresse e 1,5 di penali), mentre l’analisi costi benefici dà un risultato negativo, ma di “soli” 1,576 miliardi di euro. Di conseguenza, fare retromarcia avrebbe costi superiori al saldo negativo a regime, senza inoltre avere la nuova linea ferroviaria merci tra Genova e il Nord Italia (Milano, Torino, valichi svizzeri). Toninelli spiega però che il progetto deve migliorare, per connettere la nuova linea al porto di Genova e “rendere pienamente operativo lo snodo retroportuale di Alessandria”.

L’analisi costi benefici – spiega Toninelli nel post – insieme alla “connessa analisi giuridica verrà a breve pubblicata integralmente, ci dice questo: il costo dell’opera a finire, attualizzato a 30 anni, supererebbe i benefici per una cifra di 1 miliardo e 576 milioni. Dentro questo miliardo e mezzo ci sono varie voci, per esempio i minori ricavi dei concessionari autostradali oppure 905 milioni di euro di accise sulla benzina che non verrebbero incassate dallo Stato per via del cambio modale da strada a ferrovia”.

Poi “c’è il versante giuridico – spiega il Ministro – e l’analisi svolta fa una previsione sui costi di abbandono dell’opera. Al miliardo e mezzo già speso, per lavori già eseguiti, che non è contemplato nell’analisi giuridica, ma che a quel punto sarebbe speso per nulla, va aggiunto almeno un decimo del valore residuo del contratto: parliamo quindi di 463 milioni da risarcire al contraente generale che sta”.

Inoltre, “ci sono i lavori che il contraente generale affida a terzi, visto che realizza l’opera in proprio soltanto per il 40%: qui i costi, i danni e i mancati utili da pagare potrebbero attestarsi su una somma superiore a un decimo e ricadrebbero su rete ferroviaria italiana, quindi in definitiva sullo Stato”.

Dunque, “stiamo parlando almeno di un altro mezzo miliardo. Rimanendo prudenti, siamo già di fronte a 1 miliardo di costi stimati derivanti da un eventuale recesso contrattuale unilaterale, a cui si sommano circa 200 milioni per il ripristino dei luoghi. Quindi, il totale dei costi del recesso ammonterebbe a circa 1 miliardo e 200 milioni di euro di soldi pubblici”. Di conseguenza il Terzo Valico non può essere bloccato.

“Ma farlo andare avanti – conclude Tonintelli – non significa condurlo a termine così com’è, bensì rendere l’opera efficiente rispetto agli scopi”. Toninelli spiega allora che la nuova linea ferroviaria “deve essere davvero ben collegata con Genova: dunque, i binari devono arrivare fin dentro il porto. Bisogna poi rendere pienamente operativo lo snodo retroportuale di Alessandria che peraltro insiste su un’area di proprietà di Rfi e Mercitalia. Alessandria deve essere e sarà il retroporto naturale di Genova perché ha tutte le caratteristiche per diventarlo”.

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