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Tartassare i contribuenti onesti o privatizzare? Due alternative per ridurre il debito

Per ridurre le tasse occorre abbassare il debito imboccando una delle due alternative: o introdurre una forte patrimoniale che peserebbe soprattutto sui contribuenti onesti o privatizzare – Qualunque Paese che non abbia perso la bussola saprebbe che cosa fare – Vedremo come si comporterà il Governo – Le prove della verità delle local utilities e Fincantieri

Tartassare i contribuenti onesti o privatizzare? Due alternative per ridurre il debito

Non se ne può più di una pressione fiscale che uccide le imprese e tartassa le famiglie italiane, ma – come saggiamente ricordavano Alberto Alesina e Francesco Giavazzi nell’editoriale di ieri i del “Corriere della sera” – “ciò che ci impedisce di ridurre le tasse non è il deficit, ma il debito che continua a crescere”. Alla fine del 2013 il debito pubblico italiano raggiungerà il 133% del Pil, trenta punti in più in un decennio, per costo annuo degli interessi di 85 milioni di euro, destinati a crescere quando inevitabilmente i tassi, oggi molto bassi, saliranno.

Ridurre le tasse non è giusto ma sacrosanto, però per farlo bisogna alleggerire il debito. E le strade – scrivano Alesina e Giavazzi – sono principalmente due: o tassare la ricchezza privata mediante un’imposta patrimoniale (che dovrebbe essere assai elevata per ridurre significativamente il debito) oppure ridurre lo spazio che lo Stato occupa nell’economia privatizzando imprese e vendendo immobili.

I due autori parteggiano per la seconda delle alternative: privatizzare. E per farlo smontano alcune leggende metropolitane come il fallimento delle precedenti privatizzazioni, a partire da Telecom Italia, distrutta non dalla ritirata dello Stato ma dalla gestioni private successive. Per non dire dei casi di privatizzazione di indiscutibile successo come il Nuovo Pignone o Autogrill.

Vedremo ora che cosa riuscirà a fare il governo Letta dopo la promozione delle privatizzazioni del premier nella City e a Wall Street e dopo la recente visita del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, a Londra. Nessuno si aspetta miracoli, ma le cartine al tornasole sono essenzialmente due: la local utilities, su cui si sta muovendo anche il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, e la quotazione della Fincantieri. 

E’ incredibile che non si riesca a portare in Borsa – non per cederne il controllo ma solo una quota – un gruppo, come quello cantieristico, che fa onore all’Italia, ma che ha bisogno di risorse per investire e mantenere la sua leadership nel mondo, solo perché la Fiom non vuole. Con tutto il rispetto per la storia (passata) della Fiom, non si può non ricordare che il sindacato dei metalmeccanici della Cgil rappresenta solo una percentuale minima della popolazione italiana e non ha proprio nessun titolo per esercitare diritti di veto sulle scelte del Governo. A patto, naturalmente, che queste ci siano realmente.

Ma il punto cruciale è un altro arriva a conclusione dell’editoriale di Alesina e Giavazzi: “Se davvero – concludono amaramente i due accademici – privatizzare è tanto difficile, rimane solo una strada per ridurre il debito: tassare i contribuenti onesti” perché “intanto i ricchi, preoccupati dalla possibilità che la loro ricchezza venga colpita da una partrimoniale una tantum, l’avranno già nascosta all’estero”.

Sarebbe interessante chiedere ai cittadini e ai contribuenti onesti che cosa ne pensano.

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