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Taiwan, Usa e Cina per un pugno di chip: in gioco la leadership del mercato, ma non sarà facile strappare il primato

Pechino ha dato il via ad imponenti manovre militari intorno a Taiwan. Washington lancia un piano di sostegni alla produzione. Tsmc: “Gli americani sono troppo indietro”

Taiwan, Usa e Cina per un pugno di chip: in gioco la leadership del mercato, ma non sarà facile strappare il primato

Dalle sei di stamane l’isola di Taiwan è al centro delle più impegnative e pericolose esercitazioni mai effettuate dal People Liberation Army, l’esercito della Repubblica popolare. Per quattro giorni, fino a domenica, le forze di Pechino prenderanno possesso di vaste porzioni dello stretto di Taiwan, una delle arterie marittime più trafficate del pianeta, sparando più volte missili a meno di dieci miglia dalla costa dell’isola. Ma a Taiwan, ancora elettrizzata dalla visita di Nancy Pelosi, la parola d’ordine è di mantenere la calma: i sette principali porti del Paese sono aperti, anche se si suggeriscono rotte alternative per le navi in entrata. Sono in attività anche gli aeroporti, nonostante ieri siano stati avvistati 27 caccia dell’aviazione di Pechino. 

Taiwan al centro delle esercitazioni militari, ma prevale la calma

Eppure, nonostante i venti di guerra, le Borse ostentano una strana tranquillità. In Asia come in Europa. Compresa Piazza Affari che guadagna quasi un punto percentuale in una giornata in cui lo spread stringe a poco più di 200 punti. Almeno per ora le tensioni geopolitiche nell’area ove transitano i due terzi del commercio mondiale sembra sotto controllo.

Ma a giustificare la relativa calma dell’isola di Taiwan è la natura del mercato dei chip, la vera polizza sul futuro di un Paese che conta solo 24 milioni di abitanti ma che rappresenta la 21a economia del mondo grazie all’egemonia nel mercato della materia prima strategica nell’era dell’elettronica: si calcola che ogni giorno due miliardi e mezzo di persone utilizzino prodotti che contengono chips prodotti dalla TSMC (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company), che controlla il 53% circa del mercato mondiale davanti alla coreana Samsung ed all’altra taiwanese Umc (il 7,2%). 

Taiwan ha la leadership del mercato mondiale dei chip

Una leadership non solo quantitativa. assicurano gli esperti, visto il vantaggio accumulato dalle aziende di Taiwan sul piano tecnologico e dell’efficienza produttiva da quando, anno 1976, il governo selezionò 37 ingegneri per un corso di formazione presso Intel. Tsmc nasce pochi anni dopo, nel 1987, da un ex Texas Instruments che convince il governo ad investire nel primo impianto di fabbricazione dei wafer nelle fonderie. Quello che era e resta il nodo principale di quest’industria. Da quell’iniziativa ha preso il via uno sviluppo globale che coinvolge, sotto la regia di pochi leader tecnologici, l’intero ciclo dell’economia digitale: da Taiwan partono gli investimenti (l’ultimo in cantiere vale 800 milioni di dollari) per gli stabilimenti della Cina che forniscono i chips ad Apple, ma anche il mega-investimento in Arizona, sollecitato da Washington per ridurre la dipendenza Usa dai primati, qualitativi non solo quantitativi, di Taiwan e Corea del Sud.

Taiwan e i chip: sullo sfondo la guerra Usa-Cina

E’ un questo quadro che ha preso il via la guerra Usa-Cina per assicurarsi il controllo dei tesori dell’isola. Mark Liu, attuale presidente di Tsmc, esibisce una tranquillità forse di facciata in una recente intervista a Cnn. “Un’eventuale invasione renderebbe le nostre strutture non operative – ha detto- Sono molto sofisticate e dipendono da una connessione in tempo reale col mondo esterno: Europa, Giappone, Usa”.

Un blocco dei colossi di Taiwan provocherebbe un danno quasi irreversibile all’industria di Pechino, che da anni (con successi modesti) tenta di accorciare le distanze dall’isola. Ma la partita è tutta da giocare: se Xi Jinping decidesse di militarizzare i rapporti commerciali bilaterali, l’intera economia taiwanese subirebbe un duro contraccolpo, visto che il 42 % dell’intero commercio estero dell’isola è rivolto alla terraferma cinese. E la decisione di vietare l’export dalla Cina della sabbia necessaria per la produzione del silicio, materia prima dei chips, rappresenta un secco monito per i Big che da sempre giostrano tra Usa e Cina. Di tutto questo, del resto, si sta probabilmente parlando a Beidaihe, la località a 300 chilometri da Pechino dove Xi Jingping da oggi a domenica si confronterà con i maggiorenti del partito.

La minaccia agli equilibri nel mondo dei semiconduttori arriva anche da Ovest

Ma la minaccia agli equilibri del mondo dei semiconduttori arrivano anche da Ovest. Il Congresso degli Stati Uniti ha approvato la settimana scorsa una legge che prevede forti sostegni alla produzione di semiconduttori. Ma tra le clausole del provvedimento, figura il divieto di aiuti per chi intende investire in Cina. In questo modo, si vuol spezzare la catena di produzione mondiale dell’elettronica, con gravi danni per Samsung e Hinix che negli ultimi due anni hanno investito più di 30 miliardi di dollari per assicurarsi il controllo delle memorie poi utilizzate da tutti i grandi della tecnologia. E a dimostrazione dell’orientamento di Washington ci stanno anche le pressioni con l’Olanda per impedire che Asml (l’azienda nata da una costola di Philips) venda altri macchinari per la produzione di chips ai gruppi che poi forniranno Pechino.

Tsmc Taiwan festeggia e incassa contributi per 17 miliardi di dollari

Intanto, però, Tsmc Taiwan fa festa con i contributi: 17 miliardi di dollari per la fonderia in costruzione in Arizona. Con molto scetticismo. Morris Chang, il fondatore del colosso, ha dichiarato che il ritardo accumulato dagli Stati Uniti nella ricerca rende molto difficile e comunque lungo il recupero americano. “Il Chips Act – ha detto commentando la recete legge Usa – è un esercizio futile e costoso”. Non meno severo il successore Mark Liu: “In Arizona ci stiamo mettendo una vita a costruire l’impianto. viste le difficoltà burocratiche. Ma il vero problema è l’assenza di personale capace”. Insomma, pensateci prima di sconvolgere l’economia dell’isola del tesoro. 

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