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Super-BRICs, una favola che non ha molto fondamento: insensato sommare realtà così diverse

Ci sono almeno tre ragioni che sconsigliano di sopravvalutare l’importanza dei Super-Brics che nacquero da un’intuizione della Goldman Sachs – Non si sa chi aderirà ma il blocco dei Super-Brics non è omogeneo e contiene evidenti contraddizioni al suo interno

Super-BRICs, una favola che non ha molto fondamento: insensato sommare realtà così diverse

Molti commentatori nei giorni scorsi si sono lasciati andare a prevedere l’avvento di un nuovo protagonista della governance mondiale: i Super-BRICs.

Alcuni osservatori, sommando i PIL di un certo numero di grandi economie emergenti o in via di sviluppo, sostengono che l’Occidente è già stato surclassato. A mio avviso, si tratta di conclusioni affrettate che non resistono alla prova di poche considerazioni informate. Mi pare che i tre seguenti spunti siano sufficienti a suggerire un po’ di cautela.

Primo, se è chiaro quali Paesi fanno parte tradizionalmente dei BRICs, Brasile, Russia, India e Cina, più Sud Africa aggiunta dopo, non è altrettanto chiaro quali altri Paesi si andrebbero ad aggiungere per formare i Super-BRICs. Si parla di Arabia Saudita, Argentina, Egitto, Iran e vari altri Paesi. Vale la pena di ricordare che, alla faccia dell’autodeterminazione da parte di un nuovo blocco alternativo a quello occidentale (Nord America ed Europa occidentale, più, se vogliamo, Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Corea del Sud) l’acronimo BRICs venne coniato nel 2001 da Goldman Sachs per meglio canalizzare gli investimenti finanziari verso le principali economie emergenti. BRICs è dunque, per costruzione, una creazione etimologica occidentale, funzionale alle esigenze del capitalismo finanziario e che male si addice a denominare una contrapposizione all’Occidente stesso.

Secondo, non ha senso sommare realtà così diverse e prive di un denominatore comune di ordine storico, politico, istituzionale. È vero, a volte si manifesta l’eterogenesi dei fini e, anche se nato all’ombra della più blasonata banca d’investimento americana, da quel coacervo diversificato potrebbe sbocciare una sintesi efficace. Tuttavia, la definizione dei Super-BRICs, se si va oltre l’unico collante (“super” sì ma solo in quanto “super-ficiale”) della contrapposizione all’Occidente, fa intravedere un gigante dai piedi d’argilla. Basti un unico esempio sui due pesi massimi. Parlare di alleanza strutturata tra Cina e India è al momento un mero esercizio verbale, se si ricordano gli storici conflitti tra i due giganti asiatici o le persistenti tensioni di confine. Inoltre, l’India è membro fondatore del QUAD, il contenitore istituzionale del Quadrilateral Security Dialogue, che la aggrega dal 2007 a Stati Uniti, Giappone e Australia proprio in funzione di contenimento dell’espansionismo cinese. In tal senso, giova ricordare che dal 2020 il QUAD è gemmato in QUAD Plus, includendo pure Nuova Zelanda, Corea del Sud e Vietnam e dal 2021 si è anche aperto alla partecipazione di Brasile e Israele in qualità di osservatori.

Terzo, anche tralasciando i problemi della sistematica violazione del diritto internazionale da parte della Russia, che imbrattano il tavolo negoziale, l’idea dei Super-BRICs affiora nella fase storica sbagliata, quella in cui stanno venendo al pettine alcuni nodi cruciali del quarantennale iper-sviluppo cinese. L’esplosione in corso della bolla immobiliare domestica suona stonata per l’ampliamento, proprio ora, del ruolo globale della Cina, che, a ben vedere, è il più gigante tra i giganti al picnic dei Super-BRICs. Anche qui è necessario un esercizio di memoria. Alla fine degli anni Ottanta, il principale sfidante degli Stati Uniti era l’economia del Giappone, non quella della Cina. Ebbene, circa trent’anni fa si verificò il precedente dell’esplosione della bolla immobiliare giapponese, da cui l’economia del Sol Levante non si è più ripresa. Ovviamente, sarebbe scorretto tracciare un parallelo sic et simpliciter. Nondimeno, visto che si è parlato anche dell’ipotesi di una valuta comune per i Super-BRICs, è legittimo chiedersi se, nello scenario  attuale di crollo dei valori immobiliari cinesi, i cittadini del mondo che possono scegliere preferirebbero investire i propri risparmi in una valuta (anche se digitale) stampata a Pechino o in un’altra stampata a Washington o a Francoforte.

Insomma, quella dei Super-BRICs, più che una solida realtà, al momento sembra una curiosa favola da raccontare ai bambini per farli addormentare, o magari una fake novel da diffondere sui social, ma qui si aprirebbe un altro discorso…

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