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Strichetto bolognese, la pasta dei poveri diventa ricetta tipica

La tipica pasta emiliana, nata dal recupero dei ritagli delle sfoglie di tortellini e tortelloni, diventa la 31esima ricetta depositata alla Camera di commercio di Bologna dall’Accademia Italiana della Cucina dal 1972 ad oggi – Antenato delle moderne farfalle, ecco come viene condito lo strichetto.

Lo strichetto ha da oggi il suo riconoscimento ufficiale come piatto tradizionale della cucina emiliana. La pasta tipica creata coi ritagli della sfoglia storicamente nasce dalla povertà contadina e dalla necessità di recuperare i ritagli delle sfoglie di tortellini e tortelloni, che poi le massaie conservavano in un vaso di vetro con il tappo di sughero nelle vetrinette delle cucine bolognesi. Testimonianza della cucina povera e di recupero, lo strichetto è una sorta di antenato della attuali farfalle commerciali e diventa la trentunesima ricetta depositata alla Camera di commercio di Bologna dall’Accademia Italiana della Cucina dal 1972 ad oggi.

CHE COSA E’ LO STRICHETTO

Questa tipologia di pasta viene realizzata anche utilizzando direttamente la sfoglia tagliata in quadrati di 4-4.5 cm per lato. Basta una semplice pressione con indice e pollice nel centro della sfoglia e poi frastagliarne i lembi con la “spronella”, la rotella tagliapasta. Nel testo depositato solennemente con atto del Notaio rogante Pietro Zanelli e che ora sarà custodito in Camera di Commercio insieme alle ricette originali di ragù, tortellini, tagliatelle e lasagne, si legge: “Utilizzati nel bolognese, non tanto per le mense nobili o della ricca borghesia, ma per una mensa povera, con un uso prevalente fuori città nella bassa contadina, perché appunto piatto di recupero e di facile preparazione, aggiungendo spesso all’impasto della sfoglia ortica o spinaci, per la variante verde. Questi ritagli, non molto grandi, si ottengono partendo dalla classica forma ovoidale di una normale sfoglia ottenuta dall’impasto di farina ed acqua secondo la classica ricetta (ingredienti per 4 persone: farina bianca 00 gr. 400, n°4 uova intere, una presa di sale). Costituivano un alimento per chi lavorava i campi o in risaia; messi già cotti nella gamella in cui andava nella parte inferiore la pasta cotta condita e sotto al coperchio, in un apposito spazio, la frittata o le patate lesse; non certo la carne.

Per condire gli strichetti bolognesi si usava, e si usa, il normale ragù bolognese od un sugo fatto con l’asparagina sia bianco che con l’aggiunta di conserva di pomodoro. Altro condimento tradizionale è quello con piselli, pancetta, panna e parmigiano. In questi ultimi decenni il consumo si è orientato sempre più verso produzioni industriali meccanizzate, oggi chiamate “Farfalle”, proposte dai più rinomati produttori sia di pasta all’uovo secca che di semola; recentemente realizzate anche con la farina di kamut”.

Alla cerimonia sono intervenuti Daniele Passini, Vice Presidente della Camera di Commercio di Bologna, Giorgio Palmieri, Delegato Accademia Italiana della Cucina – Sezione Bologna dei Bentivoglio, Alessandro Menzani, Segretario Confraternita dello Strichetto bolognese e Presidente delle Pro Loco Casalecchio Insieme, Andrea Segré, Presidente Fondazione Fico. Per arrivare al deposito l’Accademia Italiana della Cucina – Sezione Bologna dei Bentivoglio ha condotto lunghi e complessi studi storici e sociali avvalendosi anche della competenza della Confraternita dello Strichetto. Dalla Accademia, istituzione culturale della Repubblica Italiana, è arrivata così la conferma: gli strichetti sono parte integrante e fondamentale delle specialità tipiche e tradizionali della cucina classica bolognese.

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