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Spesa militare: Italia indietro sui parametri Nato. Le armi ci sono, ma manca l’addestramento per usarle

Secondo uno studio dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, la spesa militare dell’Itali dovrebbe aumentare di 16,5 miliardi entro il 2024 per rispettare gli impegni assunti

Spesa militare: Italia indietro sui parametri Nato. Le armi ci sono, ma manca l’addestramento per usarle

La spesa militare dell’Italia è ancora lontana dagli obiettivi Nato. Insieme agli altri membri dell’Alleanza atlantica, il nostro Paese si è impegnato a usare per la difesa il 2% del Pil entro il 2024. Ad oggi, siamo molto indietro sulla tabella di marcia: stando all’ultimo bilancio previsionale dello Stato, nel 2021 la spesa militare dell’Italia si è fermata 24,4 miliardi di euro, pari all’1,37% del Pil. Lo segnala in uno studio l’Osservatorio sui conti pubblici italiani, sottolineando che – per centrare l’obiettivo del 2% – rispetto all’anno scorso dovremmo aumentare gli stanziamenti per la difesa di circa 16,5 miliardi. Una cifra enorme, ma che sarebbe appena sufficiente a rispettare un parametro su cui Paesi come Usa, Gran Bretagna e Francia sono già in regola.

“Nel contesto internazionale, nel 2020 l’Italia si collocava al 102esimo posto (su 147 paesi considerati) per spesa militare su Pil – si legge nello studio – sotto tutti i G7 tranne il Giappone, e sotto la mediana Ue (1,6%) e Nato (1,8%)”.

La spesa militare dell’Italia: gli armamenti ci sono…

Ma gli impegni assunti in ambito Nato sono anche più specifici. Sempre entro il 2024, il 20% della spesa militare dell’Italia dovrebbe essere concentrata in “investimenti”, ossia in armamenti (missili, aerei, artiglieria e via elencando). Su questo fronte, il nostro Paese ha già centrato il target, e anzi fa addirittura più dei principali partner: secondo le stime Nato per il 2021, l’Italia spende in armamenti il 28,9% del suo budget per la difesa, una quota leggermente inferiore a quella degli Stati Uniti (29,4%), ma superiore a quelle di Regno Unito (24,3%), Francia (27,8%) e soprattutto Germania (18,6%).

…Ma manca l’addestramento

Tuttavia, nel confronto con gli altri Paesi – precisa ancora l’Osservatorio Cpi – spendiamo “molto meno per l’addestramento all’uso degli armamenti”. Insomma, “le armi ci sono, ma non c’è abbastanza addestramento per usarle”.

Spesa militare: Italia prima per i costi del personale

Il terreno su cui invece non temiamo alcun confronto è quello delle spese per il personale (stipendi, contributi, spesa per pensioni). Il nostro 60,5% è inarrivabile per tutti: gli Usa si fermano al 37,5 e il Regno Unito al 32,7%; leggermente più su Francia (42,5%) e Germania (41,7%).

Eppure, tra il 2012 e il 2021 il personale italiano si è ridotto di 13.600 unità, arrivando a 162.600. Per il 2023 sono previste circa 161.000 unità, una quota ancora molto superiore al target di 150mila unità fissato dalla riforma Di Paola del 2012 (la legge n. 244 del 31 dicembre 2012), che delegava il governo, fra le altre cose, a revisionare la composizione della spesa militare dell’Italia.

Le missioni internazionali

Infine, “l’impegno relativo al contributo alle missioni internazionali è rispettato grazie alla partecipazione italiana in ben 9 missioni Nato nel 2021”, conclude l’Osservatorio.

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