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Spagna al voto, in quattro a caccia di un governo

ELEZIONI SPAGNOLE – Dopo sei mesi di ingovernabilità, la Spagna torna alle urne con il fiato di Brexit sul collo e in mezzo a nuovi e vecchi scandali: difficile per chiunque raggiungere una maggioranza sufficiente a governare – I disegni dei Popolari, del Psoe, di Podemos e di Ciudadanos – Gli effetti sull’economia

Da Londra a Madrid. Il 26 giugno, a tre giorni dal referendum che ha decretato la fuoriuscita del Regno Unito dall’Unione Europea, la Spagna tornerà al voto per eleggere il nuovo Governo, dopo sei mesi di caos e fallimenti. Un appuntamento elettorale che, dopo la sorpresa Brexit, assume una rilevanza particolare per l’intero continente, rappresentando il primo, vero test sulle ripercussioni politiche che la consultazione britannica potrebbe avere sugli altri Stati Membri dell’UE.

LE ELEZIONI DEL 20 DICEMBRE
Madrid è senza Governo dalle elezioni generali dello scorso 20 dicembre. Sei mesi fa il responso delle urne lasciò di stucco una Nazione intera. Non solo perché per la prima volta nella sua storia democratica gli iberici si sono trovati ad affrontare lo spettro ingovernabilità, dato che nessun partito è riuscito ad ottenere la maggioranza assoluta (176 seggi), ma anche perché il bipolarismo che reggeva in piedi il Paese da decenni è definitivamente tramontato, lasciando spazio ad un sistema quadripartitico che ha più volte dimostrato le sue fragilità.

UN’ECONOMIA CON LUCI ED OMBRE
Alla base della trasformazione, la crisi finanziaria globale che anche in Spagna ha avuto un effetto dirompente. Oggi, nonostante un PIL in crescita del 3,2% nel 2015, l’economia iberica è ancora caratterizzata da profonde debolezze: un tasso di disoccupazione sopra il 20%, una forte precarietà lavorativa, un deficit pubblico che nel 2015 ha raggiunto quota -5,1%. La stabilità politica rappresenta dunque una necessità fondamentale per consolidare una ripresa arrivata dopo anni di sacrifici e austerity.

I SONDAGGI
Domenica 26 giugno, a giocarsi il tutto per tutto saranno gli stessi protagonisti che hanno reso incandescente la precedente campagna elettorale e il primo semestre del 2016: Mariano Rajoy per il Partido Popular, Pedro Sanchez per il Psoe, Pablo Iglesias per Podemos e Albert Rivera per Ciudadanos.

Rispetto a sei mesi fa però c’è una differenza fondamentale: l’accordo stretto lo scorso 13 maggio tra Podemos, Izquierda Unida e altre formazioni di sinistra. In base ai sondaggi, la neonata coalizione Unidos Podemos è riuscita a compiere uno storico sorpasso nei confronti dei socialisti, arrivando al 24,9% e diventando la seconda forza politica nel Paese. Nel caso in cui le elezioni dovessero confermare questo risultato, per Pedro Sanchez potrebbe essere la fine.

Scorrendo rapidamente “la classifica”, al primo posto nelle rilevazioni c’è ancora il PP con il 29,4% delle preferenze. Una percentuale leggermente superiore (+0,7%) a quella ottenuta lo scorso 20 dicembre, ma insufficiente per raggiungere la maggioranza assoluta. Terzo il Psoe con il 21,1% (-1%), quarto Ciudadanos con il 14,8% (+0,9% rispetto al 20-D)

I POSSIBILI SCENARI
Nel caso in cui i risultati dei sondaggi venissero confermati dal risultato delle urne, ancora una volta, nessuno dei partiti in lizza riuscirebbe ad ottenere la maggioranza necessaria per governare. Uno scenario che secondo la maggior parte degli analisti, è più che probabile. A questo punto dunque si pensa già alle nuove alleanze di Governo.

Rajoy dunque potrebbe nuovamente tentare la strada dell’accordo con i socialisti, provando a formare una “coalizione della tradizione” che garantirebbe la stabilità di cui il Paese ha bisogno. Ma l’elettorato del Psoe potrebbe non vedere di buon occhio un’alleanza con il “celebre nemico”, soprattutto dopo i numerosi No pronunciati da Sanchez da gennaio ad oggi. Per questo motivo, da tenere in considerazione potrebbe esserci anche un Governo di minoranza del PP che riuscirebbe ad agguantare il potere grazie all’astensione dei socialisti.

In alternativa, secondo alcuni quotidiani, potrebbe arrivare un esecutivo progressista formato dai due principali partiti di sinistra (Psoe e Unidos Podemos). In questo caso però diventano fondamentali le percentuali ottenute alle urne perché l’unione potrebbe comunque non bastare.

Alla vigilia delle elezioni dunque i giochi sono ancora aperti.

DA BREXIT AGLI SCANDALI
A smentire le previsioni degli analisti potrebbe però arrivare l’effetto Brexit. Ad oggi, prevedere come e quanto il voto del Regno Unito influenzerà l’elettorato spagnolo non è impresa semplice. Il quotidiano iberico Abc lancia due ipotesi opposte: da un lato i cittadini, terrorizzati dalle conseguenze del “leave” potrebbero decidere di votare per “la sicurezza”, tornando quindi sui due partiti tradizionali che la crisi aveva fortemente danneggiato dal punto di vista elettorale. Dall’altro invece, i partiti della sinistra più estrema, Podemos in primis, potrebbero godere della nuova forza acquisita dal populismo europeo con la vittoria di Brexit.

Da non sottovalutare infine l’impatto che potrebbero avere sulla tornata elettorale del 26 giugno i due scandali che hanno colpito il PP da un lato e Podemos dall’altro. Il primo deve affrontare le recenti accuse relative al presunto tentativo del ministro dell’Interno Fernandez Diaz di aver costruito prove false contro alcuni esponenti dei partiti indipendentisti catalani alla vigilia del referendum del 2014 (poi cancellato). Pablo Iglesias, dal canto suo, non ha convinto gli spagnoli sui finanziamenti ricevuti da Venezuela e Iran.

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