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Sociologia della moneta elettronica

L’innovazione tecnologica negli strumenti di pagamento, così come i sempre più ampi flussi migratori tra Paesi anche lontanissimi, disegnano un nuovo quadro di possibilità e di necessità di inclusione finanziaria – Sviluppare pagamenti elettronici veloci e sicuri rimane il perno dell’innovazione finanziaria sana e necessaria in questo momento storico.

Sociologia della moneta elettronica

La spinta alla modernizzazione di sistemi e strumenti di pagamento (dalla Sepa, al conto di pagamento, dai nuovi intermediari specializzati quali gli Istituti di pagamento e di moneta elettronica, alle tecnologie internet e mobile, dall’uso della biometria nei processi di strong autentication delle transazioni, alle politiche europee dedicate al settore) apre alla creazione di una nuova industria europea dei pagamenti, segnata da una maggiore concorrenza.

A ciò si aggiunge la domanda proveniente da nuovi bacini di utenza per servizi di pagamento più sicuri ed efficienti rispetto a quanto fino ad oggi sperimentato. Le conseguenze sui comportamenti dei consumatori e, più in generale, quelle di ordine sociale che possono scaturire da queste tendenze sono ancora poco indagate, anche se alcune prime riflessioni di prospettiva, necessarie per capire meglio gli effetti nel tempo di questa decisa spinta al cambiamento, cominciano ad essere avanzate. Analisi interessanti dal punto di vista della sociologia della moneta, utili allo sviluppo di policy pubbliche e di linee di business da parte di operatori privati, riguardano: A) i rapporti tra nuovi strumenti e istituzioni di pagamento da un lato e i processi di inclusione finanziaria dall’altro, B) l’impatto dei benefici delle nuove tecnologie di pagamento (in termini di velocità e sicurezza delle transazioni) sulle condizioni economico-sociali di comunità fortemente dipendenti dalle rimesse dei propri emigranti, C) gli eventuali ostacoli di ordine culturale che possono ritardare l’affermarsi delle innovazioni tecnologiche nei pagamenti.

Il primo punto ha a che fare con l’aumento della popolazione unbanked o underbanked composta sia di cittadini residenti sia dei migranti nei paesi più sviluppati. Se si guarda all’Italia, si stima che 15 milioni di cittadini non abbiano, allo stato, alcun rapporto bancario, complici la crisi economica e le più selettive politiche delle banche; in questa condizione versano 3 milioni e mezzo dei 5 milioni di stranieri che vivono nel nostro paese, a comprova delle difficoltà che essi incontrano per il pieno inserimento nel nostro tessuto sociale. Questo impressionante esercito di dropouts costituisce la ragione essenziale che deve spingere a costruire processi di inclusione finanziaria, obiettivo essenziale nel quadro delle più complesse politiche di integrazione sociale.

Si può citare al riguardo l’indicazione, ancorchè non obbligatoria, data al sistema bancario dal Governo Monti di offrire un conto corrente con caratteri di economicità per avvicinare questi strati di popolazione, iniziativa cui si è di recente aggiunta la proposta di Direttiva europea, che intende prescrivere a tutti i paesi dell’Unione l’obbligo di offerta, da parte di istituzioni autorizzate, del conto di pagamento di base, con requisiti di trasparenza e portabilità, per la diffusione tra gli utenti di minore forza contrattuale. I consumatori europei che non dispongono di (o non possono avere accesso a) un conto corrente avranno la facoltà di aprire un conto di pagamento di base, indipendentemente dalla loro situazione finanziaria e dal luogo di residenza nell’Unione europea, per eseguirvi versamenti e prelevamenti di contante, nonchè tutte le altre operazioni di pagamento tramite bonifici o trasferimenti di fondi, uso di carte, ma senza accesso al credito.

Considerate le molteplici possibilità di mobilizzazione elettronica dei saldi tramite carte di pagamento, piattaforme di internet banking, telefonia mobile, il conto di pagamento si presta ad una rapida diffusione grazie anche alle minime conoscenze informatiche necessarie, ormai diffuse in tutti gli strati sociali. A basso profilo di rischio per le istituzioni che lo offrono e, al momento, senza fiscalità, esso può rappresentare il primo passo di un processo che dovrebbe vedere la popolazione unbanked procedere poi verso strumenti di accumulo di risparmio quali conti di deposito e prime forme di ottenimento del credito, per evolvere infine verso il risparmio gestito, più complessi rapporti di finanziamento, schemi previdenziali assicurativi e pensionistici. Non risulta che vi siano progetti di questa portata sviluppati da istituzioni finanziarie, se si escludono talune iniziative di banche espressione di specifiche comunità (filippine, islamiche, rumene) e dell’unico operatore bancario di diritto italiano nato con il prevalente obiettivo di rivolgersi alle etnie extracomunitarie, allo scopo di andare oltre il mercato delle rimesse tuttora monopolizzato dalle reti dei Money Transfer Operator (le banche non hanno più del 5%, su un totale di circa 10 mld di dollari di rimesse annue). Trattasi, in ogni caso, di processi parziali assai distanti dal percorso prima astrattamente descritto. La stessa scansione attende il processo di reinclusione finanziaria dei cittadini italiani, rimasti privi di rapporti bancari. Mettere a fondamento di questo processo il conto di pagamento e le connesse, e disponibili, tecnologie di movimentazione significa conferire a tale strumento un compito che supera le ragioni economiche e di progresso tecnologico per assumere quello di riavvicinare parti della società sempre più distanti tra di loro.

Il secondo punto in discussione mira ad analizzare gli impatti sociali degli strumenti innovativi di pagamento visti dal lato dei paesi dai quali originano i flussi migratori. Accanto alle rimesse mondiali (secondo le stime, passate, nell’ultimo biennio da 230 a 450 mld di dollari), vanno rapidamente aumentando, all’interno dei paesi emergenti, i flussi di pagamento tra città e campagna. Le popolazioni meno privilegiate concentrate nel Sud del pianeta, mostrano condizioni sociali impressionanti: la metà del mondo e’ unbanked, 800 milioni di abitanti sono analfabeti totali, più di un miliardo non ha accesso alle cure sanitarie di base, 900 milioni sono sottonutriti, i suicidi nelle campagne dell’India sono 250.000 all’anno. A differenza della situazione nei paesi europei, l’inclusione finanziaria dei gruppi sociali più deboli riguarda la possibilità di contare su servizi finanziari minimi, a costi sostenibili, soprattutto disponibili nel momento in cui essi divengono irrinunciabili ragioni di vita, ove, per di più, si consideri che non vi e’ possibilità di facile accesso alle istituzioni finanziarie, anche per la loro dispersa presenza sul territorio. I programmi di inclusione finanziaria del mondo rurale di questi paesi attengono alla diffusione di soluzioni di pagamento sempre più sicure basate su schemi di mobile payments sottoposti ai controlli della regolamentazione (autenticazione della transazione con il riconoscimento sicuro dell’impronta digitale in India, M-Pesa in Kenya per l’utilizzo della messaggistica telefonica sms, GCash nelle Filippine, Bolsa Familia in Brasile).

La tutela del consumatore e’ infatti diventata anche nei paesi emergenti istanza socialmente non rinunciabile da parte delle politiche pubbliche. L’impatto d’ordine sociale delle nuove tecnologie di pagamento viene analizzato dagli studiosi con riferimento sia al nucleo familiare sia al pià ampio contesto delle comunità. Si cerca di rispondere se la “moneta mobile” sia un nuovo genere di moneta, capace di cambiare la natura e la gestione day by day del denaro all’interno della famiglia e della società, in quale misura essa realizzi, rispetto alle modalità più tradizionali, gli scopi della inclusione finanziaria, accrescendo la libertà e le capacità di scelta degli individui in materia economica. Ci si chiede anche se la “moneta mobile” promuova l’uguaglianza di genere o, al contrario, rafforzi i caratteri patriarcali delle società.

Alcuni di questi studi sostengono che, in analogia a (o forse per effetto stesso di) quanto avvenuto nel microcredito, anche nei pagamenti le differenze di genere contino, al punto che l’affidamento alle donne anche di queste responsabilità produrrebbe vantaggi per la collettività nel suo insieme, in ragione delle capacità a gestirne meglio le implicazioni. Sta di fatto che in alcune aree delle Filippine il tasso di “bancarizzazione” delle donne e’ già più alto di quello degli uomini. In ogni caso l’obiettivo della inclusione finanziaria e’ quello di incoraggiare le capacità della popolazione unbanked ad utilizzare al meglio i servizi, incentivando la ricerca di nuove modalità di utilizzo e promuovendo maggiore consapevolezza circa il mantenimento della fiducia verso gli intermediari incaricati delle transazioni e della raccolta del risparmio. Altro aspetto da evidenziare e’ che la transazione via telefonia mobile, avendo il pregio della rapidità, ha maggiore possibilià di risolvere situazioni in cui il fattore tempo assume rilevanza spesso vitale. Il sostegno finanziario che arriva nel momento esatto in cui serve rinsalda i legami interpersonali, accrescendo agli occhi del destinatario l’importanza sociale di colui che invia denaro. l terzo punto in discussione riguarda le eventuali resistenze che le nuove tecnologie, segnatamente quelle mobile, potrebbero incontrare da parte di concezioni ideologico/religiose che sviluppano una particolare visione dei rapporti con la finanza. La finanza slamica rappresenta il più importante di questi approcci culturali, che, in alcuni studi recenti, ha preso in esame anche l’inquadramento delle modalità dei moderni pagamenti nei dettami delle regole coraniche. Il criterio in base al quale è stata riconosciuta la conformità delle transazioni a mezzo di mobile phones e’ quello del rispetto delle regole generali dello scambio che deve avvenire in condizioni di parità tra le controparti, con modalità dirette come nella dazione a mani tra richiedente, incaricato del servizio, destinatario ed essere regolato su base immediata. L’assenza di una soltanto di tali condizioni rende la transazione non valida.

Insomma, secondo la concezione islamica il pagamento elettronico viene riconosciuto compliant, nella misura in cui e’ esente da riba (pagamento di interessi), da elementi di gharar (rischi eccessivi dovuti a incertezza), da maysir (natura di scommessa). Quanto al tempo di trasmissione delle transazioni (airtime), affidato alle piattaforme tecnologiche e dalle connessioni di rete, esso viene considerato una commodity e quindi ritenuto privo di profili di natura finanziaria, ragione per la quale le operazioni non< subiscono, anche sotto questo aspetto, restrizione alcuna. Infine, i generali effetti positivi degli sviluppi della tecnologia dei pagamenti per la riduzione della povertà e per la elevazione della qualità della vita umana, operando in favore della inclusione finanziaria, contribuiscono al pieno riconoscimento del trasferimento di fondi mediante tecnologie mobile della loro conformità alle regole religiose. Questa chiara interpretazione in favore dei mobile payments, frutto delle riflessioni di Università Islamiche del massimo prestigio, ha eliminato ogni possibile ostacolo all’interno di queste comunità di credenti circa l’utilizzo di carte di debito, pagamenti a mezzo di telefonia mobile, internet e via dicendo, conferendo certezze che vanno al di la’ dei vantaggi in termini di efficienza economica e tecnologica degli strumenti utilizzati. Le conclusioni da trarre da questo breve excursus e’ che il ruolo della moneta, anche nella sua versione elettronica, va ben oltre il significato economico di equivalente universale, per trasformarsi in strumento che, dal punto di vista sociologico, riflette differenze di valore a seconda delle articolazioni culturali della società umana. Le innovazioni tecnologiche che si stanno introducendo (mobile e internet) hanno impatto anche sulle condizioni sociali, giungendo perfino a modificare consolidati rapporti all’interno delle comunità. Tali strumenti sono oramai un fatto accettato lungo il percorso della inclusione finanziaria nei paesi emergenti. Anche in questi contesti, regole di protezione del consumatore e maggiore concorrenza tra gli attori del mercato debbono definitivamente affermarsi. In contrasto con la rapidità del progresso, avanza, invece, ancora con lentezza la convergenza degli assetti legislativi, necessari per evitare arbitraggi normativi tra sistemi, soprattutto con riferimento ai crimini che con la moneta si possono compiere, come il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo. Il consolidarsi di queste tendenze dovrebbe un po’ alla volta ridurre l’elevato costo economico-sociale del denaro contante, ridimensionando l’affermazione, comunque tuttora valida, che, per i pagamenti in qualsiasi parte del mondo, Cash is still King. Il dibattito di natura sociologica sulla nuova e vecchia moneta deve servire a mettere meglio a fuoco come la diffusione di strumenti di pagamento elettronici non sia soltanto questione di efficienza, trasparenza, legittimità e tutela del consumatore, ma abbia un più elevato potenziale facendoci capire meglio i legami tra moneta e credito e quindi tra moneta e sviluppo economico. Nell’economia il denaro non serve soltanto per pagare, ma anche per fare credito, anzi la teoria ci dice proprio che credito e moneta sono indissolubilmente interconnessi. Sotto quest’aspetto non e’ quindi così grande la differenza tra gli effetti negativi del credit crunch dei sistemi bancari occidentali e quelli della bassa bancarizzazione dei paesi emergenti, e, complice la crisi, da qualche tempo anche in quelli più sviluppati. In entrambi i casi, vi e’ la necessita’ di sopperire alla mancanza di credito con la moneta e, auspicabilmente, non per mezzo del succedaneo di più basso valore (dati i suoi elevati costi e rischi), cioè il contante. Sviluppare pagamenti elettronici veloci, sicuri e a basso costo rimane il perno dell’innovazione finanziaria sana di cui abbiamo bisogno e di cui hanno bisogno l’impresa, il commercio, ma anche il singolo cittadino in una fase storica in cui i prestiti bancari sono in diminuzione. Se per contenere i rischi di un’economia debole i banchieri sembrano avere motivazioni per la loro diminuita propensione al credito, non altrettanto giustificate sono quindi le prudenze sul versante dello sviluppo degli strumenti di pagamento. L’invito a osare di più nella modernizzazione dei pagamenti tra imprese, tra imprese e consumatori finali, tra pubblica amministrazione, imprese e consumatori, mobilizzando più velocemente i saldi disponibili, consentirebbe di incidere, anche se parzialmente, sui rapporti debito-credito all’interno dell’economia. Sul versante della politica della vigilanza bancaria sappiamo che sul credito vi e’ il governo ossessivo dei banchieri centrali con i mantra ispirati ai principi di Basilea, mentre nei servizi di pagamento sono in atto policy improntate a maggiore liberalizzazione proprio in ossequio al principio che essi sono di gran lunga i prodotti finanziari meno rischiosi ed a più alto contenuto informativo rispetto all’anonimato del contante, cosa che può positivamente riflettersi anche sulla valutazione del merito creditizio da parte degli intermediari. In attesa che le banche recuperino energie e risorse per ridare, mediante il credito, fiducia alle imprese evitando la misera sorte di Godot che “oggi non viene e non verra’ neanche domani”, la diffusione di strumenti innovativi di pagamento può di per se’ dare sollievo alle sorti economico-sociali di molte popolazioni.

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