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Smart working, ancora nessuna proroga per fragili e con figli under 14: cosa cambia dal primo settembre

Il ministro del lavoro, Andrea Orlando, ha promesso di trovare le risorse in sede di conversione del decreto Aiuti bis. E mentre l’Italia frena sul lavoro agile nel resto dell’Ue aumenta

Smart working, ancora nessuna proroga per fragili e con figli under 14: cosa cambia dal primo settembre

Addio smart working per lavoratori fragili e con figli under 14? Nel decreto Aiuti bis appena approvato dal Governo Draghi non c’è alcuna traccia di proroga del lavoro agile per queste categorie di lavoratori. La richiesta di una proroga dello smart working al 31 ottobre avanzata dal ministro del lavoro, Andrea Orlando, al Cdm non è stata accolta per mancanza di risorse. Partita rimandata con tutta probabilità in sede di conversione in legge del decreto, dunque entro 60 giorni.

Prorogato più volte in ragione del perdurare dell’emergenza sanitaria, lo smart working semplificato è stato riconosciuto fino al 31 agosto rispetto alla precedente scadenza del 30 giugno 2022. Ma vediamo come stanno le cose e cosa cambia per lo smart working dal primo settembre.

Lo smart working dal primo agosto 2022

Dal primo agosto 2022 viene meno il regime di favore per l’accesso al lavoro da remoto, da parte dei lavoratori fragili e dei genitori con figli minori di 14 anni. Nulla però vieta alle aziende (di norma previa richiesta degli interessati) di concedere comunque lo smart working.

È opportuno ricordare che i datori di lavoro sono in ogni caso tenuti a riconoscere priorità di accesso alle seguenti categorie:

  • lavoratori o lavoratici con figli fino a dodici anni di età;
  • lavoratori o lavoratrici con figli in condizioni di disabilità (senza limiti di età);
  • lavoratori con disabilità in situazione di gravità accertata o caregiver.

Smart working: cosa cambia dal primo settembre

Dal primo settembre 2022, invece, lo smart working nel settore privato sarà possibile solo previa sottoscrizione di un accordo tra le parti che dovrà essere siglato nell’atto dell’assunzione o in un momento successivo, ma prima che inizi il lavoro da remoto. Per il protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile, firmato nel dicembre 2021, l’accordo tra le parti deve prevedere alcuni elementi come i termini dello smart working, i tempi di riposo e di “diritto alla disconnessione”, gli strumenti di lavoro e i diritti e i doveri dei lavoratori.

E nel pubblico, cosa cambia per lo smart working? Sicuramente resta uno strumento “utile” per contrastare la diffusione del Covid-19 nei luoghi di lavoro e particolarmente incoraggiato soprattutto per la tutela dei lavoratori fragili, almeno fino al 31 ottobre 2022. Nessun obbligo, dunque, ma solo un invito.

L’Italia ultima in Europa nel lavoro agile

L’Italia rallenta la corsa allo smart working. Nel post pandemia sono solo 2,9 milioni i lavoratori da remoto, il 37,2% dei potenziali 8 milioni di smart worker del nostro Paese. È quanto emerge dall’analisi di Randstad Research secondo cui si tratta di un trend in controtendenza rispetto agli altri Paesi europei che registrano un’accelerazione verso il lavoro agile anche all’indomani delle misure anti-Covid più stringenti.

Lo studio, basato su dati Istat ed Eurostat, rileva come sul totale degli occupati appena il 13% dei lavoratori italiani lavora da casa e con modalità diverse. Nello specifico, il 5,9% per due o più giorni a settimana e il 7,1% meno di due giorni a settimana.

Se però si analizza il dato di chi lavora da casa per almeno metà del tempo, confrontandolo con gli altri paesi europei, si scopre che l’Italia è all’ultimo posto e sta “tirando il freno” al lavoro da remoto. La percentuale degli occupati che lavorano almeno la metà delle ore da casa è salita dal 3,6% del 2019 al 12,2% del 2020, per scendere poi all’8,3% nel 2021. Mentre nello stesso periodo la media Ue è passata dal 5,4% del 2019 al 13,4% nel 2021 in crescita costante.

Il confronto con l’Europa

Quasi ovunque in Europa si nota un aumento continuo dello smart working nel triennio 2019-2021. La media europea degli occupati che lavorano spesso in smart passa dal 5,4% del 2019 al 12% del 2020 al 13,4% del 2021.

In Irlanda, al primo posto in classifica, si è passati dal 7% del 2019 al 32% del 2021. In Belgio dal 6,9% al 26,2%. In Germania dal 5,2% al 17%. L’Italia è l’unico paese dell’Europa a 27, assieme alla Spagna, a far segnare un arretramento nel 2021 rispetto all’anno precedente. Si è passati dal 3,6% del 2019 al 12,2% del 2020, per poi scendere all’8,3% della fine del 2021.

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