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Silicon Valley, perchè le startup innovative hanno un valore stellare: vantaggi e rischi

Nella Silicon Valley ci sono più di 80 startup innovative che valgono oltre un miliardo di dollari malgrado i loro ricavi siano pressoché inesistenti – Per cercare il successo le startup hanno fame di capitali e gli investitori si trovano ma il fallimento o i meccanismi di protezione degli investitori come la liquidazione privilegiata sono dietro l’angolo.

Silicon Valley, perchè le startup innovative hanno un valore stellare: vantaggi e rischi

Quando sugli alberi crescono i dollari

Chi ha la possibilità di vedere la multipremiata serie comica HBO Silicon Valley, trasmessa su Sky Atlantic, lo faccia. Non è soltanto divertente, ma anche tremendamente istruttiva: ci mostra uno spaccato importante dei tempi moderni, al pari dell’omonimo capolavoro di Charlie Chaplin. La serie racconta le vicende di Pied Piper, una startup ideatrice di un software di compressione rivoluzionario, che opera nella famosa valle tra San Francisco e San José, la valle dove ai tempi di John Steinbeck sugli alberi crescevano le prugne e oggi crescono i dollari. Gli alberi di dollari cibano gli unicorni, un nuovo tipo di bestia che ha il proprio habitat ideale in questa striscia di terra. Adesso si contano più di 80 esemplari. Gli unicorni sono le startup con una capitalizzazione superiore al miliardo di dollari. Molto di questi unicorni hanno ricavi pressoché inesistenti e quindi, apparentemente, non si capisce come possano ottenere tutto questo denaro dagli investitori.

Alla base di questo fenomeno, che è esploso negli ultimi anni, c’è il denaro facile lanciato dagli elicotteri della Federal Reserve nei giardini delle istituzioni finanziarie, un fenomeno noto come quantitative easing (QE) che, per una ragione o l’altra, continua a protrarsi negli USA e in Europa. A differenza della FED, però, gli investitori non lanciano i soldi dagli elicotteri, ma sono molto accorti nel non disperdere capitale. Pertanto hanno inventato dei meccanismi di protezione che possono diventare delle vere proprie trappole per gli unicorni, se il loro business non va come dovrebbe andare.

La fame di capitali delle startup innovative

Sappiamo benissimo che le startup hanno bisogno di capitali e che questi capitali possono essere solo di rischio. Una startup innovativa è una macchina mangiasoldi: prima di tre anni difficilmente si vede qualcosa di spendibile sul mercato. Sappiamo anche che i ragazzi usciti dall’università, il principale bacino di talenti delle startup, hanno la testa pullulante di idee, ma il loro conto in banca è spesso in rosso, specialmente negli Stati Uniti. Perché queste idee possano trovare la loro esecuzione hanno bisogno dei capitali di persone e istituzioni pronte a rischiare pesantemente.

Succede allora che gli investitori – denominati in molti modi, pregiativi (angeli) e spregiativi (avvoltoi) – guardano a queste startup come delle rischiose scommesse e pertanto si sono inventati molteplici meccanismi di protezione del capitale investito. Si tratta di meccanismi piuttosto verificati e che funzionano bene a loro favore, anche se non eliminano del tutto il rischio.

Oltre il 90% delle startup non riesce a portare avanti il progetto e quindi il fallimento è un’opzione talmente probabile che è diventata parte integrante della cultura imprenditoriale della valle dove il “fail fast, fail often” è sul biglietto da visita di ogni imprenditore di successo. “Fallire forma il carattere” era uno delle narrazioni preferite di Steve Jobs che parlava della sua estromissione da Apple in questo termini: “la miglior cosa che mi sia capitata”.

La liquidazione privilegiata

Poi c’è la liquidazione privilegiata, una clausola contrattuale garantoria che agisce nel caso che il business non funzioni come previsto e debba essere liquidato. Non si tratta di una condizione onerosa e molesta come la fideiussione del nostro sistema bancario, che va a incidere sul patrimonio familiare e personale dell’imprenditore, ma è certamente qualcosa che penalizza i fondatori e li può anche rovinare, anche se non va ad agire direttamente sul loro patrimonio personale.

Nel malaugurato caso di cessione della startup o di uno dei suoi asset, la liquidazione privilegiata funziona in modo molto semplice: i proventi della vendita, probabilmente molto al di sotto della valutazione della startup al momento dell’acquisto della partecipazione ma sufficienti a coprire il capitale di VC, saranno trasferiti subito agli investitori di VC fino a coprire il valore del loro investimento. Chi porterà il peso maggiore di questa situazione saranno proprio i fondatori che andranno a dividersi il capitale residuo, se esiste ancora e in genere non esiste dopo aver ripagato il VC. Nella citata serie televisiva HBO Silicon Valley al termine della seconda stagione, la “liquidazione privilegiata” si attua a danno del nerd fondatore di Pied Piper, Richard Hendricks, che viene escluso dalla startup che ha fondato.

Steven Davidoff Solomon, professore di legge alla University della California Berkeley, ha spiegato molto bene la liquidazione privilegiata e le sue conseguenze in un articolo sul “New York Times” che offriamo al lettore di ebookextra nella traduzione di John Akwood.

L’investimento di VC non è un dono

Dentro gli unicorni della Silicon  Valley si nasconde una bomba a orologeria. È qualcosa di connaturato al VC che pompa denaro nelle startup innovative e che in seguito può portare quelle stesse startup all’autodistruzione. Con tutto il trambusto e il dibattito sulla valutazione astronomica delle startup, è bene non dimenticare che il meccanismo che accende queste ipervalutazioni può anche essere spento.

La “bomba”, per così dire, è conosciuta come liquidazione privilegiata. In ogni nuovo round di finanziamento, l’investimento di una società di VC non è un dono. Il VC e la startup vanno ad accordarsi su alcune condizioni di protezione dell’investimento.

Nella trattativa si discute dei diritti di voto, dei posti nel consiglio di amministrazione della startup e della garanzie affinché un successivo apporto di capitali di terzi non diluisca la partecipazione azionaria della società di VC.

La liquidazione preferenziale è la più importante di queste forme di protezione dell’investimento. Si tratta di una clausola che prevede il rimborso prioritario dell’investimento della società di VC che deve avere la precedenza su quello dei fondatori e dei dipendenti. Se la società di VC intravede una particolare leva negoziale, può trattare un’ancora più vantaggiosa clasuola conosciuta come liquidazione privilegiata senior. Questa clausola prevede che la società di VC sarà pagata non solo prima degli azionisti ordinari, ma anche prima di qualsiasi altro investitore con azioni privilegiate acquisite nei round precedenti

Tali disposizioni si applicano in caso di vendita ma non nel caso di OPA (offerta pubblica iniziale di azioni). L’idea è quella di garantire all’investitore il ritorno del capitale iniziale anche se il business va male. Secondo una recente inchiesta dello studio legale Fenwick & West condotta su 37 unicorni – aziende private con una valutazione superiore a un miliardo di dollari – tutti hanno una clausola di liquidazione privilegiata.

La necessità dell’ipervalutazione

Riflettiamoci un attimo. Nei mercati azionari pubblici non c’è nessuna garanzia sul ritorno del capitale investito. Ma nella Silicon Valley si può ottenere una garanzia che assicuri dei ricavi in caso di vendita, senz’altro superiori a quelli che gli investitori potrebbero ottenere in altri ambiti. È un buon affare e spiega ampiamente perché le società di VC si trovano a proprio agio con le ipervalutazioni.

Una garanzia come la liquidazione privilegiata tende a spingere ancor più in alto queste valutazioni. Per esempio, una società di VC come Andreessen Horowitz può investire più di 100 milioni di dollari in una startup valutata un miliardo di  dollari, sapendo che per perdere dei soldi il valore della startup deve scendere sotto i 100 milioni.

Nella vita reale, però, le cose sono più compliate. In ogni startup probabilmente c’è più di un investitore di VC. Poniamo che tutti insieme abbiamo investito 300 milioni per portare la valutazione a un miliardo di dollari. Nonostante questo affollamento di VC, la valutazione della startup dovrebbe andare giù parecchio perché Andreessen Horowitz possa perdere soldi.

Ecco perché questa “assicurazione” è un incentivo a inflazionare le valutazioni. Ipotizziamo che ci sia un fortunato fondatore di una startup che valuta 800 milioni di dollari la sua impresa. Grazie alla clausola della liquidazione privilegiata può chiedere al VC una valutazione di un miliardo di dollari con l’argomento che la liquidazione privilegiata lo proteggerà da un eventuale ribasso. La società di VC accetta e il giovane imprenditore può strombettare al mondo che la sua startup è un nuovo membro del club degli unicorni, con tutta la pubblicità che ne consegue.

Questo caso, che si presenta frequentemente nella valle, può spiegare il motivo principale perché la Silicon Valley appaia come un mondo a parte, un mercato scollegato dagli altri mercati. Al momento è questo il gioco più in voga nella valle. CB Insights ha stilato un elenco di tutti gli unicorni. Bene, la valutazione mediana di tutti gli unicorni, dopo l’ultimo round d’investimento, è di 1,1 miliardi di dollari. L’indagine della Fenwick & West ha rilevato numeri simili. Coincidenza?

Gli unocadaveri

Questa protezione, comunque, una volta in atto non aiuta a rialzare la capitalizzazione. Piuttosto, la liquidazione privilegiata può ritorcersi contro i fondatori se la valutazione del business scende.

Valutazioni sempre più alte creano sempre maggiori aspettative e il fatto di deluderle può innescare una spirale al ribasso fino a una vendita forzata. In questo caso, il VC viene pagato per  primo, lasciando parecchi “unocadaveri” nella propria scia, compresi fondatori che restano a mani vuote.

L’ultima stagione della serie comica HBO Silicon Valley si è conclusa proprio in questo modo: il fondatore di una start-up sull’orlo del fallimento non ha ricevuto niente dalla vendita come conseguenza della liquidazione privilegiata che lo ha lasciato in lacrime al pensiero che “avrebbe dovuto prendere meno soldi”.

In effetti le liquidazioni privilegiate possono realmente danneggiare gli imprenditori che si sono dimostrati pronti ad accettarle in cambio di un investimento basato su una valutazione gonfiata.

Honesty Company, una startup fondata dall’attrice Jessica Alba che vende casalinghi e prodotti per l’infanzia non tossici, ha una doppia liquidazione privilegiata su un investimento di 50 milioni. Questo significa che in caso di una vendita, Jessica Alba dovrà pagare 100 milioni prima di vedere un cent.

L’ipervalutazione protegge anche i fondatori

I difensori sostengono che con valutazioni così alte –  Honest Company è stata valutata 1,7 milardi di dollari nell’ultimo round di investimento – c’è spazio sufficiente per un cospicuo ribasso prima che i fondatori siano danneggiati. L’indagine di Fenwick mostra che i 10 più grandi unicorni sono valutati complessivamente 122 miliardi di dollari a fronte di un VC di 12 miliardi, volendo significare che c’è un sacco di spazio per il ribasso.

Si vedrà come andrà a finire. In ogni caso ci saranno dei fondatori che si pentiranno di non aver soppesato con più attenzione le condizioni dell’investimento.

In un recente documento il professor Robert Bartlett, un mio collega della facoltà di legge alla Università della California Berkeley, ha fatto i conti. Una clausola di liquidazione privilegiata, simile a quella di Honest Company, può gonfiare il ritorno dell’investitore fino a 10 volte. Tutto a spese del fondatore.

Non c’è neppure da aspettarsi che un’OPA possa salvare gli unicorni e i loro fondatori. Alcuni unicorni, come Honest Company, hanno patteggiato con il VC un prezzo minimo di quotazione in caso di OPA che è totalmente irrealistico nel breve termine. Secondo Fenwick & West, il 19% degli unicorni ha questa clausola del prezzo minimo di quotazione.

Le contromisure dei fondatori

La liquidazione privilegiata può non fornire al VC tutta la protezione che pensa di avere. Un buon numero di fondatori di startup hanno seguito le orme di Mark Zuckerberg per mantenere il controllo delle loro società. Secondo Fenwick, il 22% delle startup campionate hanno un sistema con azioni con diritto di voto e azioni senza diritto di voto (dual-class stock) che, com’è noto, assicura il controllo di una società alla partecipazione minoritaria del fondatore o dei fondatori.

Con il sistema della dual-class stock attivo, i fondatori, se se si verifica una situazione in cui non sono pagati a causa della clausola della liquidazione privilegiata, possono non approvare la vendita e scatenare una guerra che potrà essere risolta solo in tribunale.

Dato che le valutazioni delle startup sono come le montagne russe, occorre ricordare che una valutazione di un miliardo di dollari non è sempre una buona notizia. Si può invece pensare che l’appena nato unicorno abbia stretto un patto faustiano.

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