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Scaroni: per Eni altri 4 anni di gloria. Per il 2011 dividendo in crescita del 4%

L’amministratore delegato del gruppo petrolifero italiano prevede investimenti per 59,6 miliardi di euro nei quattro anni a venire, il 12% in più rispetto al piano precedente – Il dividendo per il bilancio 2011 pari a 1,04 euro per azione, in crescita del 4% rispetto all’anno precedente – Le prospettive (e le polemiche) per lo scorporo di Snam

Scaroni: per Eni altri 4 anni di gloria. Per il 2011 dividendo in crescita del 4%

   “Nel corso dei prossimi quattro anni, con il progressivo riequilibrio dei mercati finanziari e il rafforzamento del ciclo economico, prevediamo che Eni, grazie al suo eccellente posizionamento strategico, continuerà a generare risultati al top dell’industria e a creare valore sostenibile per gli azionisti”. Parola di Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni, che lo ha spiegato nella lettera agli azionisti. Scaroni ha specificato che per il quadriennio a venire il gruppo ha pianificato un piano di investimento da 59,6 miliardi di euro: come dire il 12% in più rispetto al piano precedente.

   Oggi pomeriggio si è tenuta l’assemblea dei soci, dove è stata annunciato il versamento di un dividendo per il bilancio 2011 in crescita del 4% rispetto al 2010. Oltre al noto fondo attivista Knight Vinke, che da tempo si è fatto conoscere come convinto sostenitore dello scorporo di Snam, all’assemblea si è presentata anche un’altra categoria di attivisti. Davanti alla sede del Cane a sei zampe hanno manifestato i sostenitori di Amnesty International per la campagna globale di Amnesty per i diritti umani nel Delta del Niger, area africana in cui operano da anni diversi gruppi petroliferi, tra cui Eni ma anche Shell e Total.

I manifestanti di Amnesty hanno voluto portare all’attenzione degli azionisti le conseguenze delle fuoriuscite di greggio e del gas flaring sull’ambiente nigeriano: “”Il Delta del Niger deve essere bonificato, perché un ambiente sano è un diritto umano”, si legge nel documento presentato dall’Associazione. E così Amnesty chiede al Governo della Nigeria di “modificare le leggi per assicurare una regolamentazione forte e indipendente dell’industria petrolifera” nazionale e alle aziende petrolifere di “bonificare tutte le zone inquinate, sottoporre a controlli l’impatto delle loro attività e avviare un’efficace consultazione con le comunità coinvolte”.

Nel mirino di Eric Knight, rappresentante del fondo Knight Vinke, azionista con l’1% circa di Eni, ci finisce invece tutta l’Italia che per l’attivista si sta giocando la fiducia della comunità finanziaria. “La prevista separazione di Snam da Eni ha assunto un forte valore simbolico che va oltre il valore economico”, ha detto Knight. In sintesi: la modalità con cui sarà realizzata sarà considerata dalla comunità finanziaria come un barometro economico sullo stato della concorrenza in Italia. Più dell’articolo 18 o della riforma delle pensioni. Per Knight qualsiasi ritardo o esitazione nel progetto provocherebbe serie conseguenze e rischierebbe di far sparire una considerevole parte di quella fiducia faticosamente guadagnata all’estero del Governo, mentre un’accelerazione provocherebbe un immediato effetto benefico”.

Sull’operazione di uscita da Snam l’ad di Eni Paolo Scaroni ha affermato che ci sono tre priorità da tenere presenti: 1) l’operazione deve avvenire nell’interesse degli azionisti Eni, che devono uscire tutelati da questa dismissione di un pezzo della nostra storia; 2) l’operazione deve tutelare gli azionisti di Snam; 3) Eni deve uscire più forte e non più debole di prima. Già perché, come sottolinea Scaroni, il gruppo sta per affrontare “il piano di investimenti più importante e più grande della sua storia, che si possa sulle fenomenali scoperte della divisione E&P degli ultimi anni. “Vogliamo affrontare questa fase con bilanci forti e la possibilità di poter scegliere non costretti da esigenze finanziarie”, ha detto Scaroni. Intanto con l’uscita da Snam il debito di Eni dovrebbe calare da 26 miliardi a 8 miliardi. Su Galp l’ad conferma l’intenzione di cedere tutte le azioni ma precisa che la vendita avverrà quando “i prezzi saranno coerenti con la nostra valutazione”.

Sul fronte dell’operatività va sottolineato che il gruppo prevede di superare l’obiettivo storico di 2 milioni di barili al giorno già nel 2015. Nella raffinazione le cose invece vanno male. Non solo in Italia ma in tutta Europa perché, spiega Scaroni, ‘i consumi non fanno che scendere e la capacità è largamente eccedente la domanda”. L’attività richiede così “piano di ristrutturazione ed efficientamento che coinvolge la riduzione dei consumi energetici, dobbiamo ottimizzare i cicli di lavorazione, aumentare l’affidabilità degli impianti e far fronte a questa caduta fermando le raffinerie che sono in eccesso”. Stop quindi dell’ attività a Gela questa settimana che rimarrà ferma per molti mesi.

Intanto Scaroni, che ha declinato con un “No grazie” l’invito di un azionista di prendere in considerazione l’acquisto di Saras, porta a casa un punto a suo favore nel delicato dibattito sulle remunerazioni in corso in questi mesi. l presidente del Compensation Committee di Eni, Mario Resca, ha detto che il livello di compensi dell’a.d. Paolo Scaroni (dato 2010) è “inferiore del 33% a quello della media delle altre major petrolifere e dell’8% rispetto alla media delle 20 società a maggiore capitalizzazione in Europa”.

L’assemblea degli azioni a infine approvato il bilancio 2011 e dividendo per azione di 1,04 euro , in crescita del 4% rispetto al 2010. Dopo l’acconto di 0,52 euro per azione, il pagamento del saldo è previsto a partire dal 24 maggio 2012, con stacco cedola il 21 maggio. Presenti in assise il 55,98% del capitale sociale. Fra i soci con partecipazioni rilevanti, Cdp ha una quota pari al 26,37%(1,1 miliardi di cedola), il Tesoro è al 3,93% (163 milioni di cedola), Bnp Paribas al 2,29% e Blackrock con il 2,68%.

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