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Sanità e addizionali, Regioni in rivolta

Chiamparino si dimette da presidente della Conferenza Stato-Regioni e critica: solo un miliardo per il Fondo sanitario nazionale invece che 3 – Tesoro: lo stop all’aumento delle tasse locali non vale “per situazioni straordinarie legate all’addizionale regionale per le Regioni in eventuali disavanzi sanitari”.

Sanità e addizionali, Regioni in rivolta

Il blocco all’aumento delle tasse locali varrà per tutti “fatta eccezione per situazioni straordinarie legate all’addizionale regionale per le Regioni in eventuali disavanzi sanitari”. Lo ha detto il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti, a “La telefonata di Belpietro”.

Nelle Regioni in disavanzo sanitario “la legge prevede un aumento automatico di addizionali Irpef e Irap, ma i presidenti e le giunte possono anche scegliere di agire sui ticket – ha spiegato il coordinatore degli assessori al Bilancio, Massimo Garavaglia -. La possibilità di agire anche sulla leva dei ticket è una scelta che fa capo ai presidenti e le giunte delle Regioni, mentre l’aumento delle addizionali Irpef e Irap, in questo caso, è un automatismo”. Ad ogni modo, ha aggiunto Garavaglia, anche presidente del Comitato di settore comparto Sanità della Conferenza delle Regioni, “va sottolineato che il disavanzo in Sanità non sempre è frutto di malgoverno, ma anche di un’eccessiva riduzione del Fondo sanitario”.

L’aumento del Fondo sanitario rispetto allo scorso anno è pari a 1 miliardo (ma erano 3 in più quelli previsti dall’accordo di luglio in Conferenza Stato Regioni), “e tuttavia l’aumento è tale se non include i Lea (Livelli essenziali di assistenza), che costano 800 milioni; il Fondo può diventare invece incapiente se i contratti dei medici (pari a 400 milioni) e i farmaci innovativi e per combattere l’epatite C (complessivamente 1 miliardo le due voci) sono a carico del Servizio Sanitario nazionale”, ha chiarito il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, in conferenza stampa. “Una risposta da parte del governo non è irrilevante per capire se questo miliardo in più messo in Legge Stabilità nel Fondo sanitario è sufficiente o no”, ha aggiunto.

Chiamparino ha presentato le dimissioni da presidente della Conferenza delle regioni ma le ha congelate fino all’approvazione della Legge di stabilità, provando a fare pressing sul governo affinché vari al più presto l’annunciato decreto salva-bilanci. Si tratta di una misura indispensabile per non far dichiarare bancarotta al Piemonte ma anche ad altre regioni, Lazio e Campania in testa, esposte per oltre 20 miliardi dopo la sentenza della Consulta del luglio scorso che ha sancito il divieto di utilizzare le risorse dei vari decreti salva-debiti per migliorare i bilanci o pagare le spese correnti anziché liquidare i fornitori. Una partita che vale oltre 23 miliardi, dei quali 8,7 per la sola regione Lazio e 3 per il Piemonte, come certificato in settimana dalla Corte dei Conti, che ha lanciato l’allarme sul deficit regionale di 5,8 miliardi.  

“Una regione in queste condizioni non può stare in testa alle altre e per questo ho presentato le mie dimissioni, ma il problema – chiarisce Chiamparino a La Stampa – rischia di diventare esplosivo anche per le altre amministrazioni. Non chiediamo più soldi o di sanare il debito ma un decreto che costituisca un fondo patrimoniale ad hoc dove far affluire le anticipazioni assegnate dall’Economia”. Postate fuori bilancio quelle anticipazioni possono essere restituite in rate trentennali, mentre inscritte come passivo vanno sanate in soli sette anni. Per il Piemonte arriverebbe quindi una rata insostenibile da 800 milioni l’anno.

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