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Salta il vertice con Monti, Berlusconi non va da Vespa

Alfano non vuole discutere di Rai e giustizia e fa saltare l’incontro con Monti Casini e Bersani – L’ex premier all’ultimo momento diserta il salotto di Porta a porta per non alimentare le polemiche sul ruolo del segretario del Pdl – Lega nell’occhio del ciclone per “Padania ladrona”.

Salta il vertice con Monti, Berlusconi non va da Vespa

Ma che accade nel Pdl? Poco dopo che Silvio Berlusconi aveva annullato la sua partecipazione alla trasmissione “Porta a porta” di questa sera, è toccato al segretario Angelino Alfano annunciare che non sarebbe andato al vertice pomeridiano convocato dal presidente del Consiglio Monti, e al quale avrebbero partecipato anche Bersani per il Pd e Casini per il Terzo Polo.

“Mi è stato confermato sostegno al governo – ha detto il premier Mario Monti -. La collaborazione con le forze politiche che lo sostengono in Parlamento è vitale per il governo e fondamentale per il Paese. Non ho alcun segno che questa collaborazione si sia incrinata o si stia incrinandosi: anzi mi è stato confermato il contrario e cioè il convinto e continuo sostegno delle forze politiche”.

Alfano, ribadendo che domani il suo partito voterà la fiducia al Governo, ha spiegato le ragioni della decisione di oggi con il fatto che il suo partito non ha alcuna intenzione di parlare di Rai e di giustizia. Laddove per Rai si intendono la governance dell’azienda, ma anche la questione dell’assegnazione delle frequenze (c’è stato anche un incontro di Monti con Fedele Confalonieri), e per giustizia si intendono soprattutto le misure anticorruzione, particolarmente attuali dopo gli scandali che si succedono alla Regione Lombardia e che vedono coinvolti esponenti del Pdl, del Pd (Penati) e ultimamente anche della Lega.

Tutto lascia intendere che la decisione di far saltare il vertice con Monti sia venuta dopo che i giornali di questa mattina avevano dato notizia di un incontro tra Bersani e Casini, nel quale si sarebbe tra l’altro parlato sia delle misure anticorruzione sia della governance Rai. Cose queste che per lo stato maggiore del Pdl non sono di competenza del governo tecnico, che si deve occupare di lavoro e spread, lasciando il resto al libero confronto dei partiti in Parlamento. Naturalmente la presa di posizione di Alfano ha lasciato di stucco Casini e Bersani, e quest’ultimo l’ha definita “incredibile”.

Intanto che la situazione nel Pdl, e più in generale nella ex maggioranza che sosteneva il governo Berlusconi, sia oltre ogni livello di guardia lo confermano altri due fatti: la mancata partecipazione di Berlusconi alla trasmissione di Bruno Vespa, e quanto continua ad accadere alla regione Lombardia dopo che il vicepresidente del consiglio regionale, il leghista Boni è stato indagato per un tangente da un milione di euro. Berlusconi ha spiegato che ha dovuto annullare l’impegno con Vespa, dopo che nel partito, gli era stato fatto notare che quella partecipazione avrebbe ulteriormente indebolito il ruolo del segretario Alfano, del quale proprio l’ex premier aveva detto: “Gli manca un quid”. Sollevando naturalmente un gran numero di polemiche prima della prevedibile smentita. Insomma, questa volta sarebbe stato il Pdl a portare il suo fondatore a fare un passo indietro.

Quanto alla Lega la situazione è altrettanto confusa. Il nuovo scandalo la coinvolge proprio in quella regione Lombardia, per la quale Bossi aveva più volte minacciato l’uscita della Lega dalla giunta, “visto che ne arrestano uno al giorno”. Questa volta l’atteggiamento del leader del Carroccio è diverso. Boni sarebbe infatti secondo il leader leghista vittima del fatto che oggi la Lega è l’unica che si oppone al governo. Né va trascurato che all’interno della Lega Boni, in origine molto vicino al ministro Calderoli era dato in avvicinamento verso “i barbari sognanti”, la corrente di Roberto Maroni. Resta poi l’interrogativo se il vero scandalo riguardi la Lega o non soprattutto la guida della regione nel suo complesso, e il suo presidente. Visto che Formigoni è stato più volte coinvolto in episodi sconcertanti: dalle firme ormai manifestamente false presentate sotto il listino elettorale a suo sostegno, alle recenti intercettazioni sui favori che sarebbero stati concessi a Don Verzè. Naturalmente le indagini non sono necessariamente sentenze. Ma il problema politico c’è tutto.

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