Condividi

Russia-Ucraina, piano di Johnson in 6 punti per il cessate il fuoco: No a una nuova Yalta sulla testa di Kiev

Il Primo ministro del Regno Unito, Boris Jonhson, ha illustrato sul New York Times un piano per arrivare subito al cessate il fuoco tra Russia e Ucraina ma anche per evitare una nuova Yalta: lo pubblichiamo in versione italiana

Russia-Ucraina, piano di Johnson in 6 punti per il cessate il fuoco: No a una nuova Yalta sulla testa di Kiev

In Italia di Boris Johnson conosciamo soprattutto gli aspetti coloriti della sua esuberante e controversa personalità: il suo aspetto piuttosto trasandato e il comportamento, diciamo, stravagante per un capo di governo. Sappiamo anche che è un etoniamo e ha fatto studi classici a Oxford. Conosce abbastanza bene greco antico e latino e anche un po’ di italiano che usa per le battute. Probabilmente lo conosce meglio, ma non lo vuol dare a vedere.

Sarà anche un amante della Grecia classica, come il governo greco non si stanca di ricordare, ma sulla questione dei marmi di Lord Elgin si è lavato le mani come primo ministro, dopo aver vociferato che dovevano essere riportati ad Atene. Con il francese se la cava molto bene. Lo ha appreso alla European School di Bruxelles dal 1973 al 1975 durante il lavoro del padre Stanley, economista, alla Commissione europea.

Churchill redux

Boris ha anche scritto un libro su Winston Churchill che è 80millesimo nella classifica del Kindle Store. Spesso utilizza, celatamente, frasi di Churchill nei suoi discorsi ammiccanti allo stile dello statista, ma non alla postura. Sappiamo che è stato sindaco di Londra per due mandati (dal 2008 al 2016), costruendo un sacco di piste ciclabili che lui stesso percorreva con una robusta bici nera denominata la Boris Bike.
Prima di mettersi in politica è stato un giornalista di rango dalla penna corrosiva specialmente verso Bruxelles, dove è stato inviato per svariati anni e dove ha trattato con celia l’esperienza dell’Unione europea della quale dileggiava, da par suo, certe iniziative come stabilire la corretta inclinazione delle banane o il modo di pretendere dalle donne la restituzione dei sextoys, ma senza capire mai il vero valore dell’Unione europea. Non a caso Boris è poi diventato, dopo il ritiro di Farage, il faccione scapigliato della Brexit, un evento che deve essere ancora completamente compreso.

Un forte cultura politica

Quello che forse sappiamo di meno è che Boris Johnson ha una robusta cultura politica, annacquata purtroppo da frequenti e discutibili comportamenti alle volte pasticciati e altre effettivamente urticanti che forse egli si autoperdona come espressione istintiva del suo witticism. Johnson ha un nome di battesimo slavo come Boris Yeltsin (predecessore di Putin), Boris Godunov (lo zar del periodo dei torbidi), Boris Karloff (il volto di Frankenstein), Boris Pasternak (lo scrittore censurato e premio Nobel) e Boris Spassky (10 volte campione del mondo di scacchi), solo per citarne alcuni dei molti Boris d’oltre cortina.

Sull’Ucraina, però, il Boris nato a New York ha contribuito tantissimo, insieme alla determinata ministra degli Esteri Liz Truss, a definire una posizione chiara e cristallina che, in staffetta con l’amministrazione Biden, ha compattato il fronte occidentale. È successo anche che, andando ben oltre il mantra della Brexit, Boris Johnson ha riportato il Regno Unito in Europa politicamente e strategicamente senza, però, rinunciare del tutto a quello spirito di nazione mondale che è ancora l’aspirazione, giusta o sbagliata, del Regno Unito.

Ecco perchè è interessante leggere, in versione italiana, alcune riflessioni di Boris Johnson sulla guerra tra Russia e Ucraina che il New York Times ha ospitato nel rubrica “op-ed”.

L’unità dell’Occidente

Nell’ultima settimana, in risposta alle scene strazianti provenienti dall’Ucraina, l’unità dell’Occidente è stata impressionante e incoraggiante. So dalle mie conversazioni quasi quotidiane con il presidente Volodymyr Zelensky che questo ha portato agli ucraini un po’ di conforto nel momento del bisogno estremo.

Mai nella mia vita ho visto una crisi internazionale dove la linea di demarcazione tra bene e male sia stata così netta, nel momento in cui la macchina da guerra russa ha scatenato la sua furia su una orgogliosa democrazia. L’attacco sconsiderato della Russia alla centrale nucleare di Zaporizhzhia ci mostra quanto la posta in gioco sia enorme per tutti. Più di due milioni di persone sono fuggite dalla violenza, verso un futuro incerto.

Il presidente Biden ha manifestato una grande leadership, consultando e mobilitando gli alleati, mostrando che l’impegno dell’America verso l’Europa non è in alcun modo venuto meno. L’Unione Europea ha sviluppato un notevole sforzo per allinearsi alle sanzioni severe comminate alla Russia. Decine di paesi europei stanno inviando equipaggiamento difensivo alle forze armate dell’Ucraina.
Ma abbiamo fatto abbastanza per l’Ucraina? La risposta onesta è no.

L’impossibilità di prevenire un atto programmato

L’atto di aggressione di Vladimir Putin deve fallire e deve essere visto fallire. Non dobbiamo permettere a nessuno della cricca del Cremlino di cavarsela travisando le nostre intenzioni per trovare una giustificazione ex post facto per questa guerra deliberatamente pianificata. Questo non è un conflitto NATO, e non lo diventerà mai. Nessun alleato ha inviato truppe da combattimento in Ucraina. Non abbiamo alcuna ostilità verso il popolo russo, e non abbiamo alcun desiderio di mettere in discussione una grande nazione e una potenza mondiale. Ci disperiamo per la decisione di inviare giovani russi innocenti in una guerra del tutto inutile.

La verità è che l’Ucraina non aveva alcuna seria prospettiva di entrare nella NATO nell’immediato futuro. Eravamo pronti a rispondere alle preoccupazioni di sicurezza della Russia attraverso il negoziato. Io e molti altri leader occidentali abbiamo parlato con Putin per capire le sue intenzioni. Il Regno Unito ha inviato emissari a Mosca prima dell’invasione dell’Ucraina per trattare direttamente con il Ministro della Difesa, Gen. Sergei Shoigu e il capo dello stato maggiore, Gen. Valery Gerasimov, che adesso stanno capeggiando questa terribile campagna.

Ora è chiaro che la diplomazia non ha mai avuto alcuna possibilità. Ma è proprio a causa del nostro rispetto per la Russia che troviamo le azioni del regime di Putin così inconcepibili. Putin sta tentando di distruggere il fondamento stesso delle relazioni internazionali e della Carta delle Nazioni Unite, cioè il diritto delle nazioni di decidere il proprio futuro, libere dall’aggressione e dalla paura dell’invasione. Il suo assalto all’Ucraina è iniziato con un pretesto inventato e una flagrante violazione del diritto internazionale. Sta sprofondando adesso in una sordida campagna di crimini di guerra e di violenze impensabili contro i civili.

La sfida alle democrazie

Anche se non ci può essere alcun paragone con con quanto sta avvenendo in Ucraina, noi nel Regno Unito sappiamo qualcosa di quanto possa essere spietato il signor Putin. Quattro anni fa, abbiamo assistito all’uso di armi chimiche da parte di agenti russi contro la gente a Salisbury, in Inghilterra – e i nostri alleati si sono raccolti al nostro fianco. Nella nostra riconsiderazione della strategia di difesa e di politica estera, resa nota un anno fa, abbiamo individuato nella Russia la più grave minaccia alla sicurezza e abbiamo approvato il più consistente aumento della nostra spesa per la difesa dalla fine della guerra fredda.

Il mondo sta entrando in una fase nella quale gli stati autoritari vogliono mettere alla prova il coraggio dell’Occidente in ogni campo. L’accordo dell’anno scorso tra il Regno Unito, l’America e l’Australia volto a fornire sottomarini nucleari alla marina australiana ha dimostrato la nostra comune determinazione ad affrontare le sfide che abbiamo di fronte nell’Indo-Pacifico.

Non abbiamo tratto gli insegnamenti dovuti dal comportamento della Russia. Per troppo tempo abbiamo porto l’altra guancia. Nessuno può dire che non eravamo stati avvertiti: abbiamo visto quello che la Russia ha fatto in Georgia nel 2008, in Ucraina nel 2014 e anche nelle strade di Salisbury, qui da noi. Parlando con le mie omologhi nelle recenti visite in Polonia ed Estonia, ho toccato con mano quanto questi paesi vivano in modo preoccupante la minaccia della Russia putiniana.

Oltre i luoghi comuni sull’ordine internazionale

Non è più sufficiente esprimere calorosi appelli, diventati ormai luoghi comuni, sull’ordine internazionale basato su regole condivise. Dovremo piuttosto difenderlo attivamente contro il tentativo di riscriverle con la forza e altri strumenti coattivi, come la coercizione economica. Dobbiamo ripristinare un’efficace deterrenza in Europa, dove, per troppo tempo, il successo stesso della NATO e la garanzia di sicurezza dell’America ha generato compiacenza. Ciò che accade in Europa avrà profonde implicazioni in tutto il mondo.

Siamo lieti di vedere che sempre più nazioni comincino a comprendere questa dura realtà. A gennaio, il Regno Unito era tra il ristretto gruppo di paesi europei che inviavano aiuti difensivi all’Ucraina. Ora più di 20 paesi partecipano a questo sforzo. La spesa per la difesa sta salendo, anche se ci vorrà del tempo prima che si traduca in capacità effettiva.

Questo è uno sviluppo importante, ma non sarà sufficiente da solo a salvare l’Ucraina o a mantenere viva la fiamma della libertà. La Russia ha una forza schiacciante e apparentemente nessun riguardo per le leggi dello stato di guerra. Dobbiamo prepararci a giorni ancora più bui.

Quindi dobbiamo realizzare un piano in sei punti per l’Ucraina, a partire da oggi.

Piano in sei punti:

  • Mobilitare una coalizione umanitaria internazionale. Lunedì, ho incontrato i leader del Canada e dei Paesi Bassi a Londra per parlare della creazione di una coalizione più ampia possibile per denunciare gli oltraggi che stanno avvenendo in Ucraina. Martedì, ho ospitato i leader di Polonia, Slovacchia, Ungheria e Repubblica Ceca, ora in prima linea nella crisi dei rifugiati. Il Regno Unito ha 1000 truppe per operazioni umanitarie, oltre ad aver stanziato 220 milioni di sterline (260 milioni di euro) di aiuti. Dobbiamo lavorare tutti insieme per stabilire un immediato cessate il fuoco e permettere ai civili un passaggio sicuro, cibo e forniture mediche.
  • Fare di più per aiutare l’Ucraina a difendersi. Sempre più nazioni sono disposte a fornire attrezzature difensive. Dobbiamo agire rapidamente per coordinare i nostri sforzi per sostenere il governo dell’Ucraina.
  • Massimizzare la pressione economica sul regime di Putin. Dobbiamo andare più a fondo sulle sanzioni economiche, espellendo ogni banca russa da SWIFT e dando alle nostre forze dell’ordine poteri senza precedenti per ripulire il denaro sporco russo che gira a Londra. Dobbiamo perseguire gli oligarchi. Finora, il Regno Unito ha imposto sanzioni a più di 300 personaggi d’élite ed entità, compreso lo stesso Putin. Ma queste misure saranno insufficienti a meno che l’Europa non cominci a disintossicarsi dal petrolio e dal gas russo che finanziano la macchina da guerra di Putin.
  • Impedire qualsiasi normalizzazione strisciante di ciò che la Russia fa in Ucraina. Non importa quanto tempo ci vorrà, ma dobbiamo farlo. La lezione dell’invasione russa della Georgia nel 2008 e la presa della Crimea nel 2014 è che accettare i risultati dell’aggressione russa incoraggia semplicemente nuovi piani espansivi. Non possiamo permettere al Cremlino di staccare a morsi pezzi di un paese indipendente e infliggere immense sofferenze umane, per poi tornare comodamente nell’ovile.
  • Essere aperti alla diplomazia e alla de-escalation. A una condizione: che il governo dell’Ucraina abbia pieno potestà in ogni potenziale accordo. Non ci può essere una nuova Yalta decisa, sopra le teste del popolo ucraino, da poteri esterni.
  • Agire ora per rafforzare la sicurezza euro-atlantica. Questo include non solo il rafforzamento del fianco orientale della NATO, ma anche il sostegno ai paesi europei non appartenenti alla NATO che sono potenzialmente a rischio di aggressione russa, come la Moldavia, la Georgia e le nazioni dei Balcani occidentali. E quelli che partecipano o permettono l’aggressione russa, come la Bielorussia, saranno soggetti a sanzioni massime.

Gli ucraini hanno coraggiosamente difeso il loro paese. È il loro valore che ha unito la comunità internazionale. Non possiamo deluderli.

Tratto da: Boris Johnson, 6 Steps the West Must Take to Help Ukraine Right Now, in “The New York Times”, 6 marzo 2022

Commenta